Scritti sui banchi – Luca Serianni e Giuseppe Benedetti

Come possiamo valutare i nostri studenti? Il giudizio dei docenti è sempre obiettivo? O per forza di cose viene fuori quella soggettività che giustamente fa la differenza? Luca Serianni (docente di Linguistica a La Sapienza) e Giuseppe Benedetti (docente di Italiano e Latino al Liceo) hanno analizzato alcuni temi di ragazzi dal Nord al Sud per capire la modalità di valutazione attuata dai diversi docenti e quanto è importante il tema in classe oggi, sostituito dal saggio breve. Scritti sui banchi. L’italiano a scuola tra alunni e insegnanti edito da Carocci rivela alcune perplessità circa la valutazione stessa (per Don Milani inutile perché classista) e l’elaborazione dei compiti in classe che oggi non suscitano più motivazione negli studenti.

Ma andiamo per gradi. Nel testo si fa una analisi riguardo ai pro e contro dei voti: dare un voto al tema, che poi l’alunno si sente addossato (Io valgo 4, io valgo 8) non è educativo secondo alcuni pedagogisti, perché invece di valutare bisogna stimolare le competenze che ogni allievo deve sviluppare, certo in maniera diversa rispetto a un altro, ma non migliore o peggiore di: non a caso Don Milani scrive: «non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali tra disuguali».
Altri, più moderni, sostengono invece che la valutazione serve a selezionare e individuare le capacità di persone che dovranno dare il loro contributo alla produttività del paese. Ma oggi, con la valutazione per competenze le cose sono cambiate perché non si valuta la prestazione conoscitiva, ma ci si è spostati sul versante extrascolastico sotto le spoglie del saper fare in contrapposizione all’«inutile sapere»:

Gli esami sono giorni di scuola «sciupati», i compiti in classe tempo perso: «Durante i compiti in classe lei [la professoressa] passava tra i banchi mi vedeva in difficoltà o sbagliare e non diceva nulla. Io in quelle condizioni sono anche a casa. Lei sa le cose. È pagata per aiutarmi. E invece perde il tempo a sorvegliarmi come un ladro». Tempo sottratto alla vera didattica anche le interrogazioni: «Che le interrogazioni non son scuola me l’ha dichiarato lei stessa: “Quando ci sono io nella prima ora prendi pure l’altro treno, tanto nella prima mezz’ora interrogo”. Durante l’interrogazione la classe è immersa nell’ozio e nel terrore. Perde tempo perfino il ragazzo interrogato. Tenta di non scoprirsi. Sfugge le cose che ha capito meno, insiste su quelle che sa bene».

La scuola di Barbiana non le manda a dire, e in effetti non ha tutti i torti malgrado i tempi erano diversi e le esigenze della società pure. L’intelligenza è difficile da rilevare, così ci siamo inventati un modo per quantificarla, distribuendo dei numeri.
Ma in un tema libero, dove le competenze di un individuo sono veramente diverse (subentrano le capacità logiche, grammaticali, ortografiche, competenze originali e conoscenze nel caso di un compito di storia ad esempio) come possiamo valutare oggettivamente?

«Ogni individuo porta con sé, dalla nascita, un diritto uguale ed intangibile a vivere indipendentemente dai suoi simili in tutto ciò che lo riguarda personalmente ed a regolare da sé il proprio destino» [ A. de Tocqueville]

I due autori hanno selezionato alcuni temi e hanno riportato i criteri di valutazione adottati dai docenti: così è venuto fuori che qualcuno predilige l’aspetto formale e ortografico, qualcun altro quello originale. Insomma hanno cercato di dare delle norme. Per questo è anche interessante confrontarsi con altri docenti e con il loro personale criterio, ma tutto ciò non ha portare a stabilire regole standard. Bisogna sottolineare soltanto l’errore? Sostituirlo con la forma corretta? Cosa è utile per i ragazzi?
Una risposta a queste domande manca, anche se l’ideale sarebbe appunto sostituire l’erratum, senza però interventi integrativi che andrebbero a minare lo stile personale. Di fatto oggi nelle scuole non ci si allena più al tema, sostituito dalla comprensione del testo: un modo come un altro per tenere per sé le emozioni, intrappolate e ben conservate:

«Il male più grande sta nel fatto che, oggi, le antologie di lettura per la scuola media inferiore e il biennio sono inquinate da caterve di esercizi di “comprensione” e di “produzione” assolutamente diseducativi per lo studente, considerato niente più niente meno che una mucca da mungere fino all’ultima goccia di latte: come se chi leggesse dovesse sempre per forza associare qualcosa, provare qualcosa, emozioni, sensazioni… produrre qualcosa; e non fosse più legittima la lettura di una volta: libera, spontanea, casuale e svagata, sull’onda della fantasticheria, reticente nel disvelare se stessi e fuori di sé quelle impressioni ancora confuse che il suo piacere sa suscitare». [Giovanni Pacchiano]

Il saggio non dà soluzioni ai problemi, però permette un confronto tra pari (docenti) e regala sfumature di significato (inerenti al classico voto) utili a valorizzare il proprio lavoro al fine ultimo perseguibile: il bene dello studente.

 

Scritti sui banchi. L’italiano a scuola tra alunni e insegnanti
Luca Serianni e Giuseppe Benedetti
Carocci, 11 giugno 2015
Pagine 214
Prezzo di copertina € 19,50

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist