Francesco Amato: scrittore di visioni oniriche

La realtà trasfigurata, quasi di un’altra dimensione, l’abbiamo incontrata leggendo il romanzo di Francesco Amato, Il borgo d’oltremare. Questa volta abbiamo voluto parlare con l’autore stesso, che ci spiega come prendere spunto dai propri sentimenti, dai sogni e da quelle esperienze che non sempre a portata di mano si manifestano. Amore, coraggio, dolore, morte e rinascita sono solo alcune delle emozioni che scaturiscono dai suoi racconti.

Qual è lo spunto da cui è stato tratto il suo romanzo?
Da un sogno speciale, una di quelle visioni oniriche che, inaspettatamente, vengono a farmi visita nel dormiveglia. Un’esperienza diversa dal sogno ordinario, in cui mi ritrovo a varcare una soglia sconosciuta dove della mia realtà non c’è quasi più traccia e, se ancora c’è, appare trasfigurata. Proprio in questa dimensione mi è capitato di incontrare un vecchio amico che si è proposto di farmi da guida in un luogo straniero, il luogo che poi, nel romanzo, avrei chiamato Oltremare.

Il filo sottile che ci lega alla vita talvolta può spezzarsi: lei crede in una seconda possibilità oppure “si vive una volta sola”?
La vita di ciascuno è unica, ma penso che non sia altro che una sommatoria di cicli di esistenze diverse. Mi spiego meglio. Invito chiunque a fare questo esperimento: provate a pensare al vostro passato, vedrete che rimarrete sorpresi nello scoprire che ogni 7-8 anni la vostra vita ha preso un verso differente. Ecco che allora in questa vita di possibilità ne abbiamo diverse, basta capire il meccanismo del ciclo delle nostre esistenze e avere sufficiente coraggio per cambiarle. Ad un certo punto, però, questo ciclo apparentemente si spezza, perché rientra nell’Ordine delle cose. Ma, tutto fa parte di una logica e di un meccanismo eterno molto più grande della nostra comprensione.

L’amore è un sentimento che secondo lei annebbia gli occhi e il cuore oppure è sintomo di una realtà razionale?
«L’amore è riconoscersi dall’odore», diceva una vecchia canzone e per chi ha letto il mio libro sa a cosa mi riferisco. La mucosa olfattoria, dicono gli psicologi, è collegata a quelle aree cerebrali che archiviano le emozioni, perciò profumi e odori richiamano spesso reazioni di piacere legate all’inconscio. Questi finiscono per annebbiare gli occhi che sono in sostanza i fruitori della realtà sensibile. Ma l’amore non è solo la mescolanza di ferormoni ed elementi chimici: è soprattutto emozione. E non c’è una ragione scientifica che fa dire ad un uomo o ad donna: «Ti amo», ma la dolce follia che prende e trascina in un mondo che non ha niente di razionale. Ed è quello che annebbia il cuore, il soprasensibile. E proprio nella dialettica tra sensibile e soprasensibile sta il bello della nostra vita.

Qual è l’autentico messaggio che vuole lanciare ai suoi fruitori?
Stare alla larga dalle certezze. Le certezze mi fanno paura, così come mi fanno paura le persone che le ostentano. Penso che arrivare alla verità, in fondo, non sia una questione di vita o di morte. «L’importante, invece, è mettersi in cammino per cercarla». E questo, il protagonista del mio romanzo, Il borgo d’oltremare, lo capisce solo alla fine.

Quanto incide il dolore nella vita dell’uomo (e magari nella vita di Francesco Amato)?
Il dolore è il modo che usa il nostro organismo per dirci che qualcosa non va nel nostro corpo. Ci avverte del pericolo; ci obbliga a fare qualcosa per avvicinarci o scappare da qualcuno o da qualcosa. Cambia il nostro modo di pensare e ci fa adottare nuovi modelli di vita. Ci fa progredire nella conoscenza e a raggiungere nuovi stati di essere. Addirittura ci migliora nel senso che è l’unica forza in grado di compromettere il nostro egoismo. Il dolore c’è quando ci sentiamo male, ma anche quando gli altri si sentono male. Chi non ha provato dolore per un amico, per un parente malato o quando è morto? Il dolore è ovunque. Tutte le nostre sensazioni provengono da scontri, contatti, pressioni o, in altre parole, dal dolore. Noi sentiamo il piacere soltanto quando è preceduto dalla dolorosa sensazione di un desiderio inappagato, dalla sofferenza, o dalle aspettative. Scriveva l’apostolo Giovanni nel Vangelo: «In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo».

Quali sono i reali motivi per i quali un uomo non accetta il tradimento eventuale della propria donna? Perché spesso si tende a fuggire piuttosto che affrontare?
Perché si trova a dover fronteggiare una sensazione di smarrimento e di vuoto, che si accompagna alla perdita improvvisa del senso della propria esistenza. Sono tradite le aspettative razionali ed emotive di lealtà, oltre che relazioni e le interazioni basate sulla fiducia. Il tradimento si presenta come un evento del tutto inatteso, in seguito al quale i rapporti tra traditore e tradito non saranno più gli stessi, ma verranno ridefiniti in base a quell’evento.
Un tradimento significa rompere un patto importante e crea una grossa ferita sul modo di essere, che produce effetti anche sulla stima di se stessi. La rabbia si sovrappone al dispiacere, la tristezza si mescola con la gelosia e tutto insieme diventa una combinazione esplosiva difficile da contenere e da gestire. Non è infrequente che, giunto a questo punto, si pensi a perpetrare un piano di vendetta che può anche essere semplicemente una fuga. Vale a dire senza voler concedere alcuna soddisfazione di resa al traditore, che deriverebbe da un confronto diretto. Immaginando così di infliggergli/le una adeguata pena.

Il mito delle caverne di Platone: nel suo testo c’è un richiamo piuttosto esplicito. Secondo lei l’uomo, in questo secolo, vive di ombre?
Le ombre della caverna sono le mere parvenze sensibili delle cose, le statue, le cose sensibili. E cosa sono le ombre se non i video ed il mondo virtuale che ci circonda con i suoi grandi fratelli? Sono solo proiezioni di cose reali che in realtà non conosciamo. L’uomo di oggi vive di parvenze sensibili. Ma la visione delle ombre nel mio libro simboleggia l’immaginazione, e la visione delle statue simboleggia la credenza; il passaggio della visione delle statue alla visione degli oggetti veri e la visione del sole, prima mediata e poi immediata, rappresenta la dialettica nei vari gradi della conoscenza che sta alla base del mio romanzo.

Esiste, secondo lei, l’immortalità? Da cosa è data?
Il concetto di immortalità risiede nel mito, nella religione e in filosofia. Ma, non è dimostrabile in modo incontrovertibile, è un semplice dato di fatto. È come l’esistenza di Dio, su cui da sempre gli uomini si dividono, senza che un partito possa prevalere sull’altro. Io condivido il pensiero di Vito Mancuso (in L’anima e il suo destino) che, a proposito dell’anima, sostiene la plausibilità dell’immortalità in quanto vede in essa e nel suo ordine spirituale la più alta organizzazione prodotta dal lavoro dell’universo: il suo fiore più bello: è il terminale di un intero ciclo che parte dal minuscolo puntino cosmico all’origine del Bing Bang, per poi attraversare il passaggio dalla materia inerte alla vita, dalla vita naturale all’intelligenza ed, infine, dall’intelligenza autoreferenziale alla morale e alla spiritualità. E in questo ciclo, paradossalmente, si colloca anche la morte che è immortale, perché pone termine ad una singola esistenza per consentire la nascita di altra vita. Anche la vita organica è un succedersi di esistenze che si sviluppano e decadono migliorandosi e adattandosi continuamente all’ambiente che la ospita. Potremmo dire che l’immortalità preclude la vita, perché ciò che non muore non ha necessità di nascere. E cos’è la vita se non il fascino del suo sbocciare, della rinascita?

Cos’è l’anima?
L’uomo non è un essere semplice. È qualcosa di specifico, di differente, rispetto a tutte le altre cose del mondo. E se questo è vero allora affermare l’anima significa sostenere che, per quanto legato al corpo, l’uomo è in grado, se lo vuole, di trascendere le sue necessità materiali e di vincerle.  E la vittoria sulla necessità naturale sta proprio nella spiritualità, che si manifesta nell’esaltazione della creazione artistica: la musica, la pittura, la scultura, l’architettura… Questo ci diversifica e significa che siamo più del mondo: noi siamo liberi. E quale termine è più spesso utilizzato per esprimere la differenza dell’uomo dal mondo se non la parola anima? Essa, infatti, rappresenta il livello superiore di essere, lo spirito. È la vita dell’energia a prescindere dalla materia e quindi in grado di sussistere anche dopo la dissoluzione della materia del nostro corpo. L’anima spirituale, che conduce in un’altra dimensione facendo entrare nell’eterno, non è una sostanza separata che proviene dall’esterno ma è una peculiare configurazione dell’unica energia che ci costituisce.

Cosa c’è dopo la morte?
Oltremare, che è un’isola ed è una tappa intermedia di un cammino. La temiamo, ma allo stesso tempo desideriamo di conoscerla. E poiché nessuno mai è tornato indietro per dirci come è, la immaginiamo. E allora, per me, diventa luogo della nostra memoria passata che si proietta nel futuro. Diventando così il punto d’arrivo per ogni uomo, e l’inizio di un nuovo cammino. Fine e inizio, morte e rinascita allo stesso tempo. A riguardo vorrei citare il pensiero di Padre Pasquale Magni (dalla Prefazione a Esiste l’aldilà di Lino Sardos Albertini). Il credente osservante ogni domenica conclude il suo Atto di Fede, cioè il Credo, con «Credo nella vita Eterna». Ma, lasciando il luogo sacro e rientrando nel mondo profano, spesso, dimentica ciò che ha detto.  E, tra l’Atto di Fede e gli atti di esistenza ordinaria vi frappone non già una soglia di comunicazione come indicano i testi religiosi attraverso la comunione dei santi (vivi e morti insieme), bensì una paratia. Ignora che quel “velo del tempio”, al dire dell’Evangelo, si squarciò alla morte di Cristo e si è ricostruito in molti come una membrana fatta apposta per mettere in comunicazione due mondi distinti, ma non disgiunti: il mondo per definizione sensoriale e il mondo soprasensoriale, per costituzione spirituale e, pertanto appartenente alla vita del dopo.

Quali sono i valori essenziali da perseguire secondo lei?
I valori sono gli ideali a cui miriamo, quelli che guidano tutte le nostre scelte e quindi il nostro destino. Se siamo consapevoli di quali sono le cose che più apprezziamo nella vita, quali sono i nostri ideali più elevati e impegnandoci a vivere in base ad essi, possiamo raggiungere il livello maggiore e più elevato di realizzazione della nostra vita. Di solito si tende a dire che il valore è oggettivo, cioè il valore è qualche cosa di assolutamente dato, a cui conformarsi, per cui i valori sono la giustizia, i precetti religiosi, la Costituzione ecc. Io credo che non possa essere così esterno il valore, non possa essere così imposto. Non può essere una gabbia, anche se rassicurante, nella quale uno si chiude e si tranquillizza. Perciò metterei al primo posto il bene per il prossimo, ma ammetto che la sua oggettività è tramontata, perché oggi non si capisce in modo concreto fino a che punto una cosa è assolutamente buona o no. C’è solo un valore, tuttavia, il cui criterio può essere condiviso tra gli uomini. Ed è il valore della libertà. Anche se può essere un valore arrischiato, perché se la libertà è assoluta, cioè senza vincoli, può tramutarsi in disvalore.

Se Francesco Amato converserebbe con una giovane coppia di ragazzi magari incontrati per caso in un treno, al momento del saluto che messaggio simbolico lascerebbe?
Un proverbio cinese: «L’uomo che sposta le montagne comincia portando via i sassi più piccoli». Nel senso che se siete in viaggio, non preoccupatevi della distanza, ma della meta, perciò iniziate a camminare…

 

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist

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