Grande come l’universo – Jón Kalman Stefánsson

Il passato per comprendere sé stessi, il presente senza le cui radici diventa vano e nullo, un modo di vivere e di pensare intrecciato alla natura e all’ambiente, e poi la morte che regna sovrana in ogni vita. Torna Ari, così come è stato lasciato nel precedente I pesci non hanno gambe, per continuare il suo percorso che alla fine è un viaggio verso la genesi della sua famiglia, dove ancora devono venire al pettine diversi nodi per sciogliere la verità che si cela e va avanti disilludendo per generazioni. Da pochi mesi in libreria Grande come l’universo si presenta come una saga familiare, ambientata in Islanda, ambiente incontaminato, dove la luce e il buio non vanno mai di pari passo e Jón Kalman Stefánsson lo sa bene perché le sue storie oscillano tra la vita e la morte, spesso strappata troppo presto alla vita, così come è accaduto al più dolce dei suoi personaggi, Pórđur, il poeta al quale la madre avrebbe destinato un futuro di studi. Ma il mare, talvolta miete vittime, rende uomini, schiavi o liberi, e per una famiglia di semplici pescatori diventa l’onnipotente verso cui mai bisogna ribellarsi.

«Il canto gli fa pensare che è in marcia da solo, completamente solo nel cuore della notte, e qualcosa gli dice che i morti sono attratti dalla vita come mosche dalla luce. Meglio tacere. Meglio essere più silenziosi possibile.[ Quanto è lunga la notte? È possibile misurarla, è fattibile?»

Nel libro sono tanti i pensieri “grandi come l’universo”, e diversi sono i precetti per trovare la felicità, perché Ari, buttandosi la vita alle spalle non fa altro che andare alla ricerca di essa, ritornando nel suo paese, scandagliando il suo passato e trovarvi l’eternità delle certezze che lo hanno reso così, inquieto. E incontriamo un padre malato, delle zie ribelli, come la natura che li circonda, e poi il mare e la neve, i veri protagonisti del romanzo. Un flusso di coscienza tra i diversi volti, e quel mistero dolce che va avanti tra prosa e poesia. Un testo magico, sognante, dolce che solo alla fine svela l’inimmaginabile.

«Le cose che ci lasciano un segno profondo si tramandano, di generazione in generazione. Per questo le famiglie combattono contro gli stessi troll, da una generazione all’altra, finché, e se, qualcuno riesce a spezzare il circolo vizioso. Allora il troll si pietrifica, e vivere diventa più facile. Anche morire. Probabilmente il nostro troll è stata la vigliaccheria. Pórđur si è piegato al volere di suo padre, io al volere e alle aspettative di tuo padre, di mio padre e della matrigna, e quindi della società. Poi siamo morti. Talmente giovani che non abbiamo avuto nemmeno un’occasione per migliorarci».

Allora accade che vogliamo trovare la causa primordiale per i nostri errori, e andiamo alla ricerca del male principale cercando di combatterli facendo leva su quello che è estraneo da noi stessi, ma è inutile perché i demoni che danno il via per sbagliare dipendono dalla nostra volontà, che tante volte si piega al volere degli altri. E chissà qual è poi la strada corretta da percorrere. Lo scrittore in questo ci aiuta, nel suo romanzo corale diciamo pure complicato, dove i flussi di coscienza sono tanti, dove passato e presente si intrecciano, così come le varie problematiche delle generazioni a confronto in un paese dove regnano disoccupazione e miseria (e in preda al consumismo dopo l’invasione americana) che poi vanno a incidere nel carattere degli uomini. Un testo non comune, ambientato attraverso flashback tra la capitale e altre cittadine dell’Islanda, tra il buio e la luce, tra il mare e la neve, alla riscoperta dell’infelicità che risale alla genesi della famiglia. Solo così si trova pace, conoscendo la verità, malgrado non sia accetabile, e Stefánsson salva tutti attraverso la letteratura, la poesia, le stelle, e l’universo.

 

Grande come l’universo
Jón Kalman Stefánsson
Iperborea, 2016
Pagine 426
Prezzo di copertina € 19,00
Prezzo ebook € 9,90

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist