Come si diventa poeti?

Sara, studentessa al liceo classico, mi ha inviato alcune poesie e mi ha chiesto se, a mio avviso, ha talento e come si diventa poeti. La giovane ha un linguaggio fresco, un buon senso del ritmo, la giusta sensibilità per scegliere le parole e unirle in un verso, in una strofa, in una lirica. Le ho risposto che madre natura le ha fatto dono dei semi e di un pezzetto di terra fertile, sulle rive del fiume della poesia. Le ho scritto che per essere così giovane, ha lavorato bene e qualche germoglio comincia a intravvedersi nel giardino del suo futuro. Però l’ho anche avvertita (lo faccio sempre, con i giovani poeti) che la poesia è una strada lunga, piena di ostacoli e curve insidiose, difficile. Si percorre il pezzo iniziale con l’entusiasmo di chi si innamora per la prima volta. Ma questa è passione, non è ancora poesia. Si ammirano i fiori degli altri giardini e si scelgono poeti affini, colpiti dalla profondità delle loro anime, dalla bellezza del loro canto. Li si cerca, li si imita, si ascolta la stessa musa. Si scrivono poesie con il cuore gonfio di emozioni e gli occhi pieni di lacrime. Ma questa è scuola, non è ancora poesia. Si chiude una parte di sé nel tempio della devozione, si impara a lavorare con la “lima”, si comincia a distinguere le luci incontaminate dei diamanti dai bagliori comuni del quarzo, del vetro. Ma questo è lavoro, non è ancora poesia. Si è stanchi. Si rinuncia. Ci si sente lontani dalla fonte del bello e del buono. Si esce dalla strada, ci si perde nel bosco delle parole, si affondano i piedi nel fango o nel pietrisco della vita. Si prega. Si urla. Si sente il canto diventare un lamento e poi uscire da sé, percorrere mille volte il giro del mondo, fino a trasformarsi in una raffica di vento tagliente che ci sferza il viso, ci getta a terra, ci fa a brandelli l’anima. Poveri, abbandonati, soli, derisi, emarginati come mentecatti, con le mani vuote e i piedi feriti per il tanto camminare, si alza per un attimo lo sguardo da terra e ci si accorge di essere ancora sul bordo della lunga strada. Però non ci sono più sassi, non ci sono più buche. Ed ecco, in fondo, la Città dei Poeti, con le sue guglie d’oro! Allora si sente rinascere nel proprio animo il canto e questa, Sara, è finalmente Poesia!

Roberto Malini

Poeta, scrittore e sceneggiatore