La vita che dura per sempre, raccontata dalla scrittrice Patrizia Emilitri

Cosa siamo disposti a fare per vivere per sempre? E cosa siamo, invece, disposti a fare per non morire mai? Queste domande in apparenza simili vengono fuori e fanno da collante al libro che abbiamo già avuto il piacere di leggere in quanto uscito martedì 7 ottobre  La carezza leggera delle primule della scrittrice Patrizia Emilitri. Un testo che, come abbiamo visto, ci ha colpito per la diversità del personaggio principale, che abbiamo amato, odiato, ma anche e soprattutto invidiato per il coraggio, il riscatto sociale di cui si è fatto portavoce e del fatto che non è mai stato statico, ma in continuo divenire. La Clorinda della Emilitri è una donna coraggiosa che lavora su se stessa, e che non subisce nulla, anzi: progredisce. A lei è stata data l’opportunità di scegliere, di decidere della sua vita, e lo ha fatto. Poi è chiaro, ci sono scelte che devono invece rimanere là, nel cassetto, e non devono essere fatte, perché devono stare confinati nei meandri dell’infinito da cui provengono, in cui non è concesso intervenire.

Abbiamo fatto una chiacchierata con la scrittrice, che a 14 anni si è innamorata de Il buio oltre la siepe di Herper Lee, la quale è riuscita a dare vita persino a un albero e che ha saputo regalare ai suoi lettori tante sfaccettature della realtà per farne utile strumento di esperienze. La Emilitri, che non vuole credere nel destino, che promuove lo sforzo personale, la volontà di riuscire, di studiare, di seminare e che incita il riscatto sociale grazie allo spirito intellettuale ,interpretato nella sua Clorinda, ci ha regalato la possibilità di cogliere suggerimenti e strategie per vivere non in eterno, ma nell’equilibrio.

La trama è misteriosa e intrigante, come nasce?
Lo spunto l’ho avuto quando ho trovato il quaderno “alchemico” di mio nonno, in una scatola nella soffitta della casa di mia madre, in Trentino. Non potevo lasciare quel misterioso ricettario senza vita (misterioso per me, dato che non so perché mio nonno lo avesse scritto e conservato – e non posso più chiederlo perché mio nonno e mia madre non ci sono più).
Ho voluto dare un senso a quelle ricette, alcune delle quali riportate fedelmente (come creare i diamanti e la miscela di acqua per rendere bella la pelle), altre un po’ riviste giusto per colorare un po’ e divertire i miei lettori. Tra l’altro, quando l’ho trovato, mi sono stupita molto. Mio nonno era un geometra con la passione per la chimica, ma da lì alla ricetta per fabbricare pietre preziose…mah!
Così, dato che, per caso, o forse è stato il “destino”, mi stavo occupando di organizzare una serata sulla stregoneria, nell’evento del week end in giallo, dove hanno partecipato grandi scrittori del mistero, lo spunto è venuto da sé.

Clorinda è una persona che si odia e si ama, dalla forza incredibile e irresistibile, assomiglia a qualcuno di sua conoscenza?
La verità è che la forza di Clorinda, in molti momenti della vita, è quella che vorrei avere io. Ma è una personaggio immaginario. Lei è una donna che sa riscattarsi e che, in fondo, al di fuori dei legami di sangue crea delle amicizie, sa farsi amare e volere bene, dai più grandi ai più piccoli, così come dalla servitù alla nobiltà. Ella è capace di ricominciare da zero e lo ha fatto tante volte, e questa è una prerogativa delle donne, perché solo loro hanno il coraggio di mettersi in gioco riemergendo dalla sofferenza e dalla povertà.

Secondo lei, perché la donna è più feroce di un uomo? Quali sono le armi vincenti di una femmina, rispetto a un maschio?
Ne sono convinta. La donna è molto più feroce di un uomo, molto più vendicativa e non basta il tempo di una vita per cancellare un torto subito. Forse è la nostra stessa natura, noi siamo “programmate” per difendere la famiglia, i figli. Mia madre mi diceva  spesso: “ci sono cose che si perdonano ma non si dimenticano” ed è così, non dimentichiamo mai. Non so se questa è un’arma vincente per una donna , ma certo è che bisogna sempre temere la vendetta femminile.

Come mai pesa tanto la morte nel suo romanzo? Tanti personaggi sono intimoriti da essa, altri invece sono intimoriti dalla vita: la paura della morte quanto può incidere nella vita di una persona? E nella sua?
Questa è una bellissima domanda perché mi da modo di spiegare meglio questo libro. Con il quaderno e la strega mi è venuto in mente una possibile maledizione: vivere per sempre. Oppure, non morire mai. Letteralmente il senso è lo stesso, ma vivere e morire  no. Mai e sempre sono l’assoluto contrario. Quindi: meglio vivere per sempre o non morire mai? Accettare lo scorrere del tempo e accettare che la clessidra della nostra vita smetta di far scorrere sabbia o non morire mai e vivere per forza, a qualsiasi condizione? E a questa domanda ancora non ho una risposta, ma si sa, gli scrittori si riempiono di domande e non spesso di risposte. Ammetto che la morte non mi è simpatica. Non credo nella reincarnazione e se penso alla vita dopo la morte immagino solo uno spazio nero. Ma credo fermamente in ciò che ognuno di noi può lasciare dopo la morte, fosse anche solo il ricordo di un sorriso.

La fine del suo romanzo lascia perplessi, perché quando i nodi vengono al pettine e il segreto viene svelato si è di nuovo a un bivio: scegliere di vivere o di morire. Dopo l’esperienza che ci ha dato il libro qualcuno avrebbe scelto di morire, lei invece ha di nuovo dato posto alla vita, lasciando anche presupporre un seguito. Qual è il messaggio che ha voluto dare ai suoi lettori?
Il messaggio è che siamo umani e che la vita cerchiamo di tenerla stretta il più possibile. Ma la cosa più importante è il senso che dobbiamo darle. La vita è il bene più prezioso che possediamo e il tempo concesso l’opportunità di renderla unica.

Nel testo, alla domanda “meglio aver avuto la possibilità di vivere un grande amore a costo della sofferenza piuttosto che non averlo mai avuto” si preferisce per forza di cosa la seconda opzione, ovvero meglio non aver conosciuto l’amore vero. E lei invece cosa pensa? Che consiglio vorrebbe dare ai suoi lettori, ai posteri, circa il mistero di questo sentimento?
Esatto, il mistero dell’amore. Ma quale amore? Quello per se stessi, quello per una persona che ci resterà per sempre nell’anima, per i propri figli, per un amico? L’amore, in ogni sua espressione, è un sentimento talmente forte da cancellare anche la sofferenza per una delusione, per un tradimento. Lo penso davvero, l’amore provato resta sempre ben piantato in noi. Non amare significa non vivere.

Lei crede nell’amore descritto nei libri?
Assolutanente no. Specialmente l’amore raccontato e narrato dalle donne spesso è una proiezione di ciò che vorrebbero vivere loro, quindi quel principe azzurro velato di romanticismo, secondo me, non esiste. Diverso è quando a descrivere il sentimento è un uomo. Basta citare L’amore ai tempi del colera o tanti altri classici per capire la differenza, l’uomo da questo punto di vista è più veritiero, ma per la natura che lo distingue dalla donna, è più pratico, meno sognatore, quindi più capace.





Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist