Intervista a Ilaria Palomba

Ilaria Palomba è una conosciuta come esegeta dell’abisso, la sua scrittura è potente e feroce, ha all’attivo quattro romanzi, un saggio e due sillogi poetiche. L’ultimo romanzo, Disturbi di luminosità (Gaffi), affronta un tema delicato come quello del disturbo borderline scaturito da un abuso subito in giovane età. Si tratta di un racconto visionario sul filo del rasoio tra finzione e autoconfessione, tra sogno e realtà; ha suscitato notevole interesse nella critica, dal Venerdì di Repubblica al Caffè di Raiuno, definito all’unanimità: una discesa negli inferi dell’inconscio.

Come è nata l’idea di scrivere Disturbi di luminosità?
È nata molto tempo fa, dal 2014 raccolgo flussi di coscienza su un blog, ora non scrivo quasi più niente lì ma prima mi piaceva di tanto in tanto buttare giù pagine oniriche senza punti e virgola, erano resoconti di cose accadute e sognate. Nell’estate 2017 mi sono resa conto di avere più di duecento pagine di flussi di coscienza, tutti scritti in stati alterati. Un mattino mi sono affacciata alla finestra, ascoltavo i rumori della strada e di colpo ogni cosa è diventata bianca. Ho pensato che la mia vita fosse piena di zone oscure e ho immaginato cosa ci fosse in questo oblio, sono momenti di luce fortissima o buio. Non ricordavo delle cose, non ricordavo ciò che mi era accaduto a dodici anni, ci sono volute molte sedute di psicoanalisi per riportare a galla quell’evento e il motivo dei miei vuoti di memoria, delle dispercezioni e derealizzazioni.  Disturbi è stato un lavoro lungo, un lavoro sull’immaginario, c’è dell’ onirismo, ci sono i sogni e un’idea diversa di letteratura, non narrativa, più simile alla poesia in versi liberi e al romanzo filosofico. Disturbi è un testo psicotico, voglio entrare nella mente del lettore, scoprire le sue zone d’ombra, voglio ferire con la scrittura. Credo sia questo il compito della letteratura: creare degli scorci di verità squarciando l’indicibile. Bisogna andare a fondo, come in un rito iniziatico, solo gli iniziati varcano la soglia e arrivano alla fine del viaggio trasfigurati.

Tre aggettivi per descrivere il romanzo?
Onirico, morboso, estatico.

Uno scrittore a cui sei più legata? 
In questo momento Georges Bataille, sono legata alla sua scrittura sacra e oscena, alla commistione di generi, all’erotismo che si fa orrore, al buio che trabocca lucore corrusco. I francesi mi sono sempre piaciuti per la capacità di dire molto con poco, di raggiungere gli archetipi parlando di altri sé. Bataille mi piace perché in lui ogni dettaglio è sogno e simbolo.

Qualcosa sui protagonisti?
La protagonista non ha nome, è una coscienza incosciente, un’identità deviata. Lei è l’alter ego crudele, una doppelganger malefica, nata dalla scissione provocata dalla ferita. Lei sa sempre come vincere sul mondo ma ogni volta che vince perde e si perde irrimediabilmente. Lui è l’archetipo dell’uomo che salva, dell’amore che dona senza chiedere nulla in cambio (ma bisogna essere pronti e degni d’amore per accoglierlo). 
Narciso è l’archetipo del bello e dannato, l’uomo per cui tutte prima o poi ci perdiamo: in uno specchio puoi proiettare l’immagine che più t’aggrada, l’amore narcisistico è solo proiettivo, perciò potentissimo, violentissimo, simile alla poesia, ma non c’è mai un incontro, non si tratta di persone ma di mancanze che si specchiano nei vuoti.  L’Oracolo è lo psicoanalista, un grande saggio del passato, simile al coro delle tragedie greche, penso all’Oracolo dell’Edipo re, per esempio. L’Oracolo sa sempre in che razza di guai si caccerà la protagonista e non può far altro che illustrarglieli, a lei scegliere se interpretare i segni o lasciarsi trapassare da altro dolore. Ci sono personaggi secondari che figurano come ombre, in ogni caso sono tutti archetipi. 
Infine c’è il lettore che entra nella storia come co-protagonista.

Una frase più significativa del libro?
«Devi sapere che domani sarà uguale a oggi. Che non appena ti fiderai di un’amica, ti tradirà. Che gli uomini divoreranno la tua innocenza e t’abbandoneranno una volta consunta. Che nessun sole sorgerà oltre lo steccato. Devi sapere a memoria questa favola nera. Eppure continuare a svegliarti al mattino e sognare, desiderare, lottare. Perché?, mi chiederai. Per continuare a vivere.»

Progetti futuri?
Una novità già c’è ed è Deserto, la silloge poetica che ha vinto la prima edizione del Premio Profumi di Poesia, pubblicata da Fusibilia. È un testo oscuro, gemello di Disturbi, scritto in bilico tra la vita e la morte, in giorni atroci in cui non sapevo se sarei uscita dall’ospedale e in che modo. Per fortuna Deserto è stato il canale per uscirne viva e, in qualche modo, salva.

Ho un’altra silloge pronta e sto cercando un editore ma per l’anno prossimo, meglio far trascorrere del tempo tra un libro e l’altro, molte cose cambiano. Ho anche due romanzi inediti: il seguito di Disturbi, una storia di TSO, amore ossessivo e ricerca di verità; e un altro romanzo di genere fantastico, sempre molto sperimentale: quattro monologhi di quattro personaggi membri di famiglia del sud, una casa invisibile, un rito esoterico in un piccolo paese di una Puglia demartiniana. Mi piace scrivere in un modo non lineare, ho una mia tecnica, il segreto è nei sogni, quando sogno in realtà sto lavorando.

*Foto di  Jeanne Lara

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice