Vito Bruschini: il caso di Emanuela Orlandi in un libro

In questa intervista Vito Bruschini parla del suo libro che affronta il caso di Emanuela Orlandi.

Il 22 giugno 1983 scompare Emanuela Orlandi, e da quel momento tutto cambia per la famiglia , per il Vaticano e l’Italia, un caso ancora oggi aperto, come è nata l’idea di scrivere La verità sul caso Orlandi?
L’idea di un romanzo sul caso Orlandi è venuta al mio editore durante un incontro con il regista Roberto Faenza, mentre ancora stava girando il suo film sulla scomparsa di Emanuela, La verità sta in cielo. Faenza ha scritto una storia per trovare una risposta alle motivazioni che hanno spinto il Procuratore di Roma Pignatone ad archiviare l’inchiesta. Sono gli anni, a partire dal 2008, in cui Sabrina Minardi, l’amante di Renatino De Pedis, uno dei boss dei testaccini, inizia a rilasciare delle dichiarazioni esplosive. Questo è il film che ha avuto un bel successo e che Faenza ha girato da Maestro qual è. Il romanzo doveva completare il quadro disegnato dal film, raccontando gli antefatti e le motivazioni che avevano portato al rapimento della cittadina vaticana. In pratica vedendo il film e leggendo il libro si voleva dare un quadro della vicenda il più possibile vicino alla verità. Ecco il motivo per cui film e romanzo hanno la stessa immagine nella locandina e sulla copertina.

C’è una verità su questo caso?
Per questo dicevo “vicino alla verità”, perché in realtà come sono andati veramente i fatti potremo soltanto leggerlo nel dossier che è custodito in Vaticano, quando uscirà dagli archivi tra 500 anni.

Manuela secondo lei dove sta ora, è viva ?
La speranza della famiglia è che sia ancora viva. Pietro Orlandi, il fratello maggiore, finché non gli mostreranno delle spoglie con il DNA di sua sorella, continua a considerarla in vita. Personalmente però credo che non sia così. In 33 anni Emanuela avrebbe avuto sicuramente la possibilità di mettersi in contatto con la famiglia. Le sue ultime tracce si perdono a Bolzano dove è stata vista da una donna la cui testimonianza è assolutamente attendibile e ascoltata da un’altra signora di quella città a cui Emanuela aveva telefonato chiedendo disperatamente aiuto. Dopo Bolzano nessuno più ha testimoniato di averla veduta.

Un’inchiesta importante la sua, come ha lavorato su questa? E con quali mezzi?
Sul caso Orlandi c’è una tonnellata di documenti, libri, memoriali, testimonianze che dicono tutto e il contrario di tutto. La difficoltà maggiore è stata quella di discernere le dichiarazioni veritiere da quelle fasulle. La testimonianza di un commissario oggi in pensione che all’epoca s’interessò al caso mi ha indicato una ipotesi che è poi quella che spiego nel romanzo e che credo sia la più attendibile. Emanuela è stata rapita per la lotta tra la loggia massonica nata anni prima all’interno del Vaticano e papa Wojtyla. Si voleva abbattere il grande carisma del papa con il rapimento di una sua cittadina. Lo scopo era quello di distoglierlo dal finanziare lo sciopero del sindacato polacco Solidarnosc contro il governo filosovietico di Jaruzelski. I cardinali massoni non volevano che il comunismo cadesse perché sarebbe venuto meno l’equilibrio mondiale. Ma Wojtyla non si fece intimidire e cinque anni dopo, con il crollo del muro di Berlino, raggiunse il suo obiettivo sconfiggendo l’impero sovietico… con gli effetti che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Debbo dire che i cardinali massoni avevano visto giusto.

Una frase del libro che lo racchiude?
Direi le battute finali del romanzo. Si riferiscono alla battaglia che la famiglia ha dovuto combattere contro le istituzioni italiane e vaticane nel corso di questi 33 anni: «In Italia oggi tutti sanno chi è Emanuela Orlandi. Emanuela è la sorella di tutti noi».

Lei ha scritto tanti libri su temi caldi italiani come la strage di piazza Fontana, ma a quale di questi è più legato?
Tra i tanti, sono più affezionato proprio a quello a cui ti riferisci: La Strage. Il romanzo di piazza Fontana. Per un motivo semplice: quando uscì venne sequestrato da un magistrato, poi però la censura cadde e tornando nelle librerie non ebbe l’attenzione che si meritava.

Tornando a lei cosa rappresenta la scrittura ?
Tutta la mia vita professionale è stata improntata alla ricerca della verità e della giustizia sociale. Prima come giornalista e ora come scrittore. Lo scopo è quello di rendere consapevoli le persone. I cittadini hanno il diritto di conoscere i fatti anche quelli più spiacevoli. Ma da parte del potere c’è la propensione a nasconderli. Questa secondo me è un’offesa alla capacità di riflessione della gente. Chi pensa così considera ancora il popolo come una massa d’imbecilli… ma forse è più esatto dire che ha paura di lui.

Uno scrittore che ama?
Sciascia mi ha ispirato, nei primi lavori.

Tre aggettivi per descriversi?
Sono a corto di aggettivi. Diciamo che sono uno che finirà di sognare e fare progetti un’ora prima di morire.

Prossimi progetti?
Un’altra storia, sempre dalle parti del Vaticano, poi un po’ di cinema e teatro e ora anche un ritorno al mio primo amore; una volta si chiamavano fumetti ora Grafic Novel. Ne scriverò una insieme a un grande disegnatore.

 

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice