Thomas Melis: se non c’è futuro perché preoccuparsi?

La generazione di oggi pare vittima degli errori di ieri. Pertanto i giovani si ritrovano a essere identificati come persone che non hanno abbastanza interesse a lottare. Figli del cosiddetto “benessere” si ritrovano anche ai margini, con una certa passività che malgrado incombe nessuno poi la prende a cuore. Un ebook abbastanza interessante e che racconta di personaggi che stanno in bilico tra l’onestà e la furbizia, tra la volontà di emergere con le proprie forze e quella che non serve perché tanto risulta inutile, è quello di Thomas Melis dal titolo A un passo dalla vita. Dopo aver letto il testo abbiamo incontrato l’autore che ci ha delineato un perfetto ritratto dell’attualità dal punto di vista sociale ed economico.

Come mai ha scelto di ritrarre la società ai margini, della depravazione, della sessualità, della droga, dei privè?
Ho scelto di occuparmi di questi argomenti perché la realtà che ci circonda ne è impregnata pesantemente. Basta aprire i giornali (e gli occhi) per averne un saggio. Prendiamo l’esempio della droga: secondo ricerche svolte da diverse università, la città in cui è ambientato il romanzo, Firenze, vede scorrere al suo interno un fiume, l’Arno, carico della droga consumata da molti suoi cittadini. Si parla di uno dei tassi più elevati d’Europa, paragonabile solo a quello di Londra: un dato estremamente allarmante. Se poi vogliamo dare un’occhiata al resto, la depravazione, la sessualità come mercimonio, possiamo accorgerci come, nel nostro Paese, sono, innanzitutto, le classi dirigenti a crogiolarsi negli eccessi. Parliamoci chiaro, la cultura del bunga bunga, come l’ho definita nel romanzo, è stata propagandata massicciamente dai mass media per tutto l’ultimo trentennio a favore delle generazioni più giovani, e non ha sicuramente svolto la funzione pedagogica di cui invece ci sarebbe stato bisogno. Oggi non facciamo che scontare gli enormi errori di ieri che, come italiani, ci stanno facendo pagare i fattori oggettivi della recessione globale a un prezzo salatissimo.

Chi rappresenta realmente Calisto?
Calisto rappresenta, appunto, il frutto di questa società degenere: uno di coloro che decidono di fare la scelta sbagliata. Un ragazzo con grandi doti intellettuali, che reagisce alla precarietà e alla miseria riservate agli appartenenti della generazione perduta, con violenza, divenendo un criminale. Egli è l’esempio più chiaro di quella subcultura, tutta italiana, che predica la furbizia, l’essere furbi, per ottenere risultati. Spesso mi chiedo come sarebbe andata se nel nostro Paese si fosse scelto di promuovere allo stesso modo la cultura del sacrificio…

Qual è il vero messaggio che vuole lanciare al pubblico con questo libro?
Innanzitutto, il mio romanzo contiene degli elementi che forniscono un quadro oggettivo sul perché la mia generazione abbia dovuto affrontare, la prima nel Dopoguerra, una crisi economica di tali dimensioni, che ha totalmente spazzato via ogni speranza di futuro per un buon numero dei suoi appartenenti. Nel corso del racconto, però, si apre una chiara divaricazione e la parabola dei personaggi dimostra che, alla fine, un’altra scelta è possibile e la vita presenta sempre il conto per le scelte intraprese non lasciando mai nulla impunito.

Chi sono i suoi autori e libri preferiti?
I miei autori di riferimento sono i principali rappresentanti di quello che viene definito New Italian Epic: il Collettivo Wu Ming, Giancarlo De Cataldo e lo stesso Saviano. Ho poi una certa passione, evidente visto il genere del mio libro, per i romanzi Noir/Hard Boiled, sia nazionali, come quelli di Carlotto, sia internazionali con maestri statunitensi come Don Wislow, ma anche latinoamericani come Pedro Juan Gutiérrez. Per quanto riguarda i miei libri preferiti tendo a fare una distinzione netta tra la narrativa, in cui inserirei 54 del Wu Ming e la serie Romanzo Criminale/Nelle mani giuste/Suburra di De Cataldo, e la teoria politica, che ugualmente ha influenzato molto il mio lavoro e mi ha fornito spunti e idee. In questo novero inserirei il De Cive di Hobbes, Il Principe di Machiavelli e, soprattutto, La ribellione delle masse di José Ortega y Gasset, il teorizzatore della massificazione della società e del trionfo della mediocrità.

Che tipo di scrittore si definisce? Com’è nato il suo romanzo?
Mi definisco uno scrittore esordiente, con tutti i limiti e le ingenuità che questa definizione comporta. Una cosa che non vorrò mai essere, però, è uno scrittore da intrattenimento. Se continuerò questa strada, cercherò di farlo utilizzando la scrittura come mezzo per diffondere un messaggio e non semplicemente come strumento per intrattenere il lettore.
Il romanzo era dentro la mia testa da diversi anni, solo che non ero ancora tecnicamente in grado di scriverlo. Grazie alla mia attività professionale nel campo della consulenza aziendale e pubblica, che ha comportato l’utilizzo quotidiano della scrittura per un periodo piuttosto lungo, e alla collaborazione con alcune testate giornalistiche, sono riuscito ad affinare le mie competenze teoriche e a unirle a quelle tecniche racchiudendo l’idea che avevo in testa in quello che poi è diventato A un passo dalla vita.

Cosa pensa della società odierna?
Penso che abbia perso la direzione e navighi a vista verso un futuro sempre più ignoto. A prescindere dai pensieri espressi sulla società italiana, spero sia chiaro a tutti che viviamo in un mondo completamente soggiogato alla finanza internazionale. L’economia globale, che un tempo si basava sulla produzione e il commercio di prodotti tangibili, è oggi totalmente scollegata dalla realtà materiale e ondeggia periodicamente, con violenza, in balia di una speculazione finanziaria completamente digitale, fondata su numeri che non hanno alcun riscontro sul territorio. Quando arriverà la prossima crisi? Sarà gestibile o ci spazzerà via? Ancora una volta, è sufficiente basarsi sui fatti oggettivi: come si può mettere un freno a un mercato da 600 trilioni di dollari che in una settimana ha messo in ginocchio un colosso come la Russia di Putin. In Italia poi abbiamo il problema della criminalità organizzata e del suo dominio sull’economia, elemento affrontato anche dal romanzo, stiamo parlando di un giro di miliardi pari all’8% del PIL nazionale che si riversa con violenza su diverse parti del paese inquinando il mercato legale. Questo stato di incertezza permanente, spinge la società – specialmente una società in crisi profonda come quella italiana – a produrre l’edonismo sfrenato di cui i personaggi di A un passo dalla vita sono campioni: se non c’è futuro perché preoccuparsi?

Secondo lei in che modo si può cambiare per vivere meglio? Perché ha deciso di optare per la solitudine di Calisto a un passo dalla vita?
Credo che la moltiplicazione della negatività, che Calisto e i suoi sodali scelgono quale soluzione dei loro problemi, sia la fonte dei pericoli più grandi. Per questo motivo ho voluto inserire nella storia personaggi opposti, personaggi puliti, che non possiedono i soldi e le ricchezze a cui il gruppo di Calisto ambisce ma hanno un motivo per andare avanti nella vita e delle soddisfazioni che non hanno prezzo. Scegliere il bene nella vita di tutti i giorni, però, non risolverà questa crisi e non produrrà posti di lavoro senza i quali la situazione non può che peggiorare. Per questo ci sarebbe bisogno di ben altro, occorrerebbe una classe dirigente globale di una qualità che, di questi tempi, non pare intravedersi presso le cancellerie mondiali.
La solitudine di Calisto, invece, è frutto della coscienza, braccata dai sensi di colpa che, lo tormenta riapparendo quotidianamente. La sua intelligenza lo mette nelle condizioni di comprendere in quale direzione stia procedendo, ma la mediocrità in cui si culla – lo stare sempre a un passo dalla vita – lo porta comunque a scegliere la soluzione più semplice e priva di sacrificio. È a causa dello stare costantemente a un passo dalla vita che Calisto brucia le possibilità che la natura gli aveva fornito, rendendolo speciale, e sceglie, più o meno consapevolmente, di affondare senza speranza nell’inferno riservato alla sua generazione.

 

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist