Dall’esercito all’editoria: Daniele Amitrano

Quando l’intreccio del racconto coincide con i fatti personali viene fuori un romanzo abbastanza realistico: è quello che accade in Figli dello stesso fango, dove l’autore racconta storie poco piacevoli, che suscitano commozione e tanto dolore. Daniele Amitrano ci parla di sé, anticipandoci qualcosa sulla sua prossima uscita.

Figli dello stesso fango: come è nata l’idea di scriverlo?
L’idea di scriverlo nasce da fatti accaduti nella realtà che desideravo raccontarli in un romanzo, come ad esempio la morte di un mio carissimo amico, a soli 26 anni, per presunta overdose.
Ma anche una realtà familiare in cui si convive con un fratello disabile (ammalato di schizofrenia) e si è praticamente lasciati soli a se stessi dalle istituzioni.

Una frase del tuo libro a cui sei più legato?
In realtà ce ne sarebbero due che secondo me sono emblematiche e raccolgono in pieno il senso di tutto il romanzo.
«E quando il tormento si trasforma in realtà, è la realtà stessa che vive di sogni».
«Volevo dominare il mondo ma non mi accorgevo di essere dominato…».
La prima descrive l’inquietudine, la malinconia, il continuo rincorrere i sogni da parte dei personaggi.
La seconda racchiude il colpo di scena finale, il coupe de theatre, come qualche lettore l’ha descritto.

Il pubblico come risponde ai tuo libri?
Finora molto positivamente. Qualcuno ha scritto:
«Scorrevole, piacevole nella lettura che scivola veloce pagina dopo pagina…fino alla 131: ecco li il respiro si ferma, non sono riuscita a trattenere le lacrime…e poi ancora oltre fino alla fine. Sei riuscito a trasmettere il senso di smarrimento, di perdita di se stessi che la malattia mentale comporta…. “volevo dominare il mondo ma non mi accorgevo di essere dominato”: sono certa che tutti, almeno una volta nella vita, ci ritroviamo in questa considerazione… Che dire, felicissima di avere anche il tuo libro e le sue pagine nella mia vita di accanita lettrice!»

Scrivere cosa significa per te?
Scrivere per me vuol dire entrare in un universo parallelo. Quando scrivo mi sento un altro. E quando rileggo cosa ho scritto mi chiedo: “Ma davvero l’ho scritto io?”

Tre aggettivi per descriverti?
Solare, irriverente, malinconico.

Progetti futuri?
Sto scrivendo un nuovo romanzo, tratto da un fatto di cronaca volutamente depistato e insabbiato dallo Stato.
Infatti una delle frasi ad effetto del prologo recita così:
«Ci sono storie che vengono appositamente manipolate per diventare casi di stato. E poi, ci sono dei veri e propri casi di stato che vengono fatti passare per storie normali.”
Ovviamente per ora non posso dirvi quale sia questo fatto di cronaca».

 

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice