Magic mirror – Maria Carusi

Maria Carusi, avvocato di professione, da pochi anni si è accostata all’arte fotografica. Precisamente nell’aprile 2002, quando ha deciso di seguire un workshop di Street Life per le vie di Napoli organizzato dal Toscana photografic workshop di Carlo Roberti, tenuto da David Alan Harvey, membro dell’agenzia fotografica Magnum e fotografo del National Geografic dal 1970. Con questa esperienza, che l’ha rilegata nel filone degli artisti, ha portato alla riflessione tutti quelli che credono nei sogni, perché ci ha insegnato, come afferma il suo mentore Harvey, «che tutto è possibile. che non è mai troppo tardi per seguire i […] sogni. che la fotografia è lo “specchio” perfetto e anche la “finestra” assoluta per un artista di esperienza».

E l’autrice nel suo Magic Mirror esordisce proprio scrivendo: «Le foto si scattano con un occhio solo; non è un caso: l’altro occhio guarda dentro», suggerendo di guardare la realtà quotidiana con l’interesse (e la voglia) di indurre lo spettatore a filtrare le immagini del mondo visivo, che ogni giorno quindi si presenta sotto gli occhi. Guardare all’esterno in due modi diversi ma simultaneamente: con un occhio l’immeditato, con l’altro ciò che l’immediato trascende. Avvistare e analizzare. Scorgere con gli occhi, studiare con l’anima. È questo che sostanzialmente fa; nell’osservare si guarda dentro «scagliando nel profondo dell’animo per lasciare scorrere impressioni, emozioni, sogni».

Il catalogo racchiude una serie di scatti realizzati a Napoli, Lisbona, Roma e, più in generale, in Calabria, Sicilia e Toscana. In questo modo racconta storie, comunica informazioni di ambienti diversi ma unite nell’unica arte, che è appunto quella fotografica. Con scioltezza sa porre all’attenzione dello spettatore quelle «cose e persone che escono, a loro insaputa, dalla banalità per diventare protagonisti». Sostiene che per il fotografo il «massimo obiettivo» è quello di «cogliere nella realtà che è sotto gli occhi di tutti quello che gli altri non vedono». Quindi «fotografare» come «modo di vivere» e «porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore». Fotografare – si potrebbe aggiungere – come fermare il tempo, cogliere sorrisi, isolare dolori e dare eternità all’istante, fatto di gesti ed espressioni irripetibili.

Quelle della Carusi sono illustrazioni, tocco di colore e luce, stralci di vita realizzati forse grazie all’istinto di essere umano, sereno e in disparte, mentre riposa nel casolare di Buonconvento, in Toscana «sospesa in una dimensione tra passato e presente» e nella sua stanza all’interno della quale guarda se stessa, «specchio magico» che le fa «riaffiorare i ricordi» e dove ritrova le molteplici anime che si mescolano e si fondono in un’unica: la sua.

Il filo conduttore è lo specchio, quello in cui si guarda e si riverbera, lo specchio dell’obiettivo attraverso cui le immagini di vita riflettono e si danno al pubblico. Ma è attraverso l’anima che esse acquistano un valore e un significato. Da statiche diventano rigogliose. Vivaci, tenui, sfuocate, a volte scure, altre apparentemente vuote, altre ancora brillantemente vive. Parecchi sono i volti, molti gli sguardi, pochi i sorrisi. È una realtà, ma un reale di tipo malinconico a volte, all’interno del quale affiorano vite, vaganti e sole.

Le immagini della Toscana sono accomunate da particolari riguardanti la gente comune che s’incontra per strada; momenti di gente che parla, sorride, si aggiusta i capelli, si atteggia, “passa”, il tutto nella spontaneità di gesti in nitidi immagini di colori accesi questa volta.
Le figure di Lisbona invece si alternano da colori accesi e quindi volti sorridenti e spensierati, a quelle più scure, volutamente sfuocate, quasi a descrivere una vita cupa, arredata di divertimento ma leggera di animo.

Insomma: per ogni foto, sia essa un paesaggio, volto, immagine religiosa o altro, c’è sempre un sottofondo comune… una leggera sfumatura d’isolamento che ad esempio con Lisbona, nota terra caliente, sfocia in una diramazione dicotomica. Anche alcune panoramiche appaiono fredde; fra buio e luce queste ultime appaiono delicate fungendo da spiraglio, ma non dominano.
Catania, poi, città viva, sempre in fermento, è solitaria, quasi trascurata, e la vita di mare appare relegata ai margini. Peculiarità che difficilmente appare, e solo un occhio attento può carpire. Quindi colori, dal giallo al rosso al nero, sguardi, molti sguardi, accesi, spenti, persi nel vuoto, in una parola: umani.

Le fotografie di momenti religiosi sono prodotte scure e sfuocate, sganciate dalla tangibilità come se si vedessero scorrere senza poter intervenire. Come se si guardasse dal finestrino vitreo di un treno, nel momento in cui tutto sfugge e la mente rimane ferma fissando il vuoto.Quello della Carusi è un album da sfogliare, da portare con sé, da meditare; è un testo per quelli che amano trascendere la realtà, che vogliono coglierla nelle svariate sfumature, che guardano da spettatori e vi si specchiano da protagonisti.
Un’altra realtà, che i sensi ignorano ma che coinvolge il cuore più degli occhi, i sentimenti più che la ragione.

Magic Mirror
Maria Carusi
Rubbettino, 2005
Pagine 70
Prezzo di copertina € 25,00

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist