Storie vere di Alessio Biondino

In questa intervista lo scrittore Alessio Biondino parla del suo libro e quanto ha inciso il suo lavoro in ospedale nella sua vita.

Buonanotte, madame affronta un tema forte e riguarda l’incontro fra Alessio e Rosa, come è nata l’idea di scrivere questo romanzo?
Il libro è fortemente ispirato alla mia reale esperienza professionale come infermiere e non è nato da un’idea. È nato e basta. Ero lì che ricordavo alcune emozioni e alcuni momenti divertenti vissuti con lei… quando ho iniziato a scrivere. Così, per proteggerli in qualche modo dall’attività corrosiva del tempo pensavo di farne un articolo, una vivida testimonianza da donare alla sua famiglia o semplicemente qualche riga di testo da rileggere sul pc, per rivivere quella parentesi importante della mia vita. E invece… in poche settimane è nato un romanzo.

Tema forte?
Non so… essendo un professionista sanitario per me concetti come malattia, cura e assistenza sono il pane quotidiano. Di sicuro è una delle tante realtà nascoste, poco descritte, che secondo me è giusto portare alla luce. È la realtà di tante famiglie. E di tante persone che hanno un’immane voglia di vivere.

Chi sono Alessio e Rosa?
Rosa è una signora di 64 anni malata di SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica. È una donna forte, capricciosa, ostinata, molto femminile, con un’incontenibile voglia di vivere, di ridere, di comandare e di resistere. Dopo una lunga degenza ospedaliera, arriva finalmente il giorno in cui lei ed i complessi presidi tecnologici necessari alla sua complessa sopravvivenza vengono trasportati a domicilio dove ad attenderla trova Renato, l’anziano marito, e… Alessio, uno degli infermieri incaricati di assisterla. Lui è un professionista sanitario un po’ atipico, che produce metafore a non finire e che fa dell’umorismo una parte fondamentale del suo modo di aiutare. Dopo essersi conosciuti e dopo un fisiologico periodo di adattamento, Alessio e ‘madame’ Rosa costruiscono un’efficiente relazione d’aiuto ma soprattutto un rapporto umano complice, divertente, solido… unico.

Nel libro quello che esce fuori è la sofferenza e soprattutto la quotidianità degli ospedali, qualcosa su questo?
Più che della realtà ospedaliera italiana, Buonanotte, madame racconta quella dell’assistenza territoriale a disabili gravissimi; di solito affetti da terrificanti patologie neurodegenerative (SLA, distrofie, ecc) e che hanno bisogno di un’assistenza domiciliare ad alta intensità. Assistenza che, complici la crisi e il crollo che il nostro Servizio Sanitario Nazionale ha avuto negli ultimi anni, è sempre più latitante. Non è un libro che parla di sofferenza… C’è una malattia grave ed un professionista che aiuta, questo sì. Ma Alessio e Rosa stanno sempre a ridere. Piangono dal ridere. E ciò nonostante momenti bui, situazioni d’urgenza, intoppi burocratici e problemi apparentemente insormontabili. Così da avere la forza per vincerli.

La sua passione per la scrittura quando nasce?
Durante le scuola elementare, credo. Adoravo scrivere i “temi” ed ero anche piuttosto bravo. Mi piaceva molto raccontare. Poi, però, negli anni, non ho più fatto molto caso a questa mia passione. Accantonandola. Fino a che non è riesplosa tutta insieme con Buonanotte, madame. Forse serviva solo una storia da raccontare. Tuttora sto ultimando un nuovo libro…

Cosa significa scrivere, per lei?
È il modo migliore che conosco per esprimere pensieri ed emozioni. Da sempre. È qualcosa attraverso cui posso far immaginare, riflettere, emozionare, arrabbiare, sorridere, ridere e piangere. È il mezzo più bello che conosco per divulgare avvenimenti, esperienze o come nel caso del mio romanzo… una storia.

Tre aggettivi per descriversi?
Caparbio. Soprattutto se mi pongo un obiettivo. E se ho entusiasmo.
Puntiglioso. Diciamo che metto molti puntini sulle “i”, a volte… forse troppi. Ma quando sono responsabile di qualcosa, pretendo che sia fatta bene.
Onesto. Visto che viviamo nel paese dei “furbi”, dichiarare di essere onesti è oramai una controcorrente forma di “outing”. Ma io me ne vanto: sono una persona onesta. Perché è giusto. Perché credo veramente in una società migliore. E perché me l’ha insegnato mio padre.

 

 

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice