Il sesso inutile – Oriana Fallaci

Le donne occidentali sono felici? O, meglio: sono più felici di quelle orientali che ad esempio portano il burqa? Ci siamo mai chiesti a cosa è dovuta la felicità della donna? O se la sottomissione può essere indice di sofferenza o adeguamento che in fondo può anche starle bene? Oriana Fallaci nel 1960 è in Oriente per una inchiesta sulla condizione delle donne che scriverà per L’Europeo. Accetta l’incarico solo perché una sera, una amica, durante una cena si mette a piangere in maniera sorprendente confidandole la sua infelicità, malgrado sia libera, ricca e possieda tutto ciò che tutte desideriamo (una meravigliosa casa, la carriera, i soldi, la bellezza). Così in compagnia del fotografo Duilio parte in Asia, facendo tappa in India, Singapore, Malesia, Pakistan, Cina, Giappone e isole Hawaii.

Inutile discutere sullo stile della scrittrice giornalista: schietto, fruibile e per certi versi anche accattivante. Con lei siamo riuscite a entrare in un mondo nuovo, al di là dello spazio geografico che rientra nelle case, intese come focolare domestico, di questa gente che sembra tanto diversa da noi. In Pakistan viene a conoscenza di realtà veramente terribili, di spose bambine, che non conoscono il proprio uomo fino al momento del matrimonio, che sostanzialmente viene concordato dalla famiglia. Viene anche a conoscenza del fatto che se una donna perde il marito durante il funerale ella può persino suicidarsi per vivere insieme a lui: non per amore, si intende, ma per il semplice fatto che resterebbe da sola e inutile per il mondo. In Pakistan, difatti, la donna è inutile, non conta, è un tormento nascere femmina, o cattiva sorte, perché è sottomessa già al primo urlo da neonata e non vedrà mail sole. Ma nessuno osa ribellarsi a questa condizione, perché è normale: le donne mussulmane non si sentono meno infelici di quelle occidentali perché nella loro condizione ci nascono e ne prendono atto senza porsi domande.

Le indiane, forse sono quelle più libere mentalmente anche se piene di contraddizioni come la terra che le genera. Bellissime amano indossare il loro abito lungo che le caratterizza come identità nazionale. In India si dice che laddove le donne sono onorate la terra è fertile e buona.

Ho capito che tutte le donne sono uguali nel mondo e che vogliono le medesime cose: una famiglia, una casa, i soldi per campare, la libertà.

Ma a lasciare un vero segno sono le matriarche della Malesia: le donne che comandano gli uomini, quelle che rispediscono questi ultimi dalle rispettive madri se sono incapaci di lavorare. Qui sostanzialmente hanno carisma e sono proprietarie della terra che tramandano alle figlie: gli uomini servono poco o niente, forse a farle procreare, per il resto vengono pure cacciati. Donne dal volto duro e forte hanno molta volontà fisica a morale. Forse sono loro quelle più felici del mondo.

Quando la terra non si chiamava terra ma ombelico del mondo, e il cielo non si chiamava cielo ma ombrello della terra, e la terra era piccola come un vassoio e il cielo era piccolo come l’ombra del sole, allora l’uomo era schiavo e la donna la padrona. Poi la terra si chiamò terra, e il cielo si chiamò cielo, e la donna fece dell’uomo un suo pari. Ma la terra appartiene ancora alla donna: come i figli e la dote che l’uomo le porta.

In Cina, dal territorio vasto dove una città è diversa dall’altra e dove il comunismo ha rivoluzionato diverse usanze la donna è fredda, incapace di provare sentimenti. Si ritrova a obbedire a dei sistemi particolari, come quello di fasciarsi i piedi sin da piccola per non farli crescere, in quanto piede grande è indice di sgradevolezza e mancanza di eleganza per l’uomo. Stessa cosa per il seno: deve rimanere piatto. Una serie di sofferenze riguardanti il corpo, che però non innestano nell’animo voglia di cambiamento o di lotta. Se Hong Kong rappresenta il cambiamento tipico del mondo capitalista il resto del paese è ancorato alla storia del comunismo, e parole come amore continuano a rimanere tabù, perché in fondo amare non serve, è indice di debolezza. Esse per quanto soffrono e piangono mentalmente restano forti.

In Giappone è un po’ diverso: Tokyo rappresenta il progresso, città dal doppio volto (che di notte vive, di giorno muore) è quasi occidentalizzata, mentre Kyoto resiste al romanticismo delle geishe, ragazze talentuose di fascino e grazia che accompagnano uomini d’affari. La donna giapponese non contrae matrimonio per amore, perché ha buon senso: il matrimonio d’amore inganna la mente e giudica l’oggetto come una divinità. Quando però subentra la routine e la magia dell’innamoramento finisce si rischia il divorzio perché la mente torna a ragionare e a vedere i difetti inaccettabili. La donna giapponese si sposa senza amore, è devota al marito e con questo sistema razionale magari scopre delle virtù sorprendenti nel compagno. Per l’intrattenimento d’affari ci pensano le geishe, senza provocare alcuna gelosia.

Un viaggio intenso quello di Oriana e Duilio, alla scoperta di nuove concezioni di famiglia, sicuramente diversa dalla nostra (occidentale) ma che nella sostanza cambia poco perché forse né queste donne sono felici né noi lo siamo, con l’instancabile voglia di rimarcare la parità di diritti pari per ambo i sessi. Per le “creature” incontrate in questo libro, dette “sesso inutile” forse la felicità riguarda la libertà, non tanto il potere e la ricchezza di dominare. Le occidentali, ormai dedite alla carriera, in fondo sono anche profondamente sole.

Il testo, alla fine, contiene un articolo sulla regina Soraya di Persia, colpevole di non poter avere bambini e ripudiata per questo. La Fallaci è particolarmente sensibile al tema, e comunque alla sofferenza che una donna è costretta a subire solo perché non può procreare. Chissà se “l’Oriana” era felice…

 

Il sesso inutile
Oriana Fallaci
Rizzoli, 1961
Pagine 206
Prezzo di copertina € 10,00

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist