Donatella Ferrua, make up artist colta e sensibile

Quando nel nutrire l’esteriorità si aggiunge anche l’interiorità il rapporto tra bello e buono coincide con quello che i greci classici definivano kalokagathìa. Infatti già con Platone, che amava sia l’aspetto fisico che quello dell’anima, raggiungiamo l’equilibrio cui tutti vorremmo aspirare. Così, questa volta, ovviamente in un’epoca dove esplode l’ideale estetico, abbiamo voluto incontrare una delle make up artist più famose del web, che oltre al trucco e ai consigli di bellezza, ama nutrire il suo animo con i libri, prediligendo per lo più i testi classici. Donatella Ferrua, in arte The miss rettore (su youtube e su facebook), si è in qualche modo confidata con noi, per rivelare alcuni segreti della sua personalità interiore, motivo di interesse da parte delle ragazze che ormai la amano smisuratamente.

L’interiorità e l’esteriorità: che rapporto hanno, nel suo vissuto, e quanto l’una prevale nell’altra?
Ho passato gli ultimi dieci anni della mia vita alla ricerca dell’equilibrio tra le varie sfaccettature della mia personalità e, di conseguenza, tra il mio aspetto esteriore e la mia parte interiore. Da adolescente ero costantemente in conflitto con la mia esteriorità, vedevo il mio corpo diventare adulto e femminile ma sentivo che dentro ero ancora molto lontana dall’essere una donna, e questo mi creava molto disagio. Vivevo male questa dicotomia tra la mia età apparente e quella che invece sentivo dentro di me e sono riuscita a riappacificarmi con me stessa dopo tanti anni e un lunghissimo percorso. Ora vivo l’esteriorità come una forma di espressione del mio stato d’animo, delle mie inclinazioni; la sfrutto per trasmettere il modo in cui mi sento e mi piace cambiare ogni giorno, per poter tirare fuori sempre un lato diverso di me. Nonostante l’apparenza sono una persona piuttosto timida e un po’ solitaria, quindi mostrare gli aspetti interiori della mia personalità, attraverso alcuni particolari esteriori, mi aiuta a essere più socievole e decisamente più sciolta. Potrei dire che la mia esteriorità è al “servizio” della mia interiorità e in questo modo sono riuscita a trovare un mio personale punto di equilibrio.

Quanto importante è, secondo lei, nutrire l’anima con un buon libro?
La lettura è sempre stato un aspetto molto importante della mia vita e alcuni libri possono davvero cambiarti la vita. Credo sia un modo per dare nuovi spunti di riflessione alla nostra anima e innescare meccanismi positivi dentro di noi. Leggere fa provare emozioni che essendo scritte da persone che hanno una storia di vita e una personalità diversa dalla nostra ci fanno andare oltre noi stessi, e oltre i limiti della nostra esperienza.

C’è, secondo lei, un rimedio per vivere bene? E allontanare le paure che in una società di precariato prendono il sopravvento?
Secondo me non esiste un rimedio vero e proprio per vivere meglio, esiste un punto di vista diverso per vedere le cose in modo più positivo. La precarietà può essere vista come una forma di libertà maggiore che ci permette di poter cambiare la nostra vita in modo meno doloroso perché alla sua base non ci sono abitudini consolidate e, se sfruttata nel modo giusto, può portare a svolte davvero inaspettate. Queste nuove prospettive possono poi diventare le fondamenta di qualcosa di più stabile e di più solido, sempre che si voglia ricercare la sicurezza sotto questa forma.

Qual è il motivo principale per cui legge, e che genere di lettura la attrae maggiormente? Leggo per tantissimi e svariati motivi, per rilassarmi, per riflettere, per confrontarmi e per scoprire cose nuove e, di conseguenza, spazio tra vari generi letterari. In linea di massima amo i romanzi noir e urbani, quelli basati su equivoci o situazioni assurde e divertenti, saggi di filosofia del ‘900, raccolte di poesie e classici greci.

Quali sono gli scrittori che preferisce? E i libri?
Mi piace tantissimo lo stile di Nick Hornby, Philip Roth, Jarmila Ockayova, Paolo Sorrentino, Andrea De Carlo, Isabella Santacroce, Valeria Parrella e sono una grande fan di Nietzche, Freud e Popper. Per quanto riguarda la poesia adoro Edoardo Sanguineti, Valerio Magrelli e Charles Baudelaire e poi gli intramontabili Euripide, Sofocle ed Eschilo. Ovviamente in tutta questa serietà letteraria ho apprezzato tantissimo la saga di Harry Potter e quella di Twilight; non vorrei sembrare troppo seriosa, anche io sono colta dai momenti in cui ho voglia di storie fantastiche e di sognare un po’. Tra i miei romanzi preferiti ci sono Verrà la vita ed avrà i tuoi occhi di Jarmila Ockayova, Non buttiamoci giù di Nick Hornby, Soffocare di Chuck Palahniuk, Luminal di Isabella Santacroce, La variante di Luneburg di Paolo Maurensig; tra i grandi classici Cime Tempestose di Emily Bronte, Il piacere di Gabriele D’Annunzio e Il giocatore di Dostoevskij; tra le raccolte di poesie Corollario di Edoardo Sanguineti e Ora Serrata Retinae di Valerio Magrelli; mentre, infine, tra i saggi Al di la del bene e del male di Nietzsche e Le Fonti della Conoscenza e dell’Ignoranza di Karl Popper.

Qual è l’elemento principale che le fa avviare la lettura?
Credo che la “scintilla” dentro di me scatti quando intuisco che il romanzo ha una trama complessa con dei protagonisti caratterizzati da personalità importanti e ben definite o completamente sfocate. Per quanto riguarda i saggi invece vado più a colpo sicuro: avendo frequentato il Liceo classico ho avuto la fortuna di poter studiare le opere dei filosofi maggiori e quando vado in libreria so già quale saggio ho intenzione di cercare. È molto importante anche l’influenza di mia madre e di mio marito, mi consigliano e mi regalano sempre libri molto belli, adatti alla mia personalità e al mio gusto.

Se lei fosse una scrittrice, quali sarebbero i protagonisti dei suoi testi?
Mi piacerebbe che fossero caratterizzati da personalità molto definite da un lato e totalmente indefinite dall’altro e che dovessero sfidare il senso del limite che hanno imposto alle loro vite per giungere a una dimensione diversa e inaspettata. Vorrei che fossero circondati da una natura che mostra la sua forza attraverso gli eventi atmosferici e il vento, e che vivessero in una città del Nord Europa come Amburgo.

Un consiglio per avvicinare i ragazzi al libro?
Posso trasformare questa domanda in “un consiglio per non allontanare i ragazzi dalla lettura”? I ragazzi, soprattutto durante l’adolescenza, sono portati a vedere i “libri” come qualcosa di noioso, un po’ “da vecchi”, e statico; per questo la maggior parte di loro mostra poco interesse per la lettura. In parte credo che sia normalissimo che a quell’età si pensi più a uscire, fare esperienze e confrontarsi con le prime batoste della vita che a leggere, ma credo che la scuola e la famiglia possano giocare un ruolo fondamentale nella costruzione della personalità “letteraria” dei ragazzi.  Spesso si cade nell’errore di imporre alcune letture perché considerate grandi classici e a scuola questi testi vengono “proposti obbligatoriamente” come compito mensile. Quando ero al ginnasio la nostra professoressa di Italiano aveva stilato una lista di romanzi e saggi tra cui dovevamo scegliere mensilmente una lettura da recensire e schedare. Non erano certamente romanzi adatti a ragazzi adolescenti, parliamo di Dostoevskjj, Tolstoj, Deledda, Pascoli e D’Annunzio, e l’unico risultato che ha ottenuto è stato quello che ognuno di noi leggeva un solo libro e lo riassumeva minuziosamente e i romanzi venivano recensiti cambiando le parole e la struttura di questi piccoli sunti. Bisogna incuriosire i ragazzi legando la storia raccontata in un romanzo a esperienze del nostro tempo, perché vedono la lettura come qualcosa di lontano dalla realtà e proponendogli titoli un po’ troppo classici si rischia di enfatizzare questa percezione. I famosi “grandi classici” ho imparato ad apprezzarli da adulta perché avevo gli strumenti per comprenderli e collocarli nella giusta cornice. L’unico consiglio che mi sento di dare è quello di non imporre la lettura ai ragazzi e avere l’elasticità mentale di comprendere che ciò che incontra il gusto di un adulto probabilmente sarà molto lontano da quello che potrebbe apprezzare un adolescente.

Come oggi accade a molti adolescenti, a lei capita di sentirti sola, o magari triste?
Penso che purtroppo la sofferenza e il dolore siano qualcosa di trasversale che prima o poi toccano le vite di tutti quanti, intelligenti o meno intelligenti, colti o meno colti: si differiscono solo nel modo in cui si vivono questi momenti negativi e questa differenza è data dalla consapevolezza che si ha di se stessi. Mi capita raramente di sentirmi triste o sola, anche perché vivo la solitudine come un momento di arricchimento che poi mi aiuterà a stare meglio in mezzo agli altri, ed è più frequente che mi senta inadeguata al carico di lavoro e di impegni personali che devo sostenere ogni giorno. Siamo bombardati dall’immagine di una donna instancabile lavoratrice, mamma premurosa, moglie adorabile, casalinga perfetta e sempre impeccabile ed è facile cadere nella trappola dell’inseguimento di questa chimera. Quando mi trovo a confrontarmi con giornate piene di impegni e per quanto ce la metta tutta non riesco a far fronte a tutti le cose che mi ero imposta di portare a termine capita di sentirmi un po’ inadeguata perché magari ho dovuto rinunciare a fare la spesa, a prendermi cura di mio marito o a cucinare un pasto diverso dal solito, ma con il tempo ho imparato ad essere un po’ meno severa con me stessa e questi momenti diventano sempre meno frequenti.

Che consiglio si sente di dare ai giovani che non hanno punti di riferimento per crescere sani?
L’idea di dare un consiglio ai giovani è una bella responsabilità e non ritengo di avere un esperienza tale da poter avere questa “verità” tra le mani. Crescere senza punti di riferimento è molto difficile ma se si sopravvive a questo da adulti si diventa molto più forti. Quando si vivono momenti di sconforto più che una lettura, consiglierei di uscire di casa e andare in un luogo molto affollato per osservare attentamente le persone che abbiamo intorno. Gli occhi sono lo specchio più fedele dei nostri stati d’animo e se ci soffermiamo sui volti degli altri possiamo renderci conto che non siamo gli unici a soffrire e a sentirci smarriti, ma che allo stesso tempo siamo gli unici a poterci infondere la fiducia e lo spirito giusto per trovare il coraggio di andare avanti e puntare dritti verso i nostri obiettivi. La chiave della fiducia in se stessi è nascosta in quella misteriosa creatura che ospita la nostra anima e solo noi possiamo sapere dove trovarla.

 

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist