Intervista a Tiziana Ciavardini

In quest’intervista la scrittrice, giornalista Tiziana Ciavardini che racconta del suo libro Ti racconto l’Iran e di quanto ama questo luogo meraviglioso, l’antica Persia.

Come è nata l’idea di scrivere questo libro?
L’idea era già da tempo nella testa ma appunto non c’era mai ‘il tempo’. Narrare tanti anni di vita in un paese così diverso non era facile e la maggior paura era proprio quella di non riuscire a raccontare con esattezza la mia esperienza di vita in Iran. Sono stati anni bellissimi ma anche difficili, che mi hanno portato alla conoscenza di una dimensione diversa da quella ‘capitalistica occidentale’. Una dimensione in cui la spiritualitá la fa da padrona. Il libro nasce a maggio 2018 su suggerimento della mia amica Michela la quale mi ha supportato in tutto il percorso divenendone poi la curatrice.

Cosa rappresenta per lei la terra di Persia?
La Persia per me é la quotidianità. Pur vivendo a Roma ma viaggiando spesso in Iran i colori i profumi i suoni e gli insegnamenti della Persia sono con me ogni giorno. I tappeti, I quadri, i soprammobili gli amuleti fanno parte della Persia. Il secondo nome di mio figlio é Djalil proprio perché anche se figlio di genitori italiani è in qualche modo figlio di quel luogo. Nel libro questa circostanza viene raccontata. …e la Persia con le sue contraddizioni e i paradossi mi hanno sicuramente facilitato nella comprensione dell’altro e ma soprattutto di me stessa.  

Una frase che raccoglie il libro?
Credo sia questa: “Ho iniziato questo scritto con l’intenzione di fare un viaggio antropologico in terra di Persia, raccontando i fatti e cercando di comprendere il più possibile il suo popolo e la sua storia, tentando ogni volta di non giudicarne il bene ed il male. Termino il mio cammino abbracciandola forte simbolicamente, stringendomi soprattutto alle donne di questo Paese che, sono certa, daranno l’impulso vitale per una rinascita all’insegna del rispetto della sacralità umana, attraverso la quale solo dopo si giunge a quella divina.”

È la frase finale, ogni volta che la leggo mi commuovo. Ricordo esattamente quando é stata scritta pochi, mesi fa mentre ero in Iran. Un paese di 80milioni di abitanti, molti dei quali giovanissimi, che sta cercando di risolvere non con poche difficoltà, non solo la grave situazione economica interna ma soprattutto le grandi sfide e provocazioni statunitensi.

Cosa rappresenta per lei la scrittura?
Per anni ho scritto saggi accademici, articoli per giornali ma scrivere della propria esperienza di vita é diverso. Mentre scrivi ti chiedi sempre, ma interessa a qualcuno quello che ho fatto? quello che visto quello che ho percepito?. Questa era la domanda costante che mi ponevo ogni giorno poi mi sono detta ‘intanto lo scrivo poi si vedrà”. La paura maggiore come per ogni antropologa credo sia stata la paura di non sapere ben descrivere un paese complesso come l’Iran o anche la paura di aver interpretato in maniera sbagliata qualche racconto. Ma la soddisfazione più grande arriva quando qualche giovane iraniano mi scrive, perché ha letto il libro e si complimenta e mi dice di aver raccontato il suo paese in maniera equa, di aver raccontato il vero Iran, quello che nessuno racconta. Per me non esiste felicità maggiore di questa.

Uno scrittore o un giornalista da cui prende esempio?
Potrei dire Dacia Maraini ma sarebbe di parte visto che ha curato la prefazione del libro per cui non cito scrittori ne giornalisti. Prima di essere giornalista, io sono un’antropologa culturale e sono certa che non avrei mai potuto raccontare un paese diverso dal mio se non avessi avuto le ‘nozioni’ antropologiche acquisite durante gli studi. Il mito resta e rimarrà a vita Bronisław Malinowski, il grande antropologo polacco. Su sua ispirazione ho iniziato a studiare antropologia, su sua ispirazione ho condotto ricerche etnografiche nei luoghi piú remote del mondo come la foresta del Borneo. Attraverso la sua ‘osservazione partecipante’ ho provato questa volta a raccontare l’Iran e il popolo che lo abita attraverso la ‘ricerca sul campo’, fondamentale per me anche per il lavoro da giornalista. Non puoi raccontare un paese se non lo vivi in prima persona.

Tre aggettivi per descriversi?
Egocentrica, lunatica, complicata

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice