Il mestere di leggere – Rogelio Guedea

Siamo tutti lettori. Chiunque, infatti, legge qualcosa: non per forza un romanzo, basta anche una frase, un messaggio. E se per scrivere talvolta occorrono delle regole – come quelle di editing per esempio –, per leggere occorre innanzi tutti accendere il cervello: filtrare le parole, visionarle per poi lasciarle passare al cuore e alla testa.
Rogelio Guedea, con Il mestiere di leggere, edito dalla Graphe.it, riporta le esperienze di un lettore, che ha rivisto i classici e i temi di storia, letteratura e filosofia. In sostanza nel piccolo libro delinea i tratti essenziali delle opere più importanti come esperienze prima di vita, poi di scrittura e non in ultimo di lettura. La sua analisi come lettore ci porta alcune riflessioni.

È bene leggere sempre le opere senza tenere molto in considerazione le biografie che degli autori sono state scritte, soprattutto se si tratta di biografi contemporanei all’autore che stiamo leggendo, e molto meno se si tratta di scrittori vicini allo stesso scrittore che stiamo leggendo. Se lo facessimo, smetteremo subito ogni lettura: ci renderemmo conto, infatti, da parte degli uni della meschinità degli altri e, da parte degli altri, della meschinità di questi.

Così, tocca i temi che il lettore in genere predilige e per quale motivo. Ma non solo. Partendo dagli scrittori delinea il possibile lettore e il suo animo e quanto la lettura conduce ad essere. Si concentra, poi, come possa essere breve o lungo il percorso che va da quest’ultima alla scrittura, e quanto incidano le opere dei classici nella vita.

Secondo don Pìo Baroja ci sono lettori buoni e lettori cattivi. Il lettore buono, dice, è quello tranquillo che va raccogliendo lentamente le impressioni che gli fornisce l’autore, senza impazienza né fretta; al contrario, il lettore cattivo, dice, è colui che si spazientisce subito, lo annoiano i passaggi senza interesse e, invece, lo eccitano quelli interessanti tanto da saltare da una pagina all’altra per conoscere prima come andranno a finire le cose. Secondo don Pìo Baroja lui è un lettore cattivo. Anch’io.

A parte questo tipo di definizione, egli ritrae il lettore come una persona che spesso se ne sta in disparte e che nessuno considera: ma senza di lui nessuno scrittore avrebbe motivo di esistere, eppure il rilievo maggiore viene dato solo ad alcuni che sfoggiano segreti insondabili.

Ogni lettore è condannato all’anonimato. Lo scrittore, al contrario, scrive per trasformarsi negli altri, smettendo di essere se stesso. Essere gli altri. Entrambe sono forme di egoismo. La prima per non lasciare nemmeno uno spiraglio per giungere agli altri e la seconda per non lasciare uno spazio per se stessi. Ricordo che Elena Garro disse in un’occasione che quello che realmente amava nella vita era leggere, e che se si era decisa a scrivere (a scrivere romandi e racconti e altro) era stato per influenza di Paz. Di Octavio Paz, il marito di allora. Da tutto questo potrebbe scaturire un insegnamento: amore ed egoismo continuano a essere due fratelli scomodi.

L’autore dunque trae consigli e etica oggettiva per una comune universale: senza la lettura non potremo vivere perché ci verrebbe negato il sapere, sintomo del potere e della libertà individuali, permettendoci anche di mantenere una lunga conversazione con noi stessi.

Il mestiere di leggere
Rogelio Guedea
Graphe.it
Pagine 120
Prezzo di copertina € 10,00

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist