La storia di un uomo solo: intervista a Donato D’Aiuto

A Napoli l’associazione Giorgio Ambrosoli Salerno e l’Accademia dei Parmenidei hanno presentato il libro La storia di un uomo solo, dell’avvocato Donato D’Aiuto – Graus Editore che avevamo letto su queste pagine. In occasione sono state rivolte all’autore alcune domande per chiarire il sottofondo psicologico del suo lavoro.

Come mai un giovane uomo pieno di vita e di passioni come lei, ha sentito la necessità di creare questo personaggio così infelice?
Non saprei spiegarle il “perché”, so solo che mi è capitato improvvisamente di avere in mente questo personaggio, questa storia. Ho dovuto soltanto trasferirla dalla mente alla carta, senza troppa fatica, perché già sapevo tutto. Era come se stessi raccontando un libro già letto, un film già visto.

Ha conosciuto davvero questo  giovane uomo che brucia la sua vita nell’alcool e nel rimpianto? Si è ispirato a qualcuno che conosce?
No, non conosco nessuno che faccia o abbia fatto abuso di alcool o di sostanze stupefacenti in “periodi bui” della propria esistenza come capita di fare al mio personaggio. Ma, purtroppo, noi tutti sappiamo di quanto sia diffusa, soprattutto tra i giovani e i giovanissimi, la tendenza a credere che alcool e droghe siano gli antidoti contro la noia e la depressione.

Ci espone le impressioni che ha avuto nelle presentazioni del libro nei mesi passati?
Pubblicare un libro era uno dei miei sogni. Esserci riuscito è stata una gioia ma subito dopo viene da chiederti “Piacerà?”. Devo dire che sono molto soddisfatto della risposta delle persone che hanno partecipato alle varie presentazioni e che hanno letto il mio libro. Ed è sempre piacevole ascoltare le impressioni e le sensazioni che i lettori hanno avuto a leggere le mie parole.

Lei si sente più cilentano o più cittadino del mondo?
Io credo che al giorno d’oggi dove ognuno ha libero accesso ad ogni parte del mondo semplicemente prendendo in mano il proprio smartphone siamo un po’ tutti cittadini del mondo. C’è poi chi è più interessato davvero a far parte del “Mondo” e chi invece si accontenta del piccolo posto in cui vive. Io sono molto legato alla mia terra di origine ed è per questo che dopo aver studiato fuori ho deciso di tornarci, riportando nel mio territorio le esperienze fatte altrove. È quello che dovrebbero fare molti ragazzi, per contribuire alla crescita della propria terra e devo dire che ultimamente sta succedendo sempre con più frequenza e questo mi fa molto piacere.

C’è un altro luogo in cui vorrebbe vivere oltre il Cilento?
Attualmente vivo e lavoro a Salerno e la trovo una città stupenda. Ma se dovessi andare via allora tornerei a Firenze, città dove ho studiato e mi sono laureato.

Lei si è spostato per gli studi a Firenze. In qualche modo l’arte l’ha contaminato? Cosa porta con sé di quel territorio?
Tutti dicono che Roma è la città eterna. E questo non si discute. Ma Firenze è Firenze. L’arte è in ogni centimetro quadrato. Soprattutto perché puoi vedere, ad esempio, passeggiando tra il Duomo, Santa Croce e Ponte Vecchio quanta attenzione sia data ancora oggi al “Bello”. Non solo nell’architettura, ma anche nel vestiario. Firenze è una città che ama la Bellezza e la Bellezza ricambia l’amore nei suoi confronti.

Premesso che noi tutti siamo come i personaggi pirandelliani, ossia Uno nessuno e centomila. Dovendosi presentare, come si presenterebbe: avvocato, scrittore, o che altro?
Nella vita non bisogna mai accontentarsi di essere una cosa sola. Ogni esperienza ti aiuta a crescere e a diventare sempre migliore e più completo. Scrivere mi è sempre piaciuto. Ho iniziato scrivendo di sport su diversi quotidiani online. Poi ho capito che potevo conciliare tutto ciò che avevo intenzione di fare. Quindi non mi presenterei come una sola di quelle cose. Io sono Donato e sono come un contenitore che contiene tutte queste cose. Per ora sono quelle, magari in futuro ce ne saranno anche altre.

Come avvocato è figlio d’arte, sia da parte di padre che di madre, ma da dove nasce la vena di scrittore?
Le due cose credo possano essere collegate. Anche per fare l’avvocato ci vuole fantasia e ricerca. Non mi sento ancora uno scrittore, sarebbe presuntuoso da parte mia. Ma spero di poter proseguire questa strada nel futuro.

Lei è Cilentano e il Cilento è Parco Nazionale. Come descriverebbe il suo rapporto con la natura? In che modo la conosce e la esplora?
Il Cilento è un territorio stupendo che neanche io conosco al 100%. A me quando vivevo a Firenze mancava il mare. Quando posso, mi piace godermi i meravigliosi tramonti sul mare. Anche la copertina del mio libro in realtà nasce da questo. Nasce proprio da una foto fatta in spiaggia, in quell’occasione era all’alba, ad Ascea con un amico. Da quella foto è nata l’idea della copertina. Chi può essere più solo di un uomo che cammina sulla spiaggia, da solo, all’alba?

Lei è uomo di cultura: In che modo ama partecipare alla società culturale? Ci dia almeno un esempio.
Io sono molto affascinato dalle cose che non so fare. Per questo amo la pittura. È un mondo pazzesco. È facile comunicare uno stato d’animo scrivendo, farlo dipingendo è molto più complicato. Come la pittura, anche la fotografia mi tocca parecchio. Per fare due esempi posso dire di essere rimasto molto colpito dalla mostra di Edward Hopper al Vittoriano a Roma e dalla mostra fotografica di Steve McCurry al Pan a Napoli.

Si definirebbe un temperamento estroverso, pronto a cogliere la positività della vita, o riconosce in sé qualche ombra?
Tutti hanno delle ombre. Ognuno di noi ha i suoi momenti di riflessione, in cui mette in dubbio ciò che fa, ciò che è. Mi piace pensare, visto che lo faccio anche io, che sia segno di intelligenza. Poi magari mi sbaglio.

Essendo così differente dal suo personaggio, in che modo pensa che questo “alter ego” le assomigli? Ma: le assomiglia in qualcosa?
Il personaggio del mio libro ha sicuramente subito esperienze che fortunatamente io non ho dovuto subire. Ma siamo simili sulla voglia, di tanto in tanto, di estraniarci un po’ dal mondo che ci circonda per rimanere un po’ da soli con noi stessi. È in quei momenti che riusciamo a capire quale possa essere la cosa migliore da fare o ad avere “l’idea migliore”.

In che modo e per quali motivi  ha voluto creare un personaggio così dissimile?
Io non l’ho voluto creare. Il personaggio del mio libro si è creato da solo. Non mi ero preparato a scrivere la storia di un uomo così. È venuta fuori da sola. Quando mi è venuta in mente la storia era già completa. Sapevo da dove iniziare, quale strada percorrere e dove andare a finire. L’ho dovuta soltanto trasferire dalla mente alla carta.

Per lei è davvero un personaggio che la fortuna ha abbandonato, o ritiene che lui non abbia più consentito alla fortuna di offrirgli altre opportunità? Insomma: Lo incolpa di qualcosa? Se sì, di cosa lo incolpa?
Il personaggio del mio libro fa l’errore che molti fanno: pensare che non si possa risalire. Lui era già caduto ed aveva provato a rialzarsi. Poi è ricaduto, ancora più in basso. Non per questo vuol dire che non si debba avere la forza di uscire di nuovo dalle sabbie mobili. Quando tutto va male è facile starsene in un angolino e piangersi addosso pensando che le cose non miglioreranno. Stando in quell’angolino è ovvio che non miglioreranno. Bisogna avere sempre la forza di alzarsi, lasciare quell’angolino e riuscire a vedere il sole anche quando ci sono le nuvole. Perché dietro le nuvole c’è sempre il sole. Un’alternativa c’è sempre. Basta saperla cercare.

Secondo lei che lo ha creato, quali sono i difetti che conducono questo giovane, tuttavia pieno di possibilità, a non avere la costanza di attendere che la vita gliele offra?
Il problema sta proprio lì, nel non avere la pazienza di aspettare. Non si può avere sempre tutto e subito. Il mio personaggio aveva avuto tutto e subito in un primo momento: la fama, l’amore. Poi cade. E forse inizia a pensare che le cose vadano sempre così, senza bisogno di lottare per conquistarle. È quello che fanno molti giovani, pensando che tutto sia a loro dovuto, senza la necessità di fare il minimo sforzo per ottenerlo.

Ha mai vissuto in prima persona  un periodo sfortunato? Si è sentito tradito da qualcuno?
Periodo sfortunato non direi, ossa rotte a parte. Ho passato però periodi di incertezza, di dubbi, di preoccupazioni. Stati d’animo derivanti sia dalla posizione post-laurea in cui chiunque inizia farsi delle domanda, ma anche dal punto di vista personale. Io sono una persona che nei rapporti personali dà tutto. Mi apro completamente e mi fido ciecamente. Fino a quando poi non accade qualcosa che mi porta a ritrarmi. Purtroppo è capitato diverse volte. Dovrebbe servire di lezione per il futuro. Ma io me ne frego. È così bello fidarsi delle persone senza pensare che ad ogni angolo della strada possa esserci qualcuno pronto a deluderci o a tradirci. Come si può vivere nel costante pensiero di essere tradito da qualcuno?.

Quali sono le doti nascoste del suo personaggio, che lei ritiene di possedere?
Spero di saper scrivere come lui e di poter essere apprezzato per quello che faccio come accade a lui. Mi piace il fatto che il mio personaggio, così come faccio anche io, si ritagli del tempo da passare soltanto con se stesso.

Il suo antieroe, dice a se stesso: “Dio ci crea, ma siamo noi gli artefici del nostro destino.”-  Perché, secondo lei, non è poi capace di modificarlo a suo vantaggio?
Ognuno di noi è artefice del proprio destino. O meglio, di che pieghe possa prendere. Credo che gli incontri, come capita al mio personaggio e come è capitato anche a me, con delle persone particolari fanno parte di un disegno più ampio che noi non possiamo comprendere. Ma poi sta a noi recepire questi segnali e capire come possano essere vantaggiosi per noi. Praticamente, noi riceviamo solo l’input, poi diventiamo noi i veri e propri protagonisti della nostra vita.

Le riporto una frase del suo libro laddove definisce un lato importante di Alex: “Aveva un solo desiderio: sapere quante persone avrebbero sofferto se lui fosse morto.” Quanto conta nella vita del suo personaggio questa affermazione?
Conta più di ogni altra cosa. Una volta ho sentito dire “noi nasciamo soli e moriamo soli”. Penso sia il più brutto riassunto della vita di ognuno. Sapere di essere passati su questa terra senza lasciare alcun segno, tangibile o meno, di questo passaggio è il tormento che ha il mio personaggio. Tutti, me compreso, passiamo dei momenti in cui cin interroghiamo sulle persone che ci circondano. La cosa più importante è avere quanto più vicino possibile le nostre fonti di felicità, allontanando chi, invece, si dimostra solamente un peso per il nostro benessere. Tutto si riduce e deve essere ridotto a questo. La vita è troppo breve per non essere felici o, perlomeno, per cercare in tutti i modi di esserlo.

 

 

 

Bianca Fasano

Bianca Fasano, giornalista e scrittrice.