La Bibbia d’Asfalto del poeta Enzo Lomanno

Il poeta Enzo Lomanno si racconta in questa intervista parlando di sé, dei poeti a cui è legato e citando una poesia a lui più vicina. Novità, passione per la scrittura e un modo diverso di fare poesia.

Cosa significa per lei la poesia?
È una domanda che spesso mi sono posto in questi anni, qual è il significato dello scrivere?
Il “contratto” nascosto che spinge un essere ad esternare il proprio inconscio attraverso le parole. Io credo che le motivazioni siano più di una e cronologicamente distanziate.
Il motivo, come la poesia stessa in effetti, dopo attenta introspezione, non sono “oggetti” statici, né sono due realtà differenti. Il motivo, che potremo chiamare azione, e il risultato, cioè la Poesia, sono un unico Essere in divenire. Una mutazione continua della volontà stessa. Anni fa, avrei risposto che il motivo per cui faccio Poesia è l’Arte, l’estetica, il suono, l’Ego. Oggi, con maturata visione di questa volontà, rispondo cercando di dare un senso cronologico ed essenziale a questa Azione. La poesia è il continuum spazio temporale dell’azione stessa. L’apporto che Noi diamo alla poesia è nullo, non è quello di Creatori, ma bensì di esecutori di una volontà che si capovolge, che esiste fin tanto che è detta, per poi di nuovo mutare ed evolvere in qualcosa di diverso. Quindi la poesia non si rappresenta attraverso me, ma sono io che rappresentato dalla poesia in ogni istante e in modo continuamente diverso.

Un poeta a cui è legato?
Anche qui, dipende dal momento. Ci sono diversi esecutori a cui io mi sono legato nell’arco della vita. In questo momento (che potrebbe cambiare nei prossimi istanti) è Vladimi Vladimirovič Majakovskij con diverse poesie tra cui spicca maggiormente In morte di Esenin.

E una poesia?
In Morte di Esenin di V. Majakovskij

Voi ve ne siete andato,
come suol dirsi,
all’altro mondo.
Il vuoto…
Volate,
fendendo le stelle.
Senza un acconto,
senza libagioni.
Sobrietà.
No, Esenin,
questo
non è dileggio, –
in gola
ho un groppo di pena,
non un ghigno.
Vedo
che con la mano recisa, esitando,
dondolate il sacco
delle vostre
Smettetela,
cessate!
Siete matto?
Lasciarsi
imbiancare
le guance
dal gesso mortale?
Proprio
voi che
sapevate sbizzarrirvi,
come nessun altro
a questo
Perché,
a che scopo?
L’incertezza ha provocato scompiglio.
I critici borbottano:
«Le cause
sono queste
e quelle,
e in specie
lo scarso affratellamento
per effetto
della molta birra e del molto vino».
Si dice
che se aveste sostituito
la bohème
con la classe,
la classe avrebbe influito su di voi
e non vi sareste più accapigliato.
Già, come se la classe
spegnesse la sete
col «kvas».
La classe
anche lei non scherza nel bere.
Si dice
che, a mettervi accanto
qualcuno di «Na postù»,
sareste diventato
assai più bravo
nel contenuto:
voi
avreste scritto
al giorno
centinaia di versi
stucchevoli
e lungagginosi,
come Doronin.
Ma, a parer mio,
se si fosse avverata
una tale incongruenza
vi sareste soppresso
ancor prima.
Meglio infatti
morire di vodka
che di tedio!
A noi
non sveleranno
i motivi della perdita
né il cappio
né il temperino.
Forse,
ci fosse stato
inchiostro all’«Angleterre»,
non avreste avuto ragione
di tagliarvi
le vene.
Gli epigoni si rallegrarono:
«Imitiamolo!»
Poco mancò
che un drappello di loro
non facesse di sé giustizia.
Perché
aumentare
il numero dei suicidi?
Meglio
accrescere
la produzione d’inchiostro!
Ora
per sempre
la lingua
è chiusa tra i denti.
È inopportuno
e penoso
coltivare i misteri.
Il popolo,
creatore del linguaggio,
ha perduto
un reboante
sbornione apprendista.
E c’è già chi porta
rottami di versi in suffragio
da precedenti
esequie,
quasi senza rifarli.
Nel tumulo
conficcano
pali di ottuse rime, –
è così
che bisogna onorare
un poeta?
Per voi non è stato sinora
fuso alcun monumento
dov’è
il bronzo squillante
o il granito a faccette? –
e già ai cancelli della memoria
poco per volta
hanno ammucchiato
le ciarpe delle dediche
e delle ricordanze.
Il vostro nome
nei fazzolettini è moccicato,
Sobinov sbava
la vostra parola
e canticchia
sotto una betullina stenta:
«O amico mio,
né un so-o-o-spir».
Eh,
poter discorrere altrimenti
con codesto
Leonid Lohengrinyč!
Potersi qui levare,
tonante attaccabrighe:
«Non vi permetto
di cincischiare
i miei versi!»
Poterli assordare
con un fischio a tre dita
contro la nonna
e Dio, la madre, l’anima!
Perché si disperda
l’inetta marmaglia,
gonfiando
come vele
un nuvolo di giacche,
perché
alla spicciolata
Kogan se la batta,
storpiando
i passanti
con le picche dei baffi.
Finora
il canagliume
s’è poco diradato.
Molto è il lavoro,
occorre fare in tempo.
Bisogna
dapprima
trasformare la vita
E, trasformata,
si potrà esaltarla.
Quest’epoca
è difficiletta per la penna.
Ma ditemi
voi,
sciancati e sciancate,
dove,
quando,
qual grande si è scelto
una strada
più battuta
e più facile?
La parola
è un condottiero
della forza umana.
March!
Che il tempo
esploda dietro a noi
come una selva di proiettili.
Ai vecchi giorni
il vento
riporti
solo
un garbuglio di capelli.
Per l’allegria
Il pianeta nostro
è poco attrezzato.
Bisogna
strappare
la gioia
ai giorni futuri.
In questa vita
non è difficile
Vivere
è di gran lunga più difficile.

Quando ha iniziato a scrivere?
Ho iniziato a scrivere in giovanissima età, per gioco come molti, intorno agli 11 anni
Dapprima in modo sporadico, poi sempre più intensamente

Qualcosa sul movimento “Bibbia d’Asfalto”?
Da qualche tempo (2012) ho aperto e coordino insieme ad Alessandra Piccoli e Vera Bonaccini un movimento di Giovani Voci – Bibbia d’Asfalto .Questo è un movimento che si pone al di fuori dai circoli letterari classici che si distingue dal penoso e ridondante autoreferenzialismo che ahimè imperversa nel panorama letterario italiano. Tutti i poeti di BdA (siamo in 25) scrivono e fanno scouting in rete, attraverso il nostro blog http://poesiaurbana.altervista.org/, alla ricerca di talenti nascosti, mortificati dall’Ego ciclopico dei grandi gruppi che invece di sostenere l’arte, renderla fruibile, attraverso gli strumenti che fortunatamente possiedono, uccidono, limitano e castrano il loro stesso significato. Con Bibbia d’Asfalto e Matisklo Edizioni (nostro partner editoriale) produciamo in risposta a tutto ciò, un quadrimestrale elettronico. All’interno di esso ci proponiamo di pubblicare Poeti interni ma sopratutto esterni al nostro gruppo, oltre che Fotografi, grafici, Interventi critici e molto altro. Siamo alla seconda uscita, ed il pubblico risponde fortunatamente bene, a questa ventata d’ aria nuova.

Tre aggettivi per descriversi?
Folle, intransigente e determinato

 

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice