Luca Buonaguidi: i versi oltre la realtà

Filosofia, psicologia, fenomenologia, poesia e tanto altro nelle opere di Luca Buonaguidi: uno scrittore eccentrico e poliedrico, che abbiamo conosciuto attraverso la lettura di Ho parlato alle parole . Si tratta di un poeta che comunica nei versi quello che c’è oltre la realtà, dunque “invisibile agli occhi”. Lo abbiamo incontrato, e ancora una volta, con le sue parole, ci ha affascinato raccontandoci di un mondo naturale, ma percettibile a pochi eletti che sanno ascoltare con le orecchie sensibili.

Lei ha dato voce alla parola come dialogo, come mai questa scelta?
Tutto è iniziato da un verso di Vittorio Reta, un grande poeta autore di un unico libro uscito nel 1976 e morto suicida l’anno seguente, Visas, un testo che per me è stato come un pugno in faccia: «So che al mio silenzio non ho avuto risposta perché non miravo mai al centro».  Parallelamente mi stavo laureando e intrapresi una ricerca sulla psicologia dell’ispirazione poetica che è sempre stata molto più di una tesi universitaria e a cui infatti continuo a lavorare. Mi ero reso conto di una unica fondamentale verità intorno a questo enigma, ciò che Franco Loi esprime con un verso: «Se io parlo non so chi è il parlare» e che mi confermò di persona quando ebbi la fortuna di incontrarlo e mi disse che non si era mai considerato l’autore delle sue poesie, ma era sempre stato «amanuense di Qualcuno». Ho poi studiato per anni tutto ciò che riguarda la fenomenologia della cosa poetica ed è stato naturale proseguire poi questa interrogazione in seduta intima come quella della scrittura poetica, lambendo la sostanza stessa delle parole e spingendomi un po’ più in là di quello che è permesso a una ricerca con crismi di oggettività scientifica. Per questo motivo, e nonostante l’eterogeneità di temi che il libro tocca a dispetto di un titolo così assolutizzante, più che un libro di parole Ho parlato alle parole è un libro intorno alla parole e sono lieto quando qualcuno lo legge non tanto come una raccolta di poesie a tema, quanto come una esplorazione sul tema in cui poi ogni interpretazione è legittima come in ogni poesia.

Differenza tra narrativa e poesia per uno scrittore? Chi la ispira per comporre versi?
Se la prosa è una struttura creata dall’uomo, la poesia è creata da Dio o almeno è in questo senso che Zanzotto diceva che «la poesia non si costruisce, vi si attinge», mentre “la prosa”, secondo Brodskij, «è la continuazione della poesia con altri mezzi». Dunque uno scrittore sa che si può fare grande poesia senza narrativa ma non viceversa; per questo ciò che ci colpisce maggiormente della narrativa è la sua poeticità. Poi c’è una evidenza storica che non si può ignorare: la prosa è una contrazione di elementi poetici («mi bolle il sangue nel core» diventa semplicemente “ira”), una svolta comunicativa della parola dettata dall’economia del linguaggio. La poesia precede la scrittura e solo a partire da quest’ultima la parola non fu più al servizio esclusivo del canto, da quando gli antichi imperi babilonesi iniziarono ad usarla per comunicare informazioni concrete che regolassero la vita civile. Questo accadde perché la poesia non aveva, né ha oggi, lo scopo di comunicare. Anzi si può affermare che la poesia come stilema all’interna del più vasto campo delle arti è l’applicare quel velo che trasfigura il reale e anzi ostacola una facile comunicazione, un filtro che amplifica le frequenze più impercettibili di una musica infinita, quelle non distinguibili nettamente, quel “rumore dell’esistenza” a cui ogni poeta dovrebbe tendere l’orecchio.

Qual è il messaggio che vuole dare al pubblico?
Nessuno in particolare. La mia volontà è di testimonianza, non di persuasione né di affermazione.

Il suo libro preferito?
Non saprei. Troppi libri che sospetto possano diventare il mio preferito di volta in volta sono ancora da leggere. Tra qualche dozzina di anni e migliaia di libri forse sarò capace di dare una risposta a questa domanda.

Chi è Luca Buonaguidi nella quotidianità, di cosa si occupa?
Un appassionato, non tanto come aggettivazione ma come atteggiamento verso la vita, che da un anno e mezzo vive sull’appennino tosco-emiliano in un piccolo paesino in mezzo alle montagne, lavora in una comunità terapeutica, vive di musica, cinema e libri e passa il suo tempo libero a studiare e a scrivere, aggiornando infine chi è interessato allo stato delle sue passioni sul suo blog anarcoautistico www.carusopascoski.com.

In che modo è possibile vivere al meglio l’esistenza, secondo lei?
Scoprire il mondo, accettarlo per ciò che è e non soltanto cambiarlo.

Prossime pubblicazione? Cosa vorrebbe fare “da grande”?
Le mie prossime pubblicazioni sono: il diario di viaggio in versi India – complice il silenzio, testimonianza poetica di un viaggio semestrale intrapreso in solitaria e via terra attraverso Sri Lanka, India, Bhutan, Nepal, che uscirà per i tipi di Italic Pequod in primavera; un saggio di psicologia, filosofia e antropologia del linguaggio poetico dal titolo Poesia e Psiche – L’enigma, la storia e l’incontro del mondo poetico con la psicologia col contributo di poeti, psicologi e filosofi autorevoli che saprete quando verrà il momento; la biografia immaginale della storica band Franti, Franti. Perché era lì. Antistorie da una band non classificata, col collettivo di scrittura Cani Bastardi e tante altre belle collaborazioni; un poema di cui custodisce gelosamente i contenuti ma non il titolo provvisorio Poeta perché tutti suonavano già la chitarra; l’opera multimediale Alphabet Series/Salvezza che cade col pittore belga Pol Bonduelle ed altre già non più eventuali ma necessariamente futuribili.
Sto scrivendo tantissimo, spero anche di scrivere bene. Mi accontenterei di questo e di essere un buon essere umano. Il resto accoglierlo come un dono.

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist