I naturali sentieri alla tranquillità – Gianni Pasquarelli

Fermiamoci un attimo. Stacchiamo il telefono. Spegniamo la televisione, il computer e la luce. Chiudiamo gli occhi. Respiriamo. Profondamente. Vedremo magari buio… rischiarato però dalla quiete che abbiamo carpito dalla nostra vita. La stessa vita che fino a pochi minuti prima viveva nel traffico, inquinato dal caos esterno, e dall’inquieta intimità che non cerca più pace; che teme di incontrare l’alter ego sempre in guardia e tutto d’un pezzo. Che vive di apparenza e perfezione. Che corre contro il tempo. Che fugge l’attimo. Che digiuna di spirito.
Esiste una medicina capace di curare la chiusura del pensiero e restituire il riposo interiore brama di parecchi mortali?

Un rimedio ci è stato suggerito dal giornalista, ex direttore generale della Rai e amministratore delegato della società Autostrade, Gianni Pasquarelli, prima di tutto un uomo che ha saputo vivere con un esemplare senso del dovere e che con diligenza ha donato spazio ai pensieri dello spirito, unendo cuore e ragione; due corpi naturali, principali sentori de I naturali sentieri alla tranquillità, e promotori essenziali dunque di quei calli larghi e talmente reali, cui tutti possiamo attingere. Fonti della pacatezza, tanto ambita, eppure raramente trovata.

Perché è diventato un luogo comune non trovare la tranquillità? E per quali motivi la rincorriamo fuori dal nostro corpo, come se fosse una conquista tanto esterna quanto irraggiungibile? In effetti sembra uno dei tanti vizi dell’uomo, quello di cercare altrove e prendersela con l’altro, dopo il fallimento con cui spesso si ritrova a fare i conti. Pasquarelli, uomo saggio e responsabile, invita l’uomo innanzi tutto a pensare e a imparare dai propri errori, a riconoscersi unico artefice dei propri sbagli. I “sentieri” di cui si fa promotore sono così “naturali” proprio perché appartengono alla dimensione normale dell’esistenza, profondità dello spirito, dell’intelletto, dell’esperienza, nonché della razionalità.

Una cura costruttiva per iniziare il cammino possono essere il dialogo (con noi stessi), il dubbio e l’autocritica.
Il libro in questione è diviso in brevi capitoletti, ma particolarmente concisi e scorrevoli. Uno di essi è dedicato alla “felicità”. Questa parola, dal significato più ricercato e dalla percezione di essere vissuta, per molti appare un’utopia, intensamente inseguita. Chi non l’ha pronunciata almeno una volta nella vita come sensazione vera e propria?

Generalmente si tende ad essere felici nell’affetto e nella tenerezza. Nei momenti in cui il tempo viene sconfitto a discapito della vana corsa.

Nell’amore è l’incontro con l’altro che rende felici, un incontro singolare per cui non s’insegue né si è inseguiti, ma si cammina assieme, si va, ciascuno, verso chi ti viene incontro.

Quando si è con la persona amata il tempo sembra acquisire una valenza di eternità. E in questi momenti sembriamo felici. Trionfiamo sulla tristezza della quotidianità di cui in qualche modo siamo sempre noi stessi i maggiori “azionisti”.

Pasquarelli ci comunica, attraverso le parole di S. Agostino, che «si è attratti dalla felicità, se si è trascinati dalla felicità». Ciò evidenzia che questa sensazione sa essere come una «ventata» che trasporta e coinvolge gli animi. E può nascere da

una circostanza qualsiasi come un gioioso evento inatteso, […] un problema assillante che per incanto si risolve.

Felicità vuol dire per prima cosa essere padroni della propria vita, ragionare con la propria testa, filtrare tutto quello che è valido e utile; ma vuol dire anche serenità e «vedere le cose per ciò che sono e non per ciò che vorremmo fossero».

Chi di noi non vorrebbe sentirsi dire simili parole? Ma soprattutto chi in realtà non vorrebbe trarre delle facoltose lezioni da queste righe così autentiche?
Il giornalista scrittore si sofferma sui temi “alti” dell’esistenza, imprigionati tante volte dalla quotidianità repentina. Analizza la sofferenza, e a tale proposito rimembra quello che Eraclito scrisse diversi secoli fa: «la malattia rende piacevole la salute, la fame la sazietà, la fatica il riposo».

Questo potrebbe significare che anche le inquietudini possono assumere una valenza positiva, perché pur senza smettere di desiderare ci inducono a imparare ad apprezzare ciò che abbiamo ottenuto, lo stesso bene un tempo desiderato. E poi, denota Pasquarelli: «A chi molto chiede, molto manca».

Il testo, con tanti consigli per il lettore propenso a migliorare la propria esistenza, e per l’uomo che vuole riscoprire e custodire la propria interiorità, induce alla quiete, di cui il pensiero può essere il miglior reduce.

E infatti leggiamo che l’uomo saggio è un

tizio che non si fa condurre per mano da passioni ed emozioni istintive e si fa guidare da una mente calma e governata dalla maturità e dall’esperienza accumulate.

Quindi tutti noi possiamo diventare saggi, facendo il possibile per acquisire la serenità e l’equilibrio interiore che per l’autore si difendono «contenendo o ridimensionando gli atteggiamenti estremi, positivi o negativi che essi siano».

Gesù in prima persona ci ha insegnato esperienze e come prelevare sapienza, predicando: «Chi vuol essere il primo, si faccia ultimo e servo di tutti». Quindi offrendo il buon esempio non è difficile comprendere che dalle azioni è possibile muovere le redini per il nostro cammino. Del resto Giulio Cesare era il primo uomo che per primo scendeva in campo a combattere tra i nemici.

Il giornalista ci invita a conoscere il proprio io, perché dopo una perfetta consapevolezza appunto si può pensare a un eventuale miglioramento, al fine di non sbagliare, o al limite sbagliare di meno. Ognuno «non può invocare i condizionamenti subiti da altri» ed è assurdo anche fallire per pigrizia «nell’analizzare e approfondire».

Sostiene che tante cose possono mutare in una vita, ma un mestiere, un talento lo possediamo dentro, è nato con noi, per cui esso ci accompagnerà per tutta l’esistenza. E così vale anche per i valori che ci costruiamo. Essi se tali, resisteranno alle mode, e trasmetteranno certezze. E quando non sapremo come (e dove) cercare possiamo (dobbiamo!) attingere dalla cultura, intesa come «sapere accumulato» ed «esperienza sul campo della vita».

«Unus homo nihil est», sentenziavano i nostri avi, ovvero «un solo uomo non è nulla»; e senza alcun torto poiché guardando al vecchio bagaglio mnemonico, l’uomo comportandosi come se fosse solo, menziona il giornalista scrittore, «presto o tardi entra in crisi con se stesso, con la sua natura socievole, col suo rapporto con il prossimo».

Questo del Pasquarelli perciò non può non essere un invito a “imparare” a vivere, ad affidarsi alla forza singolare insita nell’umano. Allora Socrate aveva già compreso la giusta ratio:

colui che sa di non sapere si pone nella condizione ideale per cogliere la verità o il massimo possibile di verità.

I naturali sentieri alla tranquillità
Gianni Pasquarelli
Rubbettino
Pagine 148
Prezzo di copertina € 6,00

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist