Le cose che non facciamo – Andrés Neuman

«Cortocircuito fortunato: a chi scrive racconti capitano cose, a chi capitano cose scrive racconti», si legge nei godibilissimi dodecaloghi che prolungano di un altro po’ il piacere della lettura: stando a questo suo stesso aforisma, a Neuman dovrebbero accadere un sacco di cose, perché i 25 racconti che compongono il suo ultimo libro, oltre che rivelare uno sguardo decisamente sagace, sono addirittura raggruppati per “argomento”, come in una specie di catalogo delle umane esperienze (Le cose che non facciamo primo blocco, e a seguire Familiari ed estranei, L’ultimo minuto, La prova d’innocenza, Fine e principio del lessico).

Questa riedizione del libro Le cose che non facciamo di Andrés Neuman, uscita proprio in maggio con una nuova copertina sempre per i tipi di Sur, è arricchita da un saggio inedito sull’arte del racconto, e testimonia l’attenzione crescente dei lettori per questo genere letterario che Neuman considera una sorta di “palestra” della scrittura, un luogo dove mettere alla prova la sperimentazione non come esercizio accademico ma come rottura dei confini prestabiliti, ampliamento di un genere letterario al fine di creare uno spostamento emotivo nel lettore.

Già solo la posizione scelta per i racconti all’interno della raccolta sembra voler assecondare non solo l’unità tematica ma soprattutto l’andamento a onde dell’emotività del fruitore, attraverso un’alternanza di racconti a sfondo più tragico o comunque agro e racconti invece più luminosi, leggeri, quasi umoristici, da leggere come se si viaggiasse su una strana altalena. Ma di cosa parlano questi brevissimi e nitidissimi testi?
Si va da un breve flash su un triangolo amoroso che ricorda Chi di noi di Mario Benedetti, a una lite di coppia fatta esplodere da una donna di ibseniana memoria, a un’assurda coppia talmente affiatata e simmetrica da autosabotarsi, fino alla ultra sperimentale cronaca di una nascita, che confonde come certi flussi di pensiero di Virginia Woolf, alla bellissima ed elegiaca passeggiata immaginaria con la madre in Una sedia per qualcuno, che fa da contraltare all’immagine delle scarpe paterne, vuote, nel racconto successivo. Ci sono poi i racconti sulla morte, da quella “dolce” e casalinga delle persone conosciute a quelle grottesche e tragicomiche di un condannato e di un aspirante suicida. Ci sono racconti che si generano da un nonnulla, come La prova di innocenza, e racconti che rammentano le ossessioni tratteggiate da Poe, come L’hotel del signore presidente. Trasudante saggezza La macchina per tradurre poesie, che incarna anche una profonda riflessione sulle possibilità del linguaggio e sulla scrittura come comunicazione, voyeuristico Teoria della stesura, che non parla di stesura di romanzi ma di stesura di panni. Questi e molti altri i racconti che Neuman ci propone, con una prosa agile e capace di fare della brevità uno strumento di comprensione, in una carrellata di scene quotidiane all’apparenza semplici e in realtà semovibili come una superficie alla quale basti incresparsi per mostrare l’abisso al di sotto, in una continua tensione tra il conosciuto e l’ignoto, tra il rassicurante e il macabro.

Se l’intento era creare dei piccoli universi autoconclusi, e allo stesso tempo comunicanti, se l’intento era perturbare la sfera emotiva del lettore proponendogli situazioni mai identiche a quel che sembrano, e se l’intento era introdurre qualcosa di straniante – come la morte – nel quotidiano, lo scrittore argentino ci è perfettamente riuscito, mantenendo anche uno sguardo che sorride con intelligenza delle questioni lasciate in sospeso.
Non per niente, il titolo originale dell’opera è Hacerse el muerto, cioè fare il morto, e non per niente una massima cara all’autore, di Cortázar, recita così: «il racconto è una sorta di improvvisazione controllata».

 

Le cose che non facciamo
Andrés Neuman
Sur Edizioni, maggio 2017
Pagine 158
Prezzo € 15,00

 

Teodora Dominici

Articolista, collaboratrice editoriale free-lance e scrittrice in pectore