Sarah Iles: l’amore e il destino

Diversi temi si intrecciano nel romance È da te che verrò: sterilità, amore, omosessualità, incomunicabilità con la propria famiglia. La storia ambientata a New York che rende la protagonista libera di perdersi in una metropoli così grande, racconta di una eroina che per la scrittrice non deve essere il “vessillo di nessuno”. Abbiamo incontrato Sarah Iles, che ci ha fornito qualche notizia in più riguardo al suo lavoro da scrittrice, rivelandoci perché esiste il destino e in che modo può esso indirizzare la nostra vita.

Come è nato il suo ultimo romanzo, È da te che verrò: la storia rispecchia la realtà biografica di qualcuno o è pura fantasia?
Il romanzo nasce dalla volontà di affrontare un tema duro, come quello della sterilità, attraverso una storia d’amore tormentata e moderna. La tematica è frutto di vicissitudini che si sono evolute intorno a me per anni, i protagonisti, i luoghi e l’intreccio sono di fantasia.

La scelta di ambientarlo a New York è coraggiosa: a cosa è dovuta?
Da qualche parte, una volta, mi pare di aver letto che è da folli, intendo per gli scrittori, ambientare storie in luoghi che non si conoscono o che non si sono vissuti direttamente. Io, per scelta personale, uso la scrittura come un modo per essere ovunque e dire qualunque cosa, che si tratti di posto vicino o lontano, sentivo che era lì che doveva essere.
New York perché la protagonista doveva vivere in un posto in cui poteva essere “nessuno”, poteva perdersi.

Quali sono i punti di forza della protagonista?
Io direi che il suo punto di forza è la sua fragilità, la capacità di vivere a pieno i suoi sentimenti, di lasciarsi vincere, in qualche modo, dalle sue paure e poi lentamente emergere. Helèna è un’eroina per la sua storia, per la sua vita, non vuole diventare il vessillo di nessuno.

In passato ha pubblicato con una casa editrice, adesso ha scelto l’autopubblicazione: che differenza c’è? Ci sono maggiori vantaggi con il self?
La differenza è enorme. Innanzitutto quando pubblichi con una c.e. (non a pagamento) lo staff ti segue, o dovrebbe seguire, e ti indirizza in tutto, cercando di collimare le sue scelte con le tue. Intendo che il manoscritto è seguito dall’editing fino alla pubblicazione e oltre.
Io ho preferito il self e ho optato autonomamente di lasciare la c.e. perché il mio percorso non andava più di pari passo con il loro. Self però vuol dire tanti sacrifici in più, a volte tanti errori e notti insonni.
I vantaggi sono nella gestione delle pubblicazioni, nel numero di libri che si possono pubblicare e nelle tematiche più disparate che si possono scegliere. Inoltre, tasto dolente, il self ti dà la sicurezza di tenere sott’occhio le royalties, cosa che per uno scrittore emergente è molto importante, perché ti consente di tastare il polso al mestiere che fai.

Cosa pensa lei dell’amore?
Io penso sia un “moto”, una volontà. Bisogna essere stupidi per non innamorarsi almeno una volta follemente nella vita. Ecco forse è una dolce insania.

Ha trattato oltre all’amore temi importanti: incomunicabilità, omosessualità… qual è il messaggio principale che vuole dare ai suoi lettori con questo testo?
Quando ci si sente smarriti, isolati, confusi, bisogna prendere in mano la propria vita e camminare. Spesso i sentieri da attraversare possono essere impervi, ma se a spingerci è quel “moto” chiamato amore, quella volontà di vivere che ci scorre nelle vene, tutto può lentamente essere affrontato. Credo che, nei vari fraintendimenti, nelle cose non dette che i protagonisti si ostinano a tenere chiuse dentro, ci sia un forte messaggio, quello della comunicazione.

Lei crede nel destino? Quanto incide nella scelta delle azioni da compiere?
Io amo Shakespeare, e per me è impossibile non credere nel destino. A volte tento disperatamente di buttar via questo mio modo di vivere, mettere i piedi per terra e seguire la via, ma mi è innaturale. Devo credere nel destino, in una forza che ci spinga ad agire, a sbagliare, a cambiare percorso. Destino, come lo vedo io, non è “predestinazione”, non è qualcosa che non possiamo mutare, anche se spesso è cinico e pungente. Basti pensare che sinonimi di destino sono: sorte, fortuna e imprevisto. Bella rogna!

Progetti per il futuro?
Nel futuro immediato c’è la pubblicazione in ebook del mio primo romanzo In punta di piedi, uno young adult a cui sono legatissima, e la sua traduzione in lingua spagnola e inglese.
Un testo che amo molto è in fase di editing e uscirà quest’estate, mentre, insieme ai registi Max Aiello e Piero De Luca con cui ho lavorato per la pellicola Libera me, sto pensando di varcare le soglie della scrittura per documentari, una produzione che mi affascina moltissimo.

In ultimo, ma voglio dirlo perché ci tengo, sarò giudice in un contest letterario in onore di Mango, il cantante italiano scomparso qualche anno fa, un ruolo che mi onora tantissimo.

 

 

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist