Intervista a Daniela Lojarro, scrittrice fantasy

Emotività narrativa e scavi psicologici, amore, amicizia, lealtà e ogni tipo di valore altruistico, come abbiamo visto, scaturiscono dal romanzo fantasy di Daniela Lojarro. Ma più di ogni altra cosa è la conoscenza che si pone come speranza per il futuro che situa fondamenta nel viaggio che ogni essere umano e animale compie. E così, dopo aver letto e dibattuto Il suono sacro di Arjiam, questa volta abbiamo voluto conoscere chi lo ha scritto, chi ha sottolineato, dato impronta e dato vita alle pagine che oggi teniamo sul nostro comodino e che sfogliamo ogni volta che vogliamo acquisire coraggio, volontà e speranza, per delle ragioni valorose e autentiche.

Spesso, il mondo incantato della fantasia si rivela un’alternativa per evadere dalla quotidianità: per lei, invece, cosa rappresenta?
Non ritengo che il mondo della fantasia e, quindi, dell’arte in senso più ampio siano una fuga dalla realtà: appartengono all’uomo fin dalla notte dei tempi. I primi strumenti musicali che si conoscono risalgono a 37.000 anni fa: si tratta di flauti ricavati da ossa di animali e zanne di mammut dotati di ben tre buchi che permettono di modulare diversi suoni. In un’epoca in cui le condizioni di sopravvivenza non erano né favorevoli né semplici, l’uomo ha sentito il bisogno di riprodurre suoni ancora prima di essere in grado di accendere un fuoco: infatti, il primo acciarino risale a 32.000 anni fa. L’espressione artistica è un bisogno, e attraverso di essa si possono combattere battaglie, trasmettere conoscenze, emozioni, spingere alla riflessione. Ne Il suono sacro di Arjiam, infatti, ho cercato di porre l’accento sui temi che mi appassionano e che io considero importanti, quali amore, amicizia, lealtà, saper dare un significato alle proprie azioni, confrontarsi con i dubbi e le difficoltà che ogni adolescente si trova ad affrontare quando si affaccia alla vita adulta, la relazione tra scienza (qui simboleggiata dal potere immenso della magia) ed etica, il rapporto/scontro con il potere visto da diverse angolature. Anche se l’ambientazione che ho creato mi offriva spunti per un’ambientazione storica, ho scelto la forma del romanzo fantasy perché offriva alla mia corda espressiva la possibilità di esprimersi al meglio: epicità e colpi di scena alternati a momenti di ripiegamento interiore, tensione emotiva e scavo psicologico… l’equivalente narrativo del Melodramma che è il mio principale ambito professionale.

Qual è il vero senso della lotta tra il Bene e il Male?
Le rispondo con la celebre frase di Albert Einstein: «Esiste l’Oscurità? No, l’Oscurità non esiste, è solo assenza di Luce. La Luce si può studiare, l’Oscurità no. Il Male è il risultato di ciò che accade quando l’uomo non ha l’Amore nel suo cuore». Già nelle Gâthâ, antichissimi testi zoroastriani, si dice qualcosa di simile: l’anima umana è il canale tramite cui il raggio divino passa per illuminare il mondo; Dio, però, regna sulla Terra solo nella misura in cui l’uomo sceglie con un atto libero della sua volontà di trasformare il Male in Bene, di trasfigurare le Tenebre in Luce. In fondo, si tratta dell’Opera Alchemica.

Questo libro a quale tipo di fruitore è indirizzato?
Ho scritto questo romanzo su diversi piani di lettura che permettono al lettore di fruirlo secondo le sue personali conoscenze: può essere letto come un romanzo fantasy ricco di colpi di scena; oppure si possono interpretare il drago e la caverna, per esempio, come simboli psicologici junghiani. Le prove affrontate dall’eroina per me rappresentano un percorso di evoluzione interiore ma possono essere lette come avventure. Non la ritengo, però, una lettura indicata sotto ai 14 anni.

Secondo lei, cosa spinge l’uomo all’altruismo?
Altruismo significa interessarsi al benessere dei propri simili sia nel senso della sopravvivenza che della qualità della vita. Avendo osservato anche nel comportamento animale forme di altruismo, la corrente positivistica teorizzò che si trattasse di un istinto naturale necessario sia alla conservazione della specie sia al mantenimento che allo sviluppo sociale del genere umano. Esiste un altruismo «alla pari», una sorta di collaborazione per un mutuo vantaggio; esiste l’altruismo interessato del «do ut des,» cioè “dare per essere ricambiati”; esiste l’altruismo disinteressato degli aiuti umanitari. Credo, però, che sia importante ricordare che in tutti questi casi gioca sempre il senso di gratificazione, di appagamento, di giustizia, di empatia del donatore.

Per quale motivo reale si dovrebbe combattere per il bene comune?
Il bene comune è la condizione necessaria per lo sviluppo dell’essere umano in tutte le sue potenzialità. Sta anche alla base della nostra civiltà e del nostro sistema democratico fondato sui principi dei diritti umani.

I personaggi del suo libro corrispondono a delle figure reali o sono solo il frutto della sua immaginazione?
Cesare Pavese diceva che «scrivere è sempre nascondere qualche cosa in modo che venga poi scoperto». I personaggi del mio libro nascono dalla drammatizzazione di persone colte nella quotidianità in sinergia con la rielaborazione di emozioni, impressioni e ricordi personali. Abituata al lavoro in teatro, nello scrivere mi sono identificata in tutti. Per ogni frase, o pensiero, ho sempre cercato di mettermi nei panni di quel personaggio e di farlo agire secondo la sua personalità, la sua condizione sociale e psicologica e per il fine che si proponeva di raggiungere, caratterizzandolo anche con espressioni mimiche o tic nervosi che possono apparire in momenti di tensione emotiva.

“La conoscenza è la speranza per il futuro”, apprendiamo dal suo libro: come mai tiene particolarmente a lanciare questo messaggio?
Nel romanzo, Tyrnahan, l’anziano saggio, dice che «Il Suono Sacro è la Conoscenza» attraverso la quale si può arrivare a sollevare il velo che nasconde la verità immutabile. Come Lei ha giustamente percepito, per me la Conoscenza assume un valore simbolico. Attraverso lo studio del «Suono Sacro» l’eroina, Fahryon, compie un cammino alla ricerca dell’equilibrio delle sue forze interiori che, nel racconto, ho indicato come Armonia. E con Armonia non intendo solo l’aspetto puramente sonoro ma soprattutto la capacità di sapersi ascoltare, di ascoltare, quindi di comprendersi, di andare verso l’Altro e di entrare in rapporto con lui perciò di «armonizzarsi» con lui. Credo che nella nostra società dilaniata dall’intolleranza, dall’incapacità di lasciare parlare l’altro, ascoltandolo senza coprire la sua voce con la nostra, caratterizzata dalla volontà di imporre le proprie idee e le proprie convinzioni a tutti i costi, ritenendole le uniche giuste e valide, la Conoscenza e l’Armonia, nel senso che ho descritto, siano più che mai necessarie.

Il “suono” ha una valenza particolare nel suo lavoro oltre ovviamente che nella sua vita privata. Come mai lo riporta anche nella narrativa? Che potere può avere il “suono” soprattutto per chi non lo esercita e non lo vive?
Musica, scrittura e parola hanno tutte una caratteristica comune: al centro di tutte troviamo il «suono» che, poi, è trascritto e riprodotto con codici diversi. Il mondo del «suono», perciò, appartiene direttamente a ciascuno di noi. La crescita di ognuno di noi è accompagnata dal suono: l’orecchio è il primo organo sensoriale a entrare già completamente in funzione nel grembo materno a 4 mesi e mezzo di vita. Un fisico tedesco nel XVIII secolo, Ernst Chladni, studiò gli effetti del suono sulla materia scoprendo che, per esempio, la sabbia reagiva a determinate frequenze disponendosi sempre secondo un medesimo schema geometrico: a una frequenza corrisponde una sola figura geometrica che si ripete solo e sempre con quella frequenza. Oggi, questi studi sono effettuati sulle molecole dell’acqua, sui gas, sui cristalli di ghiaccio (negli Usa dal fisico svizzero Hans Jenny e in Giappone da Masaru Emoto) che rispondono sempre come già descritto da Chladni. Il corpo umano è disseminato di ricettori nervosi sensibili alla vibrazione sonora ed è composto al 75% di acqua: lascio alla curiosità del lettore sviluppare questi spunti e trarre le conclusioni sull’importanza che il suono può avere sull’uomo.

Il viaggio intimo che ognuno di noi compie nella vita non sempre raggiunge esiti positivi: secondo lei da che cosa dipende il fallimento e, di conseguenza, quanto incidono le difficoltà?
Dipende da come sono vissute ed elaborate: talvolta possono avere un effetto positivo stimolando il cambiamento, schiudendo delle nuove possibilità in ambito sia lavorativo che esistenziale che affettivo; altre volte, al contrario, possono portare all’autodistruzione. In entrambi i casi, gioca un ruolo importante la possibilità del singolo di essere sostenuto e guidato in un periodo di trasformazione non solo dalle persone che gli stanno vicino ma anche da personale qualificato che lo aiuti. La solidarietà degli amici, l’affetto o l’amore della famiglia sono fondamentali ma nessuno coinvolto in prima persona deve trasformarsi in un terapista: è necessario l’approccio esterno e, quindi, non emotivamente coinvolto. Comunque, un fattore indispensabile resta l’accettazione del cambiamento in atto e la volontà di trovarvi la soluzione. Dubbi, insicurezze, difficoltà economiche, mancanza di una solida base affettiva o di quell’apertura ed elasticità mentale che solo l’istruzione può dare, pressioni sociali sono altri componenti che possono influire negativamente sul processo di crescita e di evoluzione ingenerando un senso di fallimento o addirittura la convinzione di essere un fallimento.

Si può paragonare la vita reale a quella fantastica? Se sì in che modo?
Come ho spiegato all’inizio, il fantasy di qualità, come del resto l’espressione artistica in generale, non può essere accusato di essere solo una lettura d’evasione. L’arte ha da sempre un effetto catartico: il lettore o lo spettatore, identificandosi con il protagonista, partecipa delle sue emozioni, dei suoi dolori, delle sue gioie, si immedesima vivendo le sue avventure, le sue scoperte, ne condivide i momenti tristi e lieti traendone spunti di riflessione su se stesso e sulla società, maturando.

Qual è il confine sottile tra fantasia e realtà? È possibile convivere con entrambi? In che modo?
Il mondo della fantasia è un universo meraviglioso e senza confini dove il bambino, più o meno cresciuto, può divertirsi sviluppando il suo immaginario. Può accadere che la fantasia sia così forte che qualche parte di essa è trasportata nella realtà nella forma di un amico immaginario con cui parlare, giocare condividere esperienze reali. L’immaginazione è una dimensione dove tutto può accadere e dove la logica del mondo reale non serve. Come un’importante tradizione ormai ci ha dimostrato, da G. Jung alla M. von Franz, ogni storia, ogni mito, ogni favola, anche la più assurda e lontana dalla realtà, tratta dell’umanità e dei suoi problemi universali, offre esempi di soluzione delle difficoltà in un linguaggio che arriva direttamente al di là di ogni barriera logica. Rispettando la visione poetica delle cose, la fantasia può allontanare incubi, placare inquietudini, aiutare a superare disagi e paure, insegnare ad accettare responsabilità e ad affrontare la vita. La fantasia produce energie straordinarie che non si vedono ma che ci sono cui si può attingere in ogni momento.

Ci lascia un messaggio per il suo pubblico?
La vita è un cammino in continuo divenire, soggetto a grandi rivolgimenti, l’importante, come diceva Samuel Beckett è «Fallire – Provare di nuovo – Fallire ancora – Fallire meglio».

 

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist