Un figlio – Alejandro Palomas

«Credo che il Guille che vediamo sia il pezzo di un puzzle, e che, nascosto sotto questa felicità, ci sia un…mistero. Un pozzo da dove forse ci chiede di essere tirato fuori.»

È sempre sorprendente il modo in cui i bambini chiedono aiuto; il loro affidarsi, all’inizio, con diffidenza e poi con fiducia a quelle figure che reputano in grado di recepire i loro messaggi. E lo struggente romanzo dello spagnolo Alejandro Palomas, Un figlio (Neri Pozza, 2016), vincitore del Premio Joaquim Ruyra 2014, può essere considerato proprio come una confessione criptica che giunge a poco a poco, fino a mostrare una verità più crudele di qualunque finzione.

Il mondo della fantasia, in cui ogni minore si rifugia, ha per il piccolo Guillermo Antùnez, detto Guille, il volto di Mary Poppins e la sua parola magica “Supercalifragilistichespiralidoso” che, se pronunciata quattro volte, può appianare ogni situazione. Con una madre lontana – hostess di volo a Dubai – e un padre disoccupato che non appoggia minimamente la sua vena creativa, reputandola “femminea”, il bambino desidererebbe acquisire i poteri magici del suo idolo. Guille ha in comune con la mamma la passione per la lettura, ed entrambi amavano guardare alla tv la strana signora londinese, “piovuta dal cielo” utilizzando i magici poteri di un ombrello. Ma ora, senza la madre, inizia a venire a contatto con una realtà più grande di lui, in cui sente il dovere di ergersi a paladino, nel vano tentativo di rallegrare il padre, distrutto per l’allontanamento della moglie, e impedire alla sua unica amica, la pakistana Nazia, di andare sposa ad un cugino grasso e trentaduenne, secondo una barbara tradizione.

La maestra Sonia legge strani segnali nelle affermazioni e nei disegni di Guille, tanto da consigliare un colloquio con Maria, la psicologa della scuola. Nonostante le titubanze del padre, Guille e Maria si incontreranno una volta a settimana e, tramite frasi dette a metà e temi in cui al bambino viene chiesto di raccontare il suo mondo, una dolorosa verità verrà a galla. Quell’iceberg che si celava sotto ad una superficie in apparenza “cheta”, e di cui invece si vedeva solo la sommità.

L’autore è abile a narrare la storia, facendo parlare a turno i protagonisti. Il punto di vista di Guille, di Maria, del padre Manuel e della maestra Sonia sono tasselli di un puzzle che si ostina a tener celata la sua immagine d’insieme. Guille, chiamato ad essere un piccolo-grande uomo, svela il mondo di un ragazzino di nove anni che viene turbato all’improvviso; la lontananza che si crea con la figura genitoriale di riferimento, in questo caso il padre, quando si preferisce proteggere i minori, anziché spiegare loro le cose. Uno scambio di ruoli a cui la sofferenza conduce, dove i bambini sono gli adulti, e viceversa.
Fra tutte, spicca la figura della maestra Maria, che con dedizione si propone di aiutare Guille. Il finale, commovente, da solo merita la lettura dell’intero romanzo.

«Un libro che si legge tutto d’un fiato, ma che vorremmo non finisse mai.»

È una frase sulla quarta di copertina e che qui riporto, perché mi trova totalmente concorde.
Un figlio
Alejandro Palomas
Neri Pozza, settembre 2016
Pagine: 190
Prezzo di copertina € 16,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa