Paolo Logli: le immagini che diventano narrativa

Paolo Logli venerdì 19 presenterà a Tivoli il suo libro Dura pioggia cadrà presso l’ex chiesa di San Michele, sita a Piazza delle Erbe. L’evento è stato organizzato dalla libreria La Porta Gialla, un piccolo luogo di ritrovo per tutti coloro che amano l’arte. Lo scrittore in anteprima ci ha concesso questa intervista parlando di sé e del suo libro.

Dura pioggia cadrà: un romanzo che incanta fin dalle prime pagine, come è nata l’idea di scrivere questa storia?
Mi è piovuta in mente l’immagine di Merlino che vive un’esistenza eterna, perché eterna è la sua missione, difendere la spada e trovare un nuovo leader degno di impugnarla, e non può abbandonarla. Ho cominciato ad immaginarmi questi 1600 anni di ricerche (le storie di Camelot sono ambientate più o meno nel 4° secolo) e mi sono detto che forse, dopo più di un millennio di ricerche infruttuose di un nuovo predestinato, l’eternità poteva cominciare ad andargli stretta, e la vecchiaia a non essere solo fonte di saggezza ma anche di disincanto. Da lì, immaginarmelo come un barbone alcolizzato, che custodisce però l’arma più potente della storia dell’umanità è stato un attimo. E la storia si è spalancata.  Allora ho cominciato a chiedermi cosa avrebbe potuto rimettere in pista un Merlino stanco, demotivato, abbandonato. Ho pensato al suo incontro coi compagni di un tempo. Ho pensato al momento in cui si sarebbe dovuto interrogare sui motivi per cui combattere di nuovo.

Fantasia e genere cavalleresco: perchè la scelta di questo genere letterario?
Sono un fan di Tolkien, ho letto tutti i romanzi della Spada di Shannara, ho amato La grotta di cristallo di Marion Zimmer Bradley, ma non credo che il motivo sia questo. Infatti, a mio parere, Dura pioggia cadrà non è un fantasy. Penso che la suggestione sia stata quella di creare un cortocircuito tra un genere nel quale pur con le sfumature che i più bravi sanno dare il bene e il male sono ben definiti e schierati, e il noir metropolitano, dove tutto è indistinto, dove tutti sono a modo loro dei loser, dove le domande esistenziali sono spesso angoscianti. Ed ecco, naturale, la scelta di una colonna sonora “rock” ed il titolo dylaniano.

Un personaggio del romanzo a cui è più legato?
Amo molto Parsifal. In lui c’è quella scanzonatezza che mi piacerebbe avere e spesso non ho, la leggerezza di porsi le domande per quel che sono e valgono e non per quel che gli altri ne penseranno. Inoltre la sua richiesta di ideale e di infinito è una richiesta semplice. Nel romanzo immagino che nella sua esistenza eterna sia stato, tra le altre identità, anche lo studente cinese che ha fronteggiato i carri armati a piazza Tien an men. Una capacità di prendere a calci la storia che gli invidio. Nella sua cialtronaggine (o almeno, in quel che sembra esserlo) Parsifal è in fondo quello che va più vicino al punto decisivo. Non a caso, il Graal ha scelto lui per farsi trovare.

La scrittura cosa rappresenta per lei?
Qualcosa che ho sempre fatto, che continuo a fare, e che mi stupisco che mi riesca così facile fare. Che poi anche i lettori siano soddisfatti, beh, quello è un altro paio di maniche. La scrittura in fondo è il mio modo di dire agli altri non tanto cosa so del mondo, ma le domande che mi faccio da sempre. Nella speranza che qualcuno suggerisca qualche risposta.

Uno scrittore che ama?
Molti, ma vorrei dire dei nomi italiani. Allora metto in fila Calvino, la sua capacità di immaginare mondi, Pavese, Pasolini, fondamentale nella mia formazione, Leopardi e Ariosto. Ultimamente sto lavorando su Orlando Furioso, per un progetto fantastico. Ariosto ha un grandissimo senso della storia, del distacco con cui guardarla, e soprattutto dell’ironia.

Le sue passioni oltre la scrittura?
La musica. Rispondo senza pensarci. Ho sognato di suonare, era un bel sogno, ma le mani non arrivavano a fare quel che la testa pensava. Allora ho cercato da una parte di rimanere vicino a chi la musica la fa, come regista di videoclip e di concerti, o come autore di testi teatrali, dall’altra di assorbire il ritmo dei suoni nel mio modo di scrivere. Obbiettivo impegnativo, a volte però ci riesco.

Poi, il cinema, che è poi il mio vero lavoro. Sono sceneggiatore, ho scritto più di 70 tra film e fiction tv, e qualcuno è stato anche premiato con premi prestigiosi. Tanto male forse non era, mi dico a volte.

Tre aggettivi per descriversi?
Eternamente insoddisfatto, tenace, sognatore.

Nuovi progetti?
Molti.
Due film di produzione italo americana, scritti con Alessandro Pondi, Riccardo Irrera, Mauro Graiani, un progetto tv.
Quel progetto su Orlando a cui mi sto appassionando molto, ma che per ora tengo per me… anche se forse qualche indizio in giro è trapelato. Posso dire che sarà una bomba.
Poi un altro romanzo, che probabilmente si intitolerà Quevivagarcia!.
Ma tutto questo… sempre che non mi ritrovi a scrivere il seguito di Dura pioggia cadrà, se i lettori lo vorranno.
Io la storia in testa ce l’ho già.

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice