Ci vediamo a Venezia – Suzanne Ma

Oggigiorno tutti gli occhi sono puntati sulla Cina e sulla sua crescita esplosiva: occhi che guardano, soprattutto se appartenenti a occidentali, con sorpresa, con sospetto, talvolta con vera preoccupazione. Senza che si arrivi a definire il fenomeno con i toni demagogici di certa stampa che vorrebbe proseguire la campagna allarmistica contro il “pericolo giallo”, possiamo in effetti affermare che l’immigrazione di intere famiglie provenienti dalla Cina e dirette in Europa allo scopo di lavorare, emanciparsi e ricostruirsi una vita è un fenomeno ben documentato, visibile con i nostri occhi, una realtà con cui facciamo i conti ogni volta che passiamo in certi quartieri, ogni volta che saliamo su un mezzo pubblico, ogni volta che gettiamo gli occhi sull’etichetta di un qualsiasi capo di abbigliamento, acquistato di sicuro a prezzo vantaggioso.

Ma cosa c’è dietro questa realtà? Perché scrittori come Saviano si sono sentiti in dovere di inserire nelle loro opere parentesi riguardanti il comune mito italiano che “i cinesi non muoiono mai”? Chi sono questi cinesi “tutti uguali” che spuntano come margherite nelle periferie delle nostre città, aprendo negozi nei quali è possibile trovare qualsiasi cosa creata?
Suzanne Ma, giornalista e reporter per la Associated Press di New York, pubblica per Giunti un libro decisamente innovativo, che risponde a queste domande e anche a molte altre, e che racchiude il pregio raro di avvicinare l’una all’altra due culture, con naturalezza.
Ci vediamo a Venezia, la storia vera di una ragazza cinese che arriva in Italia col sogno di trovare un lavoro col quale provvederà ad allegerire le fatiche dei propri genitori, è stato preceduto da un lungo lavoro sul campo, ed è stato in parte finanziato dalla Pulitzer Traveling Fellowship.

Suzanne, giornalista canadese di origini cinesi, ha le sue radici proprio nella cittadina dove è nata la sua protagonista, la giovane Ye Pei. E grazie alle proprie ricerche, ai propri viaggi attraverso Cina, Europa e America, è riuscita a raccogliere in questo suo primo libro alcune testimonianze su un paese che conta 300 anni di storia di emigrazione, cercando di comprendere attraverso il confronto diretto con le persone cosa spinga i cinesi a emigrare in nazioni straniere dove saranno guardati con sospetto, dove dovranno imparare lingue estranee e difficili, lavorare duramente, accettando la separazione dai propri familiari.

Ye Pei in Cina ha tutto, una vita che le piace, un ragazzo, delle abitudini, degli hobbies, ma sceglierà di raggiungere la madre a Venezia per lavorare, sull’onda di una romantica fantasticheria fatta di gondole, di canali, di magiche atmosfere lagunari. Quando scoprirà che la madre non lavora affatto a Venezia, ma in una fabbrica lontana dalla città, si scontrerà per la prima volta con il mondo reale, ma anziché gettare la spugna rafforzerà la propria determinazione a farcela, a costruirsi un futuro.

Ci vediamo a Venezia non è un romanzo, è un lavoro giornalistico di stampo saggistico, scritto con limpidezza e competenza. Eppure ha il movimento della narrativa: forse perché l’autrice, la cui voce è molto poco invasiva, dimostra una spiccata sensibilità per le sfaccettature psicologiche.
Una maniera molto poco occidentale di raccontare le cose, una maniera lontana dal protagonismo e dal carisma di certe voci, ma che sa entrare dappertutto, vedere tutto, cogliere e salvare il dettaglio, che si fa in tal modo simbolo di qualcosa.
Ci si rende conto che non tutte le storie di migranti devono essere come quella raccontata, ce ne saranno di peggiori, di più controverse, di più compromesse: ma oltre a fornirci un eclettico ed enciclopedico compendio della cultura cinese dalle sue origini sino ad oggi, Ci vediamo a Venezia fa un’altra cosa. Ci parla di mondi dei quali non sappiamo niente. Ci racconta di esigenze e strutture di pensiero che esulano dal nostro sistema di valori. Ci parla di uomini che sembrano un momento così alieni e un momento così vicini. Ci pianta in mezzo a vite anomale che altri vivono come fossero normali. Ci irrita, talvolta, perché pone l’accento sulle belle cose che i cinesi han fatto nella storia e fa vedere a noi l’Italia vista da costoro, adoratori del “dio dollaro”. Ci porta senza alcuna esitazione dentro alle aspirazioni, alle delusioni, alle fatiche e alle conquiste di un’adolescente, e ci porta anche dentro agli imbrogli e alle carte false che i migranti fanno per essere accettati dai paesi ospiti. E lo fa con questa voce che è precisa, e a volte anche poco giudicante, e in una lingua semplice, che va spedita, e con un bell’intento, che se abbiamo visto giusto è quello di documentare, certo, ma anche e forse soprattutto quello di offrire uno strumento accessibile a tutti per aprire la mente, anche di fronte a persone che sembrano così diverse.

 

Ci vediamo a Venezia
Suzanne Ma
Giunti, 2015
Pagine 288
Prezzo di copertina € 14,90

Teodora Dominici

Articolista, collaboratrice editoriale free-lance e scrittrice in pectore