Lilia Carlota Lorenzo: la cattiveria come soluzione ai problemi?

Un libro, un successo: con un semplice passaparola Il cappotto della Macellaia ha raggiunto le vette delle classifiche, tanto da essere stato notato dalla casa editrice Mondandori. Noi abbiamo cercato di capire il movente di tale approccio verso il pubblico: ebbene, quando si parla di cattiveria tutti siamo pronti a volerne capire i meccanismi. La lettura del testo può essere una soluzione, ma intanto abbiamo preferito parlare direttamente con l’autrice, Lilia Carlota Lorenzo, argentina di nascita, italiana d’adozione.

Protagonista de Il cappotto della Macellaia è la cattiveria: quanto incide essa nella vita dell’uomo e in che modo si può combattere?
Brava! Ha colto nel segno! I miei personaggi sono quasi sempre cattivi, e non solo in questo libro. Sono convinta che la gente sia più cattiva che buona. Non perché nasca cattiva. Uno nasce e basta, ma poi lo diventa per necessità, quando deve affrontare il mondo e mettersi in gioco. E se siamo ambiziosi, peggio ancora: dobbiamo sgomitare per andare avanti aguzzando gli artigli. Si immagini un colletto bianco in carriera che sia buono con i colleghi, racconti i suoi piani segreti a tutti, sia sincero col suo capo. Non andrebbe da nessuna parte.
Purtroppo la cattiveria, soprattutto quando c’entra con gli interessi, quelli grossi voglio dire, non la si può combattere. Nel piccolo ho fatto l’esempio del colletto bianco in carriera, ma che dire quando si parla di interessi internazionali dove i venditori di armi sono i propri governi che architettano guerre sotto banco facendo morire migliaia di innocenti, come i bambini. C’è poco da fare.
Tuttavia possiamo essere buoni con i nostri avanzi, sia di tempo che di cose: regalare quello che non ci serve più, fare volontariato per sentirci a posto con la nostra coscienza riempiendo nello stesso tempo le ore vuote.

Gente di paese e gente di città: mi ricorda una vecchia favola di Esopo. Secondo lei quali sono i vantaggi (se ce ne sono) di chi vive in un piccolo paese?
I vantaggi di vivere in un piccolo paese sono tanti. Tutti si conoscono, questo è rassicurante in caso di necessità perché possono darsi una mano a vicenda. Poi se sei ricco e appartenente a una famiglia in vista, non hai grossi difetti o abitudini di vita, il paese è il posto ideale. Appena esci da casa, il mattino, tutti ti salutano con l’inchino e corrono a darti una mano al minimo bisogno. Ma se sei figlio di poveracci, e in più hai brutti vizi, in un paese sei segnato a vita tu e tutta la tua discendenza. In questi casi è meglio nascondersi nella città, anche comunque ci sarà un ridotto gruppo di persone che ti tiene d’occhio, come i vicini del condominio ad esempio 😉

Cosa pensa lei del suo libro? Se dovesse recensirlo cosa direbbe?
Direi che è una storia di paese a tinte noir con personaggi brutti sporchi e cattivi, scritta così come parlo, quindi scorrevole. Può piacere o meno, ma non vi annoierà di sicuro e, stando ai commenti dei lettori, addirittura potrà divertirvi.

Chi è il suo scrittore preferito? E il suo libro?
Non potrei sceglie un solo autore. Mi piacciono i classici: Schnitzler, Dostoevskij, Svevo. Più recenti Simenon, del quale ho letto tutto quello che è stato pubblicato in Italia.

Libri, non potrei scegliere meno di due: Il nome della rosa, che ritengo sia il giallo più bello di tutti i tempi, e Cent’anni di solitudine.

Che messaggio si sente di dare ai suoi fan?
Nessuno, io sono un disastro. Pigra se il lavoro non mi piace, altrimenti stacanovista ossessa. Disordinata, asociale travestita da socievole, quindi cari fans – se ce ne fossero: fate per conto vostro; comunque sappiate che vi voglio molto bene e non scrivo nemmeno una riga senza pensare a voi, sempre con paura di annoiarvi.

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist