Mio assoluto amore – Gabriel Tallent

Parla di un rapporto supremo e ossessivo il romanzo d’esordio del giovane americano Gabriel Tallent Mio assoluto amore (Rizzoli, 2018), elogiato e definito un capolavoro persino da Stephen King. E di una ribellione a quell’amore, che matura lentamente, reputata inconcepibile perché contro natura. Una storia dura e spiazzante, ambientata nella California settentrionale, dove protagonista è la natura, descritta e centellinata in ogni sua forma.

C’è un padre, Martin, giovane e forte come una montagna, e c’è sua figlia Julia, detta Turtle (corazzata come una tartaruga?), una quattordicenne costretta a subire violenze e abusi di ogni genere. Un rapporto totalizzante, il loro, “assoluto”, di dipendenza reciproca, però malato e violento.

Martin e Turtle Alveston risiedono a Mendocino, in uno squallido casale isolato e immerso nella foresta, a pochi passi dal mare, che lasciano andare in rovina. Martin è un uomo colto, che legge tanti libri e disserta di filosofia; ambientalista convinto, altresì fanatico di un cosmo che lui sente andare alla deriva (al pari della casa).

L’umanità si sta suicidando – lentamente, rovinosamente, collettivamente caga nell’acqua dove fa il bagno, caga sul mondo solo perché non riesce a convincersi che il mondo esiste.

Turtle è stata addestrata fin da piccola dal padre a usare pistole e fucili. A difendersi e a sapersela cavare sempre. Assurda è la loro vita insieme: lui che per colazione stappa bottiglie di birra coi denti, lei che mangia uova facendosi scivolare i tuorli direttamente in bocca.

La ragazzina non socializza; odia le compagne di scuola e gli insegnanti, specialmente le donne, in una sorta di misoginia che Martin stesso le ha inculcato. Perché i pensieri del padre, i modi di dire e di fare, sono anche i suoi.

Le violenze che Turtle subisce, non sono solo fisiche (abusi sessuali, torture sadiche per farla “irrobustire”), ma sono anche psicologiche, tanto che per lei diventa normale condurre quel tipo di esistenza e difficile fuggire. Di certo, però, non è un tipo arrendevole. Piuttosto dignitosa e tosta, crocchetta (come la chiama Martin) lotta in qualunque situazione e non si dà mai per vinta. In fondo, è questa la sola cosa buona che lui le ha insegnato. Un uomo che, l’autore lascia intuire abbia a sua volta sofferto, sebbene lungi dal concedergli attenuanti. L’odio nei suoi confronti sopraggiunge inevitabile, non solo da parte della figlia, ma anche del lettore. È tutto un crescendo: i personaggi acquisiscono consapevolezza e si evolvono, risultando “diversi” da come erano all’inizio. Il continuo dosare amore e violenza, rende ambivalente la figura di Martin: non è un personaggio che crea disgusto nell’immediato. Così come fa con la figlia, quest’uomo rude e di bell’aspetto, confonde il lettore coi suoi eccessi.

Quello che voglio dire, insomma, è che tu, crocchetta, sei molto importante per me. Io ti amo. Faccio degli errori, lo so, e ti ho delusa, e lo farò di nuovo, e il mondo in cui ti sto facendo crescere… non è il mondo che vorrei. Ma sei sempre stata amata, crocchetta, assolutamente.

Con un finale alla Rambo, forse un po’ eccessivo per una ragazzina di quattordici anni (unico appunto che si può fare al libro), sarà proprio nella natura e nei suoi elementi che Turtle troverà una via d’uscita; un modo valido per contrastare l’assoluto amore di suo padre.

Un romanzo crudo, non per tutti. Ma che si distingue per una prosa ricca, armonica e altamente descrittiva. Uno spaccato d’America, di vita in generale, che si staglia indelebile nella memoria e ci costringe a fare i conti con la tristezza di tante esistenze raminghe. Crudele e paradossale è per alcuni minori ribellarsi alla sorte e naturale diviene, per noi, confidare nell’intervento degli assistenti sociali.

Mio assoluto amore
Gabriel Tallent
Rizzoli, aprile 2018
Pagine: 414
Prezzo: € 20,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa