Smettere di lavorare – Francesco Narmenni

Alzi la mano chi una volta nella vita ha pensato di smettere di lavorare e mandare tutto a quel paese per cambiar vita! Credo che questa riflessione oggi, figli dello stress cittadino, la facciamo piuttosto spesso. Però non è detto che resti confinata a un solo pensiero, infatti c’è chi ha fatto davvero questa scelta, ne avevo sentito parlare quando avevo letto Adesso Basta di Simone Perotti, un tipo che aveva lasciato la sua carriera manageriale per dedicarsi alla sua libertà e scatenare una rivoluzione interiore, un downshifting (scalare la marcia, rallentar il ritmo). Ma negli anni non è stato il solo a seguire questo istinto, ultimamente c’è in giro nelle librerie Smettere di lavorare, di Francesco Narmenni che ha riassunto il suo stile di vita conosciuto ai più attraverso il suo blog che ha lo stesso titolo del libro http://www.smetteredilavorare.it Un testo dai contenuti importanti, che richiamano un po’ quella materia che si studiava tra i banchi di scuola denominata Economia domestica. Un taccuino da tenere sul comodino o portare con sé dentro la borsa e consultare momento dopo momento perché siamo troppo sottomessi alla società del consumismo.

Di cosa parla esattamente? Racconta di come è possibile risparmiare e dare valore al proprio denaro, cosa molto comune nelle famiglie delle nostre nonne, oggi invece cosa “sorpassata” dalla moda perché la parola risparmio sembra disonorevole! Ma siamo sicuri che spendendo e andando dietro alla moda diventiamo felici?

Vedo mia moglie e mia figlia, quando la mattina facciamo colazione tutti assieme con il pane fatto in casa, quando raccolgo la verdura dall’orto e mi riscaldo davanti al focolare mentre nevica. Penso a quando andiamo al lago a fare il bagno, a quando vado a funghi la mattina presto o a tagliare la legna del bosco. Queste azioni non producono PIL, non fanno aumentare la produzione di niente, anzi la diminuiscono, perché non compero il pane, non acquisto la verdura o i funghi e consumo meno metano. Eppure mi danno benessere, mi rendono felice e mi fanno vivere bene.

Avere questo libro tra le mani mi ha rincuorato tanto, mi ha fatto sentire meno aliena, perché anch’io, a 35 anni, faccio il pane in casa, per il solo piacere di sentire il profumo che emana dal forno, di spezzarlo tra le mani quando è ancora caldo e gustarlo ricordando i tempi di quando ero bambina, e ogni volta che si faceva il pane in campagna era un giorno di festa. Oggi tutto questo non accade, perché la felicità ce la impone la pubblicità, il consumismo, e sentire parlare di qualcuno che vuole risparmiare perché vuole dare valore al denaro diventa oggetto di derisione. Siamo arrivati davvero a un punto critico, la gente preferisce adeguarsi ai metodi imposti dalla moda, e non sa nemmeno da dove proviene un uovo perché non ha mai visto una gallina dal vivo.

Guardavo in faccia i dirigenti della mia azienda, quelli che a scuola erano bravi e si distinguevano; oggi guadagnano 5000 o 15.000 euro al mese, facce scure di chi ha sempre preoccupazioni per la testa, ansiosi individui che si muovono con sospetto per i corridoi. Devono continuamente dimostrare di essere all’altezza del ruolo, vestiti come se si stessero per sposare. Parlano tra di loro interrompendosi vicendevolmente, tesi come corde di violino, non ascoltano, vogliono solo prevalere. Mai visti ridere di gusto, se non a qualche cena aziendale dopo un bicchiere di troppo, comunque goffi e capacissimi di rendersi ridicoli per pochi centilitri di alcol in corpo. Si vede che non sono abituati a fare festa tutta la notte con gli amici: da brilli non contengono il loro vero io, totalmente diverso dal ruolo che cercano di coprire. Sono finti, lontani anni luce da serenità e spensieratezza. A volte li osservavo e mi chiedevo se alzassero mai la testa e sprecassero qualche minuto a osservare il verde delle meravigliose montagne che esplode fuori dalle finestre dei loro tristi uffici.

Smettere di lavorare è una guida per la gente di oggi che prende anche 5mila euro ogni 30 giorni e non arriva a fine mese, perché nemmeno ci prova a farsi i conti in casa; è una guida per quelle famiglie fantasma che vivono in funzione dell’amico che fa le vacanze e che si sente inadeguata, quindi preferisce indebitarsi pur di sentirsi alla pari e fare quello che la società richiede. Smettere di lavorare non è una rinuncia al lavoro, ma si propone a creare la propria felicità sulle fondamenta importanti, che possono essere un lavoro gratificante ma che non per forza richiede 24 ore no stop. Si propone come una guida a concepire poco importante un bene di consumo, ci aiuta a comprendere quante cose inutili compriamo e che servono solo a non “scomparire” con i nostri amici.

Un libro che mi è piaciuto molto, perché “istruisce” in che modo far fruttare le nostre passioni, ma quelle vere, senza imposizioni che ci introducono in quel meccanismo di sottomissione mediatica.

 

Smettere di lavorare. Cambiare vita, guadagnare risparmiando, far fruttare le proprie passioni, vivere bene con poco, trasferirsi all’estero
Francesco Narmenni
Il punto d’incontro, 2015
Pagine 236
Prezzo di copertina € 12,90

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist