Finalmente liberi dal cibo – Renate Göckel

La parola bulimia etimologicamente deriva da greco, boulimía, composto di (bôus) “bue” e (limós) “fame”; come dire proprio  ‘fame da bue’.
Il termine indica un disturbo del comportamento alimentare: una persona ingurgita una quantità di cibo eccessiva ma poi ricorre a diversi metodi per riuscire a non metabolizzarlo e, quindi, per non ingrassare (vomito autoindotto, utilizzo di lassativi, purghe, digiuni e intenso esercizio).

Clinicamente la bulimia é rappresentata da episodi in cui il soggetto sente un bisogno compulsivo di ingerire spropositate quantità di cibo, seguito da una spiacevole sensazione di non essere capace di controllare il proprio comportamento.
La persona ha un atteggiamento compulsivo per ingerire il cibo e non il desiderio di mangiare.

Nell’ultimo ventennio, i disordini alimentari, anoressia e bulimia, sono aumentati, diventando una vera e propria emergenza di salute mentale.
Un tale comportamento e manifestazione della patologia deve essere studiata a fondo e indagare sulla situazione famigliare e sociale della persona. Insicurezza della persona con scarsa stima di sé, conflitti emozionale, difficoltà a relazionarsi, sfociano in depressione creando percezione errata della realtà, come anche la percezione distorta del peso e della propria immagine corporea. Quest’ultima condizione sopravvaluta il peso e determina la necessità di stabilirne controllarlo

La stima e la fiducia in sé, condizionata dalla forma fisica e dal peso corporeo, migliora con la soddisfazione di riuscire a restare a dieta e di mantenere il peso. Questa situazione e autocontrollo se instabile il paziente, affetto da bulimia rimane preda di episodi, sempre più frequenti, di abbuffamento, incapace di controllare la propria iperalimentazione. Durante la crisi bulimica, i cibi ingurgitati, generalmente ricchi in carboidrati e grassi, vengono assunti con grande rapidità e molte volte in segreto, al riparo dal temuto giudizio di occhi indiscreti, senza assaporarne il gusto.

Il rapporto con il cibo è palesemente alterato, carico di rabbia, di sensi di colpa, di aggressività, di frustazioni.

La diagnosi di bulimia è in genere più difficoltosa rispetto a quella dell’anoressia nervosa, perché i sintomi non sono visibili ed il peso corporeo non scende ai livelli di magrezza patologica che caratterizzano la privazione cronica di cibo.

È frequente negli adolescenti e nei giovani adulti. Colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile (90%). Compare attorno ai 12-14 anni (tarda preadolescenza) o nella prima età adulta (18-19 anni).

La situazione patologica porta a scompensi nutrizionali che possono avere ripercussioni negative sullo stato di salute; il vomito profuso e ripetuto in modo cronico e l’eventuale uso esasperato di lassativi espone il sistema gastrointestinale a stress considerevoli, mentre le perdite di elettroliti fondamentali per il corretto funzionamento dell’organismo (in particolare, il potassio) possono promuovere alterazioni del ritmo cardiaco, determinando in alcuni casi morte improvvisa per arresto cardiaco.

Se si sospetta la bulimia in una persona tenere in considerazione in modo semplice:

  1. L’eccessiva attenzione al cibo e al peso corporeo.
  2. Lo sviluppo di profondi sensi di colpa dopo un pasto abbondante.
  3. L’alternanza di eccessi alimentari e periodi di digiuno o di notevole restrizione calorica.
  4. Un sostanziale aumento del livello di attività fisica.
  5. L’uso ripetuto di lassativi o diuretici.
  6. Il recarsi in bagno subito dopo aver mangiato o durante il pasto.
  7. Il dimagrimento o il mantenimento di un peso corporeo stabile nonostante pasti  ipercalorici ripetuti.
  8. Un esaurimento insolitamente rapido delle scorte alimentari domestiche.

Per quanto concerne le terapie consigliate per la bulimia si fa riferimento a quelle impiegate per l’anoressia, tranne ovviamente per il regime alimentare. L’approccio terapeutico pluridisciplinare con l’ausilio dello psicoterapeuta, del neuropsichiatra, del nutrizionista, e spesso di altre figure diverse da caso a caso, è attualmente consigliato per contrastare tale patologia. Come farmaci si utilizzano la fluoxetina e in casi particolari la sibutramina. D’ausilio alle varie forme terapeutiche elencate si evidenzia spesso il ricorso ai gruppi di auto-mutuo-aiuto presenti attualmente anche all’interno di alcune strutture ospedaliere.

 

Finalmente liberi dal cibo
Renate Göckel
Feltrinelli, 2008
Pagine 164
Prezzo di copertina € 7,00

Graziella Rulli

Medico Medicina Generale

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