Vento di tempesta – William Bonacina

Vento di tempesta è un romanzo di William Bonacina, edito da Arduino Sacco, lo scorso dicembre 2015. Esso fa parte del progetto editoriale a cura di Carlo Alberto Cecchini, con la Prefazione di Mauro Rossetto, il quale apprezza il lavoro sotto il profilo letterario, ambientato nel mondo anglosassone e riscontra in questo libro un residuo autobiografico degli ideali dell’autore, uniti ad una marcata esperienza professionale e di vita, rivolti all’uomo saggio per non essere travolto dalle tempeste dell’anima e dai venti della vita. È nel prologo che l’autore chiede ai lettori di credere a ciò che racconta, trattandosi di un romanzo fantasy, che poteva rimanere nel calduccio dei propri ricordi ma che invece, ha preferito esporre perché fa rivivere un frammento del passato.

L’autore si cela dietro a un personaggio narrante, il monaco Orcry da Rotklein, il quale si definisce cantastorie, inizia un viaggio per mantenere una promessa riparatrice verso un amico caduto in guerra. Questo romanzo suggella, così, anche un vincolo di amicizia e di solidarietà in un mondo strano e difficile per le creature che lo vivono, diverse fra di loro e anche strane, in quanto la realtà, spesso, mescolandosi alla magia, fa danzare questi personaggi fantastici non sempre sullo stesso palcoscenico ma nella tragedia che li accomuna.

Il Fil Rouge della trama viene condotto, fin dall’inizio, da Mark Boyer, cadetto dell’accademia militare di Ashka, fra tante battaglie guerresche e prove di coraggio che coinvolgono tutti i suoi amici. Il fato attribuisce a Shanti, la ballerina conosciuta in una taverna-bordello, la causa della tempesta dell’anima di Mark, per la sua bellezza che lo fa infatuare proprio davanti allo sguardo imbarazzato del suo compagno di accademia, il cadetto Vhaler De Bellis. Quella sera, insieme in libera uscita, difendono da una aggressione Whilelm, l’uomo dalle orecchie a punta, discendente da una stirpe primordiale, gli Elfi, aggredito mentre fa ingresso nella taverna dell’Orco Tranciato, dove i due cadetti avevano deciso di passare la serata, senza mettere in conto che da lì a poco sarebbero stati portati via dal vento della vita.

Era l’alba di un bel mattino quando Whilelm, capitano dei ranger presso il presidio di Passo di Mezzo, diede ordine a Mark, a Vhaler e Eduward, i tre cadetti affidategli dall’ufficiale direttore della real accademia, per uno speciale periodo di apprendistato, di montare in sella e munirsi in città di armi perché la zona da attraversare era molto pericolosa, lasciarono Ashka per giungere a destinazione, ma alla sosta nel bosco avvenne la prima prova di coraggio contro i licantropi, detti “Wylfen”, facendone una carneficina. Qui l’autore evidenzia l’impostazione di genere fantasy del romanzo, risvegliando un tono di horror con la presenza di licantropi. Il ranger e i cadetti continuarono il viaggio sostando nel villaggio di Valkhem, zona di transito per il ducato di Kiberòn, la locanda in cui sostarono era piena per l’esibizione del mago Pèrsa col suo assistente Giuàn. Mentre Edward correva dietro la bella cameriera suonò la campana di allarme cittadino, il paese era tutto in fiamme, perché invaso dai “goblin”, tipi di nani maligni e pericolosi, le donne e i vecchi facevano lunghe catene per portare acqua e spegnere il fuoco, anche il ranger e i cadetti si diedero da fare innescando una coraggiosa battaglia a cui si aggiunse Pèrsa, il mago che, con i suoi poteri, richiamò da sopra le case lingue di fuoco che gli si avvolsero nelle braccia e sulla mano formarono delle palle di fuoco che scaraventò contro i “goblin”, uccidendoli e salvando, così, la vita a Mark. Apparvero però, in loro sostituzione, gli “orchi”, giganti rispetto ai “goblin”, corazzati di tutto rispetto, ma che poi si fecero da parte per fare strada ad un essere dall’aspetto terribile, anch’esso orco, di nome Bztard, capo dei guerrieri, che sbucò all’improvviso e attaccò  Whilelm, il quale schivò ogni colpo piantando coltelli al suo piede,  poi gli si buttò contro convinto di sgozzarlo, ma l’orco muovendo un braccio lo gettò lontano e toltosi il coltello dal piede stava per ucciderlo, quando si sentì un grido: Nooooo! Era Mark che con l’ascia e un urlo sovrumano, evitando la spada, cominciò a brandire sull’orco in modo violento, fino a quando gli si inginocchiò davanti dicendogli: non è possibile! Il popolo urlava di gioia acclamando Mark come un eroe, ma Mark perse i sensi e cadde svenuto. Quando stava per svegliarsi tutto era buio, gli apparve una sagoma, era la ballerina conosciuta all’Orco Tranciato, aveva il collo cinto da un talismano, scompariva nell’oscurità ed egli veniva ingoiato dalle fameliche fauci di un mostro. Pur in una sequenza temporale, appena percettibile ma rispettosa degli accadimenti di un viaggio, appare un’ordinata sequenza di fatti secondari rispetto alla trama, con il pregio di non fare smarrire il filo, pur correndo il rischio l’autore di mettere in ombra la trama portante, quando appare il genere horror con la presenza di “goblin” e “orchi”, anche se la trama principale si  consolida di più perché quella secondaria innesca nel lettore molte fobie. Così, Il giorno successivo, nel tardo pomeriggio il gruppo arrivò in prossimità del valico di Passo di Mezzo e, guardando dall’alto, avvistò sei carri coperti di tele rattoppate che salivano seguiti da una colonna di persone, fino a quando le strade si incrociarono e i due gruppi si incontrarono. Dopo le presentazioni una voce femminile da dietro il carro chiama Mark:

«Ma… che ci fai qui?» domandò il cadetto. «Beh, ho trovato questo passaggio per il Ducato di Kiberòn e ne ho approfittato, sono sempre in viaggio e alla ricerca di un posto dove esibirmi.» spiegò Shanti. «Cosa ci fai tu qui piuttosto? Ti credevo ad Ashka».

Fra il fascino e le insidie del bosco che circonda il valico di Passo di Mezzo avviene il saluto di Shanti con tutto il gruppo, al quale presenta una nana, Sorhold Gorlrinn e invita Mark a salire sul carro con lei e con la nana,  la carovana si unisce a loro per raggiungere Passo di Mezzo, prima di sera. Dentro il carro trovano Marty Schlegel, una specie di monaca, sorella di Dhelan, in odore di santità, che si prende cura dei malati. Il tempo passa velocemente fra il racconto del viaggio di Mark, che nasconde il sogno fatto su Shanti, e la nana che racconta della sua stirpe, del sommo spirito e infine del rancore dei nani contro gli elfi, sembrava trovarsi  attorno ad un focolare domestico dove ognuno raccontava la propria storia. Il carro poi si fermò perché erano arrivati, quando tutti scesero a terra Shanti avvertì il desiderio di appartarsi con Mark e fu in quella circostanza, che mentre l’accarezzava spostandole i capelli dal collo, sdraiata e semidormiente, gli apparve il ciondolo, l’amuleto del suo sogno attaccato alla catenina di Shanti. Rotto l’incantesimo Mark rimase turbato, si alzò e si allontanò; Shanti ricorda nel dormi-veglia come aveva trafugato al padre lo scrigno con l’amuleto mentre fuggiva per realizzare i suoi capricci. L’autore ci introduce adesso in un mondo perduto, esce dalla realtà di vita dei soggetti principali del romanzo facendoci sprofondare in un altro mondo, quello degli Zombie, contro i quali sono costretti a combattere.  Fuori, Whilelm, Vhaler e il mago, mentre raccoglievano le armi, sentirono come un lamento, anche la suora e la nana scattarono in piedi, dal limite del bosco comparve una sagoma umanoide che avanzava arrancando con il corpo tutto marcio, era uno zombie, così tutti fuggirono mettendosi al riparo. Pèrsa, il mago, lanciò una sfera infuocata carbonizzandolo, ma dalla luce che emanava quella torcia si vide l’avanzare di altri zombie, un nugolo di pipistrelli rendeva più pauroso e spettrale il momento e, come se non bastasse, arrivò anche un piccolo branco di lupi, attaccati con un urlo feroce da Mark che li uccideva e gli zombie colpiti cadevano e diventavano terra. Qui il lettore non fan dell’horror, avverte il desiderio di uscire da questo mondo per rientrare nella normalità ambientale. Fuori, nel bosco, Whilelm, Mark, Vhaler e Pèrsa combattevano valorosamente contro l’esercito dei non-morti del barone Daniel Griveij, ma la nana e la fede della suora li fecero fuggire tutti. Mark parlò dell’ombra di un incappucciato che lo perseguitava, somigliante al nobile che stava all’Orco Tranciato, parlò del sogno e dell’amuleto ritrovato al collo di Shanti, così decise di andarla a cercare. La suora asserì che forse la causa del suo rapimento stava nel possesso del ciondolo, l’amuleto che cercava il barone, tutti quindi si associarono a Mark per iniziare la ricerca, nella speranza che Shanti fosse ancora viva. Whilelm il mezzosangue, figlio di un elfo e di una donna che si era perduta nel bosco, portò Mark dalla dama Khery-Rna, regina degli elfi, chiedendo protezione, la dama diede a Whilelm la “freccia del fato” per usarla in favore di Mark. Tutto il gruppo prese la via per raggiungere il castello del vampiro, giunti sul posto si divisero in due gruppi, i primi ad entrare nella stanza del barone Daniel Griveij, barone di Kharibald Tor, furono Mark e Whilelm, l’altro gruppo entrò in un ampia sala-laboratorio dove c’era una scienziata-pazza, Vhaler invece finì in una stanza da letto buia, divenendo la delizia delle tre mogli di sangue del barone-vampiro, quando si accorse di ciò una la uccise e le altre fuggirono. Pèrsa, la nana e Marty la monaca costrinsero Fredrika, la scieziata, a condurle nella dimora di Shanti. Ormai tutti erano diretti verso lo stesso obbiettivo, Mark, che già si trovava dentro la stanza, fissò il barone stringendo l’ascia magica, gli chiese di Shanti ma insieme a Whilelm dovette  sorbire il suo delirio di onnipotenza, voltandosi disse a Shanti di venire avanti, Shanti buttò le braccia al collo del barone e si accartocciò al suo petto. Mark e Wilelm rimasero esterrefatti, il mezzelfo disse di smetterla ed estrasse la lama, Mark lo fermò e il  ranger intimorito si ritirò. Mark alzò la mano armata contro il barone che, gettato il mantello, avanzò con falcate tipiche degli aristocratici, lo schivò con facilità, così come in tanti altri attacchi potenti. Ma la lotta è inarrestabile, tutti gli amici di Mark entrano in azione. L’autore per ogni gruppo costruisce delle sottotrame, con una sequenza di eventi collegate da causa ed effetto alla trama del romanzo, dove non mancano conflitti e contrasti che rendono attento il lettore prima di giungere al finale. Whilelm, liberatosi dai suoi avversari, prese la freccia del fato, la incoccò nell’arco puntando sul vampiro e disse a Shanti di scansarsi.  Shanti nel sentire la voce di Whilelm disse di no, chiese di uccidere anche lei, perché sentiva ancora sete di sangue e non si era liberata dai poteri del vampiro. Il ranger abbassò l’arco, ma la ragazza insistette con le lacrime agli occhi fino a quando Whilelm, dopo un po’ di esitazione, piangendo e chiedendo perdono a Mark che stava per aprire gli occhi, fece partire la freccia del fato trapassando il cuore del vampiro e quello della fanciulla, l’urlo disperato di Mark  non riuscì a fermarlo. Gli amici di Shanti guardavano inermi e i sodati di ossa del vampiro si ridussero in polvere. Mark prese in braccia Shanti piangendo e accarezzandola per l’ultima volta mentre il suo corpo e quello del barone si polverizzarono. Whilelm, sconsolato, si avvicinò a Mark dicendo che non c’era altro modo, ma Mark alzò la sua ascia piantandogliela nello stomaco, dopo guardò i suoi compagni con sguardo accusatorio e scappò via, scomparendo. Vhaler ritornò nella città di Ashka dove raccontò tutto al capo dell’accademia, tranne l’uccisione di Whilelm ad opera di Mark. La nana e la suora portarono il corpo senza vita di Whilelm nella foresta di Procélliende e il mago Pèrsa sicuramente si diresse verso la famiglia del suo assistente, Giuàn, morto nella battaglia di Walkhem, per consolarla. Potrebbe finire qui la storia di Mark e Shanti ma il monaco, Orcry da Rotklein, non ha ancora messo la parola fine perché Vhaler abbandona l’accademia di Ashka divenendo cavaliere del ducato e Guardiano della fonte e mentre interviene con i suoi cavalieri per difendere la città di Hochaus dagli invasori del NordKmann guidati dal sanguinario Thares, scopre che avendo perso l’elmo durante il combattimento, Thares era in effetti Mark, il compagno cadetto con cui non si vedeva dalla morte di Whilelm. Meraviglia, dolore e rabbia pervasero la mente dei due, accuse pesanti da parte di Tahres nei confronti di Whilelm e dello stesso Vhaler confermavano un animo sanguinario ormai irrecuperabile e così la forza del destino volle che mentre Mark stava per trafiggere Vhaler, questi alzò la spada e, trafiggendolo, morì. Vhaler gli chiuse gli occhi nella speranza di poter riabbracciare Shanti, ma subito dopo anche Vhaler, con il suo sguardo spento, si girò e spirò un secondo dopo. All’alba il monaco Orcry da Rotklein, dopo aver compiuto la missione verso la famiglia dell’amico perito in guerra e costernato dall’epilogo di questa storia, scrisse sul libro la parola fine. La sua mente, però, continua a pensare come quella dei lettori per l’abilità dell’autore che, utilizzando la suspense fino all’ultimo, riesce a stimolare fortemente il loro stato d’animo, infatti, vengono sorpresi dall’improvvisa scomparsa di tutti i personaggi maggiori del romanzo ed anche quelli secondari, come gli elfi, i nani, gli zombie, gli orchi e i lupi. Viene così superato il modulo tipico della letteratura fantasy, che spesso si avvale del complotto e del falso indizio creato dal soggetto cattivo e combattuto dal soggetto buono, ma William Bonacina va oltre, sorprende con un finale che elimina i personaggi cattivi e quelli buoni, il vento muore e si spegne la tempesta di un mondo brillantemente descritto ma diventato polvere, come il corpo del barone Daniel Griveij.

 

Vento di tempesta
William Bonacina
Arduino Sacco, dicembre 2015
Pagine 166
Prezzo di copertina € 14,90

 

 

Franco Santangelo

Critico e Storico

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