La seconda vita di Majorana – Borello, Giroffi, Sceresini

Il libro La seconda vita di Majorana di Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi e Andrea Sceresini, Editrice Chiarelettere, luglio 2016, è l’ultima edizione sulla scomparsa di Ettore Majorana. Inizia con una interessante prefazione del nipote Salvatore Majorana, direttore del Technology Transfer presso “Iit”, il quale nega, in maniera ferma, la possibilità che la scomparsa sia riconducibile al suicidio, infatti non c’è un membro in tutta la famiglia dei Majorana che solo per un attimo possa pensare al suicidio di Ettore; non ci crede neanche Enrico Fermi, suo professore, che lo considerò come l’unico genio vivente della Fisica. Molti sono convinti, invece, che Majorana abbia maturato la decisione di appartarsi dopo l’approccio idilliaco con Fermi e la costituzione del gruppo di giovani universitari nell’Istituto di Fisica Teorica di via Panisperna, per i risvolti storici verificatisi in quell’epoca, periodo di cambiamento in cui si imboccavano strade nuove. Egli, trovandosi in Germania quando i nazisti bruciavano montagne di libri che avversavano i principi su cui si basava il regime, forse capì che storicamente il comportamento dei nazisti era più pericoloso di quanto non lo fossero le particelle sub-atomiche, adoperate a fini bellici, una supposizione questa non tanto azzardata, ma che avrebbe avuto la forza di convincerlo a scomparire dallo scenario scientifico e da quello umano. E’ da quel 25 marzo 1938 che le ricerche vanno dai fondali marini ad ogni angolo della terra. E’ ancora attuale il dispaccio segnaletico su  «Ettore Majorana, ordinario di Fisica teorica all’Università di Napoli, misteriosamente scomparso. Di anni 31, alto metri 1,70, snello, con capelli neri, occhi scuri, una lunga cicatrice sul dorso di una mano», segnalazione che non ha ricevuto e non riceve alcuna risposta concreta di vita o di morte, nonostante il bombardamento mediatico. Leonardo Sciascia, nel suo libro La scomparsa di Majorana, lo crede ritirato in un convento vicino a Vibo Valentia, in Calabria, spaventato dalle future conseguenze dell’uso della bomba atomica. Si dice che nello stesso convento si fosse ritirato, successivamente, il pilota che sganciò la bomba su Hiroshima. Nascono una miriade di racconti a sfondo moralistico, facendone del personaggio un mito, una leggenda, fino a determinare un buco, dentro il quale c’è il nulla del distinto signore, Ettore Majorana. Sembra che in lui sia prevalsa la negazione del sé, quella negazione che, rifiutando l’essere o un certo modo di essere, lo avrebbe portato a credere che il mondo stesse assumendo un significato differente in relazione al suo ruolo e ai programmi prefissatisi, fino all’isolamento. E’ in questo buco che giace la seconda vita di Ettore Majorana, a dichiararla è il Tribunale di Roma, che lo volle vivo in Venezuela fra gli anni ’55-’59, con una sentenza che lo identificava nella persona del “Sig. Bini”. Da quel momento il personaggio entra nella fantasia popolare di tutt’Italia, vengono osservati e controllati attentamente perfino i “barboni” con caratteristiche comportamentali di tipo geniale, viene così erroneamente ideata la presenza di un ipotetico Ettore Majorana, considerato per antonomasia come il genio italico. Le intelligenze che spaziano all’interno delle famiglie Majorana, in Sicilia, sono tante e il talento di Ettore sembra che abbia le sue radici proprio all’interno di questo ceppo familiare. Le sfide con il suo professore, Enrico Fermi, sono epiche e la stima che nutriva era il suo vanto scientifico, soprattutto riportato nel suo curriculum vitae:  

Sono nato a Catania il 5 agosto del 1906. Ho seguito gli studi classici conseguendo la licenza liceale nel 1923; ho poi atteso regolarmente agli studi di Ingegneria in Roma fino alla soglia dell’ultimo anno. Nel 1928, desiderando occuparmi di scienza pura, ho chiesto e ottenuto il passaggio alla facoltà di Fisica e nel 1929 mi sono laureato in Fisica teorica sotto la direzione di S. E. Enrico Fermi svolgendo la tesi La teoria quantistica dei nuclei radioattivi e ottenendo i pieni voti e la lode. Negli anni successivi ho frequentato liberamente l’Istituto di fisica di Roma seguendo il movimento scientifico e attendendo a ricerche teoriche di varia indole. Ininterrottamente mi sono giovato della guida sapiente e animatrice di S. E. il professore Enrico Fermi.

Ormai Majorana è accreditato nei più alti ambienti scientifici e accademici internazionali, infatti, dopo aver sostenuto gli esami per la libera docenza, gli vennero offerte le prestigiose cattedre di Cambridge, di Yale e della Carnegie Foundation, che però rifiutò e all’insaputa di tutti, invece, partecipò al concorso per la seconda cattedra italiana di Fisica teorica presso l’Università di Palermo. Fra la terna dei possibili vincitori vi era Giovanni Gentile Junior, figlio del famoso Giovanni, Ministro dell’istruzione e amico personale di Mussolini. Siccome la presenza di Majorana avrebbe contribuito ad eliminare Gentile dalla terna, il 16 settembre 1937, per l’alta fama scientifica, venne nominato, con decreto, Professore Straordinario presso l’Università di Napoli, lasciando che la sua nomina consentisse a Giovanni Gentile di raggiungere l’Università di Palermo. Egli, così,   interrompendo il lungo isolamento, raggiunge Napoli, dove rimane fino al giorno della sua misteriosa scomparsa.

Quel giorno con il genio della scienza sembra camminare insieme un tremendo genio del male, che progetta tutto a puntino fino a fare avvertire, dopo la scomparsa, il personaggio a portata di mano e nello stesso tempo imprendibile, facendo sperare che, oltre alle lettere e ai telegrammi che ne annunciavano la scomparsa, in qualche angolo giacessero nascoste delle carte contenenti le ragioni della sua eclisse e capire, così, cosa gli passava per la mente. I conventi, luoghi maggiormente preferiti, furono le supposte dimore dello scienziato, ciò nonostante, però, la sua scomparsa rimane come un giallo irrisolto. La cosa più strana è che nessuno insegue le sue tracce, né i motivi che hanno determinato tale scomparsa, quasi a credere che la sua fine fosse localizzata sulle strade di Mazara del Vallo, come un barbone eccellente, ove la popolazione gli aveva tributato un funerale stracolmo di partecipazione, seguendo  l’immaginario collettivo, ma smentito più tardi da un’accurata indagine di Paolo Borsellino, procuratore della Repubblica di Marsala.

Un’altra traccia lo colloca in un rapporto di collaborazione col Terzo Reich, in Germania fino al ’45. In seguito si scopre che Mussolini, nei giorni cogitati della repubblica di Salò,   apprende della presenza di uno scienziato italiano nel Terzo Reich e nel suo immaginario vi colloca Majorana, alimentando una sua speranza di rivalsa, perché  sapeva che gli scienziati tedeschi stavano lavorando per la scoperta di un’arma segreta che avrebbe cambiato in un lampo le sorti del mondo, cosa mai avvenuta. Successivamente la presenza di Majorana viene segnalata in  Argentina. Di recente è stato scoperto un vero e proprio cifrario segreto, il Tribunale di Roma, con la testimonianza di un emigrante italiano, accerta il passaggio di Ettore Maiorana dall’Argentina al Venezuela, nel febbraio 2015 avviene l’archiviazione dell’indagine. Finalmente il Tribunale chiarisce di non esserci stato alcun suicidio da parte di Ettore Maiorana, ma un atto comportamentale dovuto alla sua volontà:

Lo scienziato non è morto nel 1938, non è stato rapito e non si è suicidato, al contrario, ha lasciato volontariamente l’Italia e ha attraversato l’oceano per iniziare una nuova vita in America Latina.

Gli autori del libro, tre giornalisti, Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi e Andrea Sceresini, cercano con molta perizia e oculatezza di mettere insieme i tasselli di cui dispongono, portando a termine una indagine giornalistica e sperando che un po’ di fortuna li porterà a risolvere il giallo, considerato che il soggetto non è il classico tipo che, vivo o morto, nessuno se ne accorge. Anche a volere superare qualsiasi immaginazione nessuno crede che Ettore Majorana possa essere stato rapito da extraterrestri e portato in cieli sperduti con qualche astronave.

Gli autori fanno parlare gli ignari compagni di viaggio di questa vicenda, inserendoli nel contesto storico locale e all’interno dell’habitat che generò questi frammenti di vita latitante, fino al suo trasferimento in Venezuela. La loro ricostruzione è veramente certosina avvalendosi dei dati del Tribunale di Roma e delle indagini dei Ris, che rappresentano la base di uno scenario reale non solo attraverso la descrizione dei verbali, ma anche mediante l’analisi di fotografie che, comparate con i luoghi, confermano la veridicità delle immagini e che, evidenziando una realtà più logorata rispetto alle foto, hanno il pregio di fare affiorare testimonianze ancora presenti sul territorio. I fatti sono costellati da rapporti di collaborazione governativa sia in Argentina che in Venezuela, nel primo caso con la vera identità di Ettore, nel secondo con una falsa identità, quella del Sig. Bini, ma in entrambi i casi gli eventi politici catastrofici, che hanno sempre caratterizzato gli stati dell’America latina, condizionano la tracciabilità comportamentale e la trasparenza dei ruoli svolti, diretti o indiretti, nei progetti dei due più famosi presidenti, Peron dell’Argentina e Jiménez del Venezuela che, con i loro disegni avrebbero coinvolto segretamente Ettore Majorana sugli esperimenti nucleari. La violenza con cui gli oppositori giunsero al potere portò il nostro Ettore Maiorana ad occultarsi allo stesso modo di quel lontano 25 marzo 1938, anche se erroneamente, in Argentina, qualcuno lo aveva già dato come vittima del potere emergente. In Venezuela viene ritrovato il luogo dove gli scienziati hanno lavorato al progetto segreto del presidente Jiménez, denominato Rv–1, con la collaborazione non secondaria di Ettore Majorana per la realizzazione di un reattore nucleare a carattere accademico. Nel 2007 incominciano ad apparire notizie giornalistiche allarmanti riguardante l’armamento atomico:

La corsa al nucleare in America Latina ha ormai scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora. Ci riferiamo alla costruzione della bomba atomica con fini difensivi e dissuasivi, che nelle mani di Chávez potrebbe trasformarsi in una minaccia permanente nei confronti della Colombia e del Brasile.

Nasce un club atomico al quale, oltre al Venezuela e all’Iran, fa parte la Corea del Nord, di cui molti già conoscono le minacce belliche e le follie del dittatore Kim Jong-un, che fa riaffiorare fra la gente comune l’angoscia e il panico patiti da Ettore Majorana per l’uso delle armi atomiche, così come descritto da Leonardo Sciascia nel suo libro. La casa in cui Ettore Majorana visse in Venezuela è stata ritrovata a novemila kilometri dalla sua Sicilia, alla periferia della città di Guacara, all’incrocio di calle Guayana con Calle Sucre, ma in nessun cimitero è stata ritrovata la sua tomba e qui torna preponderante il pensiero di Enrico Fermi:

Con la sua intelligenza, una volta che avesse deciso di scomparire o di far scomparire il suo cadavere, Majorana ci sarebbe certo riuscito.

Minuziosa e coraggiosa è la ricostruzione della seconda vita di Ettore Majorana, agli autori va il plauso degli amanti della verità, di quella verità che fa apparire Ettore, da un angolo sconosciuto e ignorato dal mondo intero, come osservatore di se stesso, con il privilegio di essere attore e spettatore nello stesso tempo, lasciando agli altri il mistero della sua volontaria segregazione, che forse riposa, prima di ogni altrove, nel cuore e nell’archivio della sapienza dei suoi familiari più stretti.

 

La seconda vita di Majorana
Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi e Andrea Sceresini,
Chiarelettere, 2016
Pagine 186
Prezzo di copertina € 16,90

 

Franco Santangelo

Critico e Storico