I ragazzi Burgess – Elizabeth Strout

I ragazzi Burgess sono Jim, Bob e Susan, tre fratelli nati in un piccolo paese del Maine, Shirley Falls. Diventando adulti, essi abbandonano quella piccola casa gialla in cui sono nati e quell’angolo di continente isolato. Ciascuno a scacciare i demoni di un passato che continua a tormentarli con il ricordo di un dramma familiare in cui ha perso la vita il loro padre. Jim e Bob si trasferiscono a New York, mentre nel Maine rimane solo Susan, la gemella di Bob. Ormai i tre fratelli sono sulla cinquantina: Jim è un avvocato di successo e uomo di grande popolarità mediatica; Bob, anch’egli avvocato, vive nel culto del fratello; Susan, abbandonata dal marito, è una donna sciatta e depressa.

La casa dei Burgess si trovava a un paio di chilometri dal centro della cittadina. Era piccola, ma quasi tutte le abitazioni di quella zona di Shirley Falls erano piccole, o comunque non grandi. Era una casa gialla, che sorgeva in cima a una collina, con un campo da un lato che in primavera era di un verde così vivido che ricordo di aver desiderato da bambina di essere una mucca, per poter ruminare tutto il giorno tra l’erba umida, tanto sembrava succulenta.

La narrazione prende spunto da una vicenda sgradevole che vede coinvolto Zachary, il figlio diciannovenne di Susan, che sta per essere arrestato per un crimine d’odio. Il ragazzo ha compiuto un gesto all’apparenza inspiegabile, gettando una testa di maiale all’interno di una moschea dove era riunita in preghiera la comunità somala del Maine. Tale evento riunisce la famiglia e costringe i componenti a confrontarsi con il trauma mai superato di quanto avvenuto anni prima.

Seduti al tavolo della cucina, i ragazzi Burgess riepilogarono gli eventi.

I ragazzi Burgess è un’opera divisa in quattro parti, dalla “partenza” forse un po’ lenta, che in seguito avvince sempre più il lettore e lo appassiona. Elizabeth Strout, l’autrice, è considerata una delle voci più importanti della letteratura americana contemporanea. È nata e vive nel Maine, quindi descrive un territorio che ben conosce. Il suo linguaggio semplice è accompagnato da una vena poetica che rende gradevoli le descrizioni.

L’opera si presenta come un’attenta riflessione sulla moderna società e sui conflitti razziali che esplodono all’interno di un microcosmo. L’attenzione viene posta sui problemi della Somalia e sull’infruttuoso intervento degli Stati Uniti. La popolazione emigrata incontra numerose difficoltà d’integrazione, essendo una comunità fiera delle proprie tradizioni e diffidente nei confronti degli americani. L’America contemporanea, in particolare, così come l’umanità in generale, si sottopongono all’occhio attento dell’autrice, mentre narra una storia in cui sono sapientemente alternate quotidianità e profonde riflessioni. Nessuno conosce mai veramente qualcuno, mentre tra le righe passa il messaggio di andare oltre i pregiudizi senza fermarsi alle apparenze, e accettare il fatto che non esista un modo perfetto di vivere.

Elizabeth Stout, Premio Pulizer nel 2009 per la raccolta di racconti Olive Kitteridge, ha impiegato sette anni a scrivere questo romanzo, perché inserendo la storia della comunità somala del Maine ha dovuto studiare, interagire e cercare di entrare nella mentalità di questa minoranza etnica.
I personaggi si rivelano lentamente, mettendo in luce l’impossibilità della perfezione, smascherando meccanismi sociali ipocriti e meschini. La Strout dà voce ad una realtà in cui il dialogo multiculturale non è ancora stato sperimentato, e in cui le pacifiche esistenze diventano preda di ataviche paure.

 

 

I ragazzi Burgess
Elizabeth Strout
Fazi, 2013
Pagine 448
Prezzo di copertina € 18,50

 

 

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa