Il bambino del treno – Paolo Casadio

Nel 1943 gli eventi della storia si sono intrecciati con la vita quotidiana di molte famiglie, spezzandola, riducendola e lasciando, ai soli sopravvissuti, tracce indelebili nella memoria. Una di queste famiglie è quella appena creata da Giovanni Tini, che improvvisamente vince un concorso per avanzamento di carriera in ferrovia: deve partire e lo fa con la moglie e il figlio che ancora deve nascere. La realtà che il protagonista troverà nel paese sperduto di una valle appenninica dove gli hanno dato l’incarico non è esattamente quella che sperava, ma i coniugi non si arrendono, vanno avanti grazie anche alla nascita dell’unico figlio, Romeo, che in realtà doveva chiamarsi Anselmo, per non spezzare «le tradizioni che reggono il domani», e insieme al cane Pipito. Lucia, donna giovane ma molto determinata decide di non arrendersi e di “impossessarsi” di Fornello, e di viverci perché come la storia insegna c’è gente che nasce dalla parte sbagliata, dunque diretta verso il nulla, e gente che ha la fortuna di nascere dalla parte giusta che «non avrebbe rischiato nulla, a condizione di non vedere, non sapere, non opporsi». La famiglia Tini, che decide di non abbattersi, si riappropria della quotidiana felicità imparando nelle piccole cose, come l’arte di insaporire i formaggi con le erbe, la gioia di andare avanti.

«Durante le abbondanti nevicate di dicembre Romeo poteva godersi il calduccio del letto.
Resteranno giornate intense nella loro semplicità.
Papà s’alzava all’alba – i primi transiti passavano alle sei – e mamma cominciava presto a “bisigare” in cucina, come diceva lei: perché in famiglia parlava un italiano romagnolo e certe parole non esistevano nei vocabolari. Nell’aria di casa si spargeva l’odore del surrogato di caffè, che a Romeo piaceva tantissimo nel latte grasso e fresco dei Checchi.»

La storia che Paolo Casadio racconta ne Il bambino del treno, edito da pochi giorni dalla casa editrice Piemme, sembra una come tante, con la nostalgia di quegli anni dove si viveva di amorevoli gesti e si affrontavano i problemi con la semplicità che veniva dalla natura stessa, fatta di tramonti, montagne, torrenti che alcuni luoghi solitari erano capaci di regalare. Ma all’improvviso tutto cambia, e tutto ciò che i protagonisti alla fine hanno amato viene spazzato via dal regime fascista che incombe pesantemente. E con esso le leggi razziali.

«Poi succede l’imprevedibile. Dai vagoni sono scaricati materassi di varie misure e stoffe, e poi cuscini, coperte. Gli uomini se li passano senza dir nulla: appena qualche gesto, qualche borbottio dissimulato nei movimenti. È una folla muta, intimorita.»

Un convoglio nella stazione di Giovannino improvvisamente trasporta uomini, donne e bambini ed è diretto in Germania. Tutte le scelte fatte in passato perdono di significato e persino Romeo si scontra con una realtà di cui è quasi impossibile concepire l’esistenza.
Casadio pur essendo un esordiente ha la capacità di far sentire ai propri lettori quello che è accaduto in quegli anni, ci dimostra come è difficile dare la vita per gli altri e quanto ne valga la pena. Non è facile morire per salvare una folla di persone, eppure qualcuno lo ha fatto. In occasione della giornata della memoria leggere un testo come questo può aiutarci a sviluppare l’altruismo di cui abbiamo bisogno sempre. Un libro delicato, che va dritto al cuore, che ci fa scorrere lacrime di commozione e ci fa pronunciare ripetutamente “Non è giusto”.

«Lucia restò al margine dell’eternità per un tempo pari alla stessa eternità, e quando ne oltrepassò la soglia il giorno ridivenne giorno.
Nell’ultimo cielo, affianco a Romeo e Giovannino quattro macchine testa di moro su fondo crema l’attendevano.
Pipito era fatto così. S’innamorava dei perdenti».

 

Il bambino del treno
Paolo Casadio
Piemme, 23 gennaio 2018
Pagine 240
Prezzo € 17,50
Ebook € 9,99

 

 

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist