Ivan Talarico: la poesia paradossale
La scrittura di Ivan Talarico è surreale, noi lo abbiamo conosciuto attraverso la sua silloge Ogni giorno di felicità è una poesia che muore, dove ha parlato di “astrazioni e distrazioni, d’incanti e disincanti”. Usa la parola mai a caso, del resto si occupa di musica e di teatro, dunque la collocazione di ogni sillaba all’interno di una parola assume un significato ben preciso. Incontrandolo ci ha raccontato di umorismo, del “sorriso beffardo” e di come è possibile lasciarsi vivere piuttosto che viversi ostinatamente.
Dalla sua silloge apprendiamo che si occupa di spettacoli e musica “paradossali”: cosa è il paradossale?
È l’estrema unzione del ragionamento. L’unico modo per far scivolare la logica nella vita.
L’umorismo in poesia: cos’è? Come si manifesta? A che pro?
Per me l’umorismo è sempre involontario, soprattutto in poesia. Si manifesta come una vaga forma di ironia, un sorriso beffardo che non vuole limitare le possibilità infinite di espansione del reale. O a volte vuol chiudere le parentesi fumose del pensiero.
Secondo lei cosa c’è oltre la realtà?
Un’altra realtà. E dietro un’altra ancora. Mondi inesplorati. Basta solo avere occhi e guardar bene.
In che modo si può vivere al meglio?
Forse basterebbe lasciarsi vivere invece che viversi ostinatamente. O abituarsi a morire di tanto in tanto, senza prenderci gusto.
Oggi la scrittura è accessibile a tutti, in che modo possiamo scegliere quella di qualità?
Scegliendo quella cresciuta nei pascoli più verdi, allevata con i mangimi migliori e selezionata con amore per noi.
Chi sono i suoi scrittori preferiti e i libri?
I miei scrittori preferiti sono tutti morti, purtroppo. E i libri preferiti già letti.
Cosa vorrebbe lasciare ai posteri?
Mi piacerebbe lasciare un retrogusto di rabarbaro. Vorrei che in futuro chiunque sentisse, dopo un sorriso o un pensiero, un vago sapore di rabarbaro sul fondo della bocca, pensasse a me.
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