Mai come mia madre – Ruth Reichl

Qual è il testamento più prezioso che un genitore può lasciare al proprio figlio? Una casa con vista mare, ci si augura o un rassicurante conto in banca, si spera. Ma per crescere e sentirsi, una volta di fronte uno specchio, uomini e donne capaci di fare il proprio ingresso nel mondo, quanto ci ritornerebbe utile quel patrimonio, in vista anche dei duri colpi che ci riserba la vita? È proprio in quei momenti che si fanno i conti con le proprie radici, con la loro indissolubilità o la loro fragilità, chiedendosi se sono servite a sacrificare il nostro divenire oppure promuovere la nostra emancipazione di figli. Solo quando il ricordo dei nostri genitori farà capolino nella vita adulta per insegnarci che la più indissolubile delle eredità è la loro stessa presenza, con le loro preziosità spirituali e le loro falle umane, sapremo, a nostra volta, difendere e proteggere una futura vita umana.

Ruth Reichel o meglio sua madre Mim, mi ha insegnato esattamente questo. Ho imparato che una donna che, senza apprendistato, diventa in un giorno illuminato della sua vita quella cosa definita “madre”, avrà una vita, inconsapevolmente, briosa irradiando, di luce ma anche di ombre, la sua stessa incarnazione. Mim mi ha insegnato che una mamma è un’infinita letteratura di viaggio, da leggere origliandola da un angolo buio, annusandone i profumi, scorgendone i segreti più remoti ma anche quelli più lampanti nascosti nei suoi occhi. È solo allora che si sceglie di essere figlia della propria madre.

La tenerezza di questo libro-testamento ci dà il benvenuto già dalla copertina. Troverete una candida immagine di due generazioni a confronto, una madre ed una figlia, intente a riconoscersi come tali; ad imparare qualcosa l’una dall’altra. Sarà lo sguardo amorevole e kunderianamente appassionato della prima verso la seconda che vi accompagnerà nelle pagine a seguire.
Un libricino di poche pagine che darà una svolta alla vita di chi si appresterà a coglierne la bellezza. Leggerlo sarà una vera fortuna.

Ma se una madre avrà come più grande privilegio quello di insegnare a sua figlia, senza darlo troppo a vedere, come non diventare un’altra lei, così come con lei, invece, aveva fatto sua madre, cosa c’è di più bello di una figlia che scrive il libro che quella madre avrebbe sempre voluto comporre? Questo sarà il regalo di Ruth per Mim. Vien da pensare che Mim già sapesse di un futuro, non troppo lontano da lei, in cui sarebbe nata dalle mani di sua figlia, quasi impastata in una domenica mattina in cui ci si dedica alla pasta fatta in casa. Quella della cucina sarà la vera chiave di lettura per capire come viene reciso o forse ancora più strettamente legato il cordone ombelicale che lega le due donne poiché la debolezza dell’una sarà la forza dell’altra. Ruth è diventata una delle più influenti food writer americane, autrice di diversi libri culinari ed è stata critico gastronomico del New York Times.

Dopotutto se Ruth è riuscita ad essere quello che è diventata, lo deve esclusivamente a Mim, la regina della muffa. Per niente votata a fornelli e stoviglie, lei. Non a caso, il timore di un’imminente intossicazione o l’accostamento di sapori poco apprezzati dai palati dei suoi assaggiatori, facevano di lei una donna di casa decisamente fuori dai canoni.
Quando Ruth ritroverà, da adulta, le vecchie lettere di sua madre coperte da una coltre di polvere, inizierà proprio allora a scoprire chi era quella genitrice e il testamento che per lei aveva segretamente custodito. Ruth ne farà un vero personaggio letterario ma presto capirà che c’era tanto altro da scovare di quella donna, un tempo giovane come lei, ma che non aveva avuto il coraggio di non essere quello che qualcun altro voleva diventasse: sua madre. Questo, sarà il racconto di tre generazioni a confronto scritto con la voce di Mim, le mani di Ruth e l’impronta di Mollie (la madre di Mim). Mim viveva nel pieno della Depressione americana e perciò doveva fare i conti con i canoni sociali e di bellezza che il suo tempo imponeva, facendo nascere in lei un tormento per la vita che i suoi stessi genitori le rinnovavano ogni volta che la sua intelligenza (e nient’altro) si opponeva alla bellazza dell’altra figlia. E quale destino sarebbe stato offerto ad una ragazza che non era stata graziata da Madre Natura, come sua sorella? E come avrebbe potuto mai trovare marito? Se è vero che ognuno è figlio del suo tempo, Mim non aveva alibi per auspicarsi una vita serena. Tanto più se, come su di lei, piomba la sfortuna di avere una madre che come un demiurgo cerca di modellare la natura della figlia uniformandola ai suoi bisogni, ai suoi desideri irrealizzati. E se ad aggravare la situazione compare poi un marito che segue le orme di sua suocera, Mim deve pur scegliere se arrendersi ad un destino avverso oppure lottare. Tuttavia, se è vero che i sogni di Mim naufragano nell’insensatezza di una cultura manipolatrice di sogni, beffeggiata di continuo da un patrimonio genetico che l’avrebbe dovuta supportare anziché denigrarla, ad un certo punto è lei a trasformarsi in un carnefice di destini schiacciati, con la rivoluzionante differenza che lei cerca di sottrarre sua figlia da quello stesso schema vitale. Tenta con tutte le sue forze di arricchire quel testamento spirituale fatto di offese, ansie da prestazione e anime sopite di un significato nuovo per rivolgersi a Ruth come la migliore delle madri.

All’epoca sentivo la profonda amarezza che si celava dietro le sue parole e comprendevo quanto fosse infastidita dai limiti che le avevano imposto i suoi genitori. Ma solo adesso capisco che non parlava di sé. Mi stava mandando un messaggio, mi stava avvertendo di non commettere gli stessi errori suoi. In un gesto di straordinaria generosità, mi stava dando un altro regalo che a lei era stato negato: il permesso di sfidarla. […] È stato un sacrificio immane ma l’ha fatto spontaneamente. E non l’ho mai nemmeno ringraziata per questo.

A Mim, la vita non manca di darle un altro schiaffo in piena guancia con la morte del marito, un uomo a cui si era uniformata così tanto diventandone l’ombra oscura. Ma questa morte è anche il più bel regalo che la vita può concederle. Attraversando il marasma del dolore coniugale e l’ombra che lei stessa decide di gettare sulla sua storia, inabissandosi nei fondali degli antidepressivi e ritardando ogni volta l’appuntamento con la Vita, risorge dalle sue ombre e dal suo silenzio alla soglia degli ottant’anni quando il bianco madreperlaceo dei suoi capelli mette un punto al suo manoscritto, per iniziare a vivere.

Per la prima volta nella sua vita viveva da sola e dopo aver finito di piangere mio padre ne trasse beneficio. […] Smise di rimproverarsi per tutte le cose che non aveva fatto e finalmente fece tacere la voce che le rimbombava in testa. “Mia madre è morta. È giunto il momento di impedirle di dirmi come vivere. Perché dovrebbe interessarmi ciò che pensa? Ormai mi è rimasto pochissimo tempo.” […] Riempì la sua vita delle cose che le erano mancate — arte, musica e persone — e si liberò di quello che non la rendeva felice.

 

Mai come mia madre. E altre cose che ho imparato da lei
Ruth Reichl
Ponte alle Grazie, 2009
Pagine 106
Prezzo di copertina € 12,00

Imma Paone

Studentessa Universitaria