La fine del mondo storto – Mauro Corona

Sono decenni che ecologisti, metereologi, studiosi dell’energia e dell’impatto che i nostri attuali modelli di vita hanno sull’ambiente affollano giornali, televisioni e riviste specialistiche con i loro contributi e con allarmanti previsioni di collasso: c’è chi si mobilita, chi tenta nel suo piccolo di limitare i danni, chi sceglie di impostare la sua esistenza secondo un’etica di “sostenibilità”.
Poi ci sono i romanzi e i film alla Io sono leggenda (ricordate quel simpatico ragazzo e il suo cane all’indomani dell’Apocalisse, girare per le strade vuote di una New York ormai irriconoscibile?), che tramite trovate più o meno radicali immaginano e danno vita a scenari ipotetici, realtà potenziali.
Il saggio-fiaba di Mauro Corona, La fine del mondo storto, si colloca in questo filone, salvo che invece di cimentarsi con albe zombie, epidemie sterminatrici o atmosfere notturne che si tingono di puntate nel paranormale come nell’inquietantissimo Le invenzioni della notte dell’austriaco Thomas Glavinic, nel quale il protagonista Jonas si sveglia un mattino scoprendo che la televisione non va, internet non funziona, e l’intera umanità si è volatilizzata, sceglie di porre l’attenzione non sulla scomparsa dell’uomo, ma sulla scomparsa delle fonti di energia. E allora via il petrolio, via il carbone, via l’elettricità: non c’è più nulla che possa alimentare, accendere, far funzionare, scaldare artificialmente gli oggetti dei quali l’uomo, nelle condizioni del mondo odierne, non sa assolutamente fare a meno.

L’autore non fornisce alcuna spiegazione del cataclisma, semplicemente un giorno il mondo si sveglia privo di fonti di energia, sull’iniziare dell’inverno: le città e le campagne piombano nel gelo e nel buio, iniziano lotte per la sopravvivenza, non si sa come scaldarsi, come curarsi e cosa mangiare. Il benessere delle moderne nazioni fondate sul welfare, sulle tecnologie avanzate, sullo spreco e sul superfluo è stato improvvisamente cancellato, e l’uomo, inteso proprio come animale della specie uomo, mette in atto le sue strategie per adattarsi.
Lo stile con cui tutto ciò è raccontato è quanto di più scarno, secco e diretto si possa concepire: una scrittura rapida, a tratti ripetitiva come certe epiche reiteranti epiteti e modi di dire, priva di qualsiasi velleità letteraria. Verrebbe da dire un libro più parlato che scritto, nel quale si riconoscono chiare ascendenze di una tradizione schietta, popolare, che non sdegna momentanee incursioni nel turpiloquio ma che ci riserva alle volte autentici condensati di saggezza.

I maggiori punti di forza del libro, a parte il suo riuscire a scrivere cose che molti non hanno il pudore di dire – o di immaginare, come ad esempio la surreale visione di una Mondadori trasformata in primitivo caseificio, con le capre e i maiali che scorrazzano nelle sale riunione –, sono l’intermittente vena satirica, la franchezza, e la parte in cui si descrivono rievocandoli gli antichi usi di campagna e di montagna, un portato di sapienza popolare, di abilità tecnica, di capacità di comprendere e sfruttare la natura senza stravolgerla.
Se si riesce a vincere il potenziale disorientamento che l’andamento apodittico, sentenzioso, iperpersonale di questa scrittura provoca nel lettore, il guadagno è la riflessione su quel che l’uomo ha perso scegliendo di affidarsi sempre più alla meccanizzazione, ma anche e soprattutto sui suoi atavici pregi e difetti, quelli che gli hanno permesso di sopravvivere e di dominare, quelli che lo spingono secolo dopo secolo più vicino all’estinzione.

Che fine faranno mai scrittori, giornalisti, manager, critici letterari, veline e miliardari, cronisti televisivi, professori, ladri, preti, vescovi e criminali, nel mondo post apocalittico che l’autore ci propone? Chi è curioso potrà trovare, tra le pagine de La fine del mondo storto, la risposta che una voce fuori dal coro ha deciso di dedicarci.

 

La fine del mondo storto
Mauro Corona
Mondadori, 2012
Pagine 160
Prezzo di copertina € 13,00

Teodora Dominici

Articolista, collaboratrice editoriale free-lance e scrittrice in pectore