Roberto Spandre: scrivere per «rivivere»

Uno scrittore girovago, per lavoro, per affari, per il piacere di intrattenere rapporti umani con la popolazione che ha incontrato, quella dell’America del Sud. E così ha immortalato episodi, racconti di vita e di mondo, offrendo al pubblico non solo delle vere e proprie “guide di viaggio” ma l’atmosfera del romanzo, che spazia dal giallo vero e proprio alla sociologia poliziesca. Roberto Spandre lo abbiamo incontrato, per parlare dei suoi 30 anni all’estero.

Tracce di Cenere, uno dei suoi libri: come nasce l’idea di scriverlo?
Tracce di Cenere è il mio primo lavoro, al quale sono succeduti Delitto alla Fiera e, l’ultimo che uscirà questo mese, che si intitola Il serpente tatuato. Il primo libro ha come scenario la Cuba della metà degli anni ’90, il secondo il Messico centrale sul finire dei ’70 e il terzo, il Brasile contemporaneo. Tutti e tre i libri sono editi dalla Cavinato International, di Brescia. L’idea di scrivere questo genere di libri è il frutto della mia lunga e particolare vita  lavorativa che mi ha portato per decenni in giro per il mondo. Sono stato ricercatore all’Università di Pisa e Addetto Scientifico del Ministero degli Affari Esteri, presso l’Ambasciata italiana a Brasilia, fino al 2014. Per oltre 30 anni ho lavorato in progetti internazionali, per università, governi stranieri e Istituzioni internazionali, che mi hanno portato a vivere e a visitare numerosi paesi, soprattutto quelli dell’America Latina. Un giorno, improvvisamente, ho sentito il desiderio di scrivere qualcosa sui paesi dove avevo vissuto e sulle persone che avevano occupato un posto importante nella mia vita, per cui, in principio, pensai di scrivere dei libri di viaggio, uno per ogni paese nel quale ero vissuto. Subito dopo alcune decine di pagine, mi resi conto che quello che stavo facendo difficilmente avrebbe interessato più di una cerchia ristretta di amici e, forse, neanche tutti loro, per cui decisi di dargli un taglio letterario “nuovo e particolare”, in maniera da rendere interessante e intrigante la lettura ma, allo stesso tempo, di svelare lati e aspetti poco noti di alcuni paesi. I miei libri sono quindi di un genere molto particolare. Se dovessi metterli su uno scaffale di una libreria li collocherei tra i polizieschi e le… guide turistiche. Ogni romanzo è ambientato in un Paese e si prefigge come obiettivo, oltre a quello di offrire una lettura piacevole, di “far viaggiare il lettore”, in paesi che forse conosce già, ma in luoghi certamente poco noti alla maggioranza. L’indagine diventa allora solo il fil rouge, la pista su cui far muovere il lettore attraverso luoghi e usanze di quel Paese.

Chi è Sandro?
Sandro Acinas è il mio “alter ego”, un geologo come me, un incallito viaggiatore giramondo,  un po’ avventuriero, amante della buona tavola, dell’amicizia e della sincerità.

Una frase di uno dei suoi libri a cui è più legato?
«Dios està conmigo, si no vuelvo soy yo que estoy con El»  (Dio è con me, se non ritorno sono io che sto con Lui) – Delitto alla Fiera

Cosa rappresenta la scrittura per lei?
Scrivere per me è un po’ come rivivere, ritornare con la mente indietro nel tempo ma senza una sequenza cronologica. I miei libri non seguono un percorso scandito dal calendario, dal passato al presente, ma saltano da un anno all’altro, da un’epoca all’altra, proprio per evitare che il personaggio principale Sandro Acinas, alias Roberto Spandre, debba invecchiare sempre di più in ogni libro. Sandro è come Dorian Grey, per lui il tempo non passa.

Uno scrittore da cui prende ispirazione?
L’ispirazione viene leggendo e amando ciò che si legge, risulta difficile stabilire un mentore senza fare torto ad altri cento. Se devo comunque pronunciarmi credo che Camilleri e Vazquez Montalban mi abbiano segnato molto nel modo di pensare e scrivere.

Tre aggettivi per descriversi?
Ostinato, perseverante, romantico.

 

 


Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice