Le bambine dimenticate – Sara Blaedel

Immaginate un bosco, a ridosso di un minuscolo centro abitato, da qualche parte in Danimarca. Comunque un posto molto isolato. E un cadavere di donna, dal volto deturpato, vestito di cenci –  quasi fosse una senzatetto –, che viene ritrovato nel fondo di una scarpata. Precipitato da chissà dove. E ancora, un distretto di polizia che ha istituito un Servizio Investigativo Speciale, per permettere di dare un nome alle persone scomparse, di cui nessuno ha mai fatto denuncia. Aggiungete poi Louise Rick, incaricata delle indagini e tipo tosto, affiancata da un aitante giovanotto sempre vestito di nero, il collega Eik Nordstrom.

Se calcolate che le cose non sono come sembrano, e in quei boschi affiorano altri cadaveri, così come una bambina dimenticata che ha vissuto in un ospedale psichiatrico più di trent’anni prima, con una fantomatica gemella di cui non si sa più nulla, avrete messo a punto gli ingredienti di questo thriller che viene dal nord: Le bambine dimenticate di Sara Blaedel (Fazi, 2017).

Col termine “dimenticato” si allude a tutti quei bambini cerebrolesi che, negli anni Ottanta, venivano fatti ricoverare dalle famiglie che non riuscivano più a badare a loro in strutture psichiatriche. Oggi, fortunatamente, questi ospedali non esistono più. In questi luoghi si attuavano metodi non troppo ortodossi, e l’incolumità dei pazienti non sempre era garantita, così come il loro benessere fisico. L’autrice, nelle note, ci tiene a precisare che l’opera è di fantasia, ma che una piccola parte sia frutto di fatti realmente accaduti in taluni vecchi istituti danesi per minorati mentali. In particolare, Eiselund, il nome con cui si appella la struttura, è un parto della sua mente. Seppur ella abbia modificato nomi e luoghi, l’eco che si avverte è di aberrazioni troppo a lungo perpetrate dal genere umano.

«Bambine dimenticate?». Camilla era perplessa.
Agnete Eskildsen annuì. «Non avevano contatti con nessuno al di fuori di Eiselund, nemmeno con la famiglia. All’epoca si faceva così: quelli che avevano qualcosa che non andava venivano messi nel dimenticatoio. Era molto raro che qualcuno venisse a trovarli. Spesso i mariti vietavano alle mogli di far visita ai figli, perché dicevano che dopo passavano giorni e giorni in stato di agitazione».

Il fatto che per quei boschi si aggiri una belva, assatanata di sesso, è indubbio. Vietato quindi, alle donne, recarvisi da sole. Troppi gli stupri, qualcuno sfociato anche in omicidio. Con l’aiuto dell’amica Camilla, indomita giornalista freelance, Louise e Eik dovranno toccare le corde giuste, nelle loro indagini, per riuscire a stanare il killer. Louise però, cresciuta in quei luoghi, è turbata dagli abitanti che sempre le ricordano un brutto fatto della sua giovinezza che invece lei vorrebbe gettarsi alle spalle. Infine, ciliegina sulla torta: come può essere il corpo ritrovato nel bosco, quello di una delle gemelle, se sono state dichiarate entrambe morte a Eiselund, oltre trent’anni prima?

Sara Blaedel, considerata la più popolare scrittrice di crime danese, concepisce una trama avvincente, che ce la fa a tenere il lettore incollato alle pagine. Soprattutto, è la fine delle due gemelline a destare preoccupazione, e si vuole assolutamente scoprire cosa ne sia stato di loro.

Unico appunto che posso fare – sono qui per questo – è forse da attribuirsi a un “difetto” di traduzione. Ci sono parecchi termini che si ripetono e magari, cercando dei sinonimi, la prosa apparirebbe più accurata.
Le bambine dimenticate è nel complesso un buon thriller, che sento di consigliare agli amanti del genere.

 

Le bambine dimenticate
Sara Blaedel
Fazi, aprile 2017
Pagine: 286
Prezzo: € 15,00

 

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa