Intervista a Beatrice Tauro

Abbiamo letto Tutto questo mare fra di noi, conosciuto le protagonista della storia e adesso abbiamo incontrato l’autrice che ci racconta qualcosa in più su questa intensa storia.

Amina e Raffaella la loro fuga  da qualcosa di diverso ma ognuna con una grande voglia di vita, qualcosa su loro?
Amina e Raffaella sono due giovani donne, apparentemente differenti perché appartenenti a Paesi e culture diverse. In realtà le similitudini sono molte, a cominciare dal bisogno di fuga che entrambe mettono in atto, scappando dalle rispettive realtà. Senza considerare il peso specifico delle situazioni individuali che non possono ovviamente essere messe a confronto, quello che le unisce è il desiderio di una vita consapevole, libera, che le renda padrone della loro esistenza. Sono facce della medesima medaglia che è la donna, e sono braccia di un unico corpo che è la sorellanza fra donne. Mi piace considerarle sorelle di cuore, sebbene non lo siano di sangue.

Attraverso i loro occhi affronti nel libro il problema dell’immigrazione e della violenza: cosa bisognerebbe fare per recidere totalmente questi “problemi”?
Siamo di fronte a fenomeni di dimensioni gigantesche. Pensiamo all’immigrazione. L’uomo da sempre si è messo in cammino, per esplorare nuove terre, per cercare una vita migliore. I flussi migratori sono un fenomeno inarrestabile dell’umanità e non si fermeranno mai. Soprattutto non si fermeranno se i paesi dai quali questi flussi provengono continuano ad essere vessati da guerre, carestie, violenze di ogni genere. Le guerre, le torture, unitamente ai grandi cambiamenti climatici che comportano carestie in molte parti del pianeta, sono le ragioni che spingono alla partenza.  Per quanto riguarda la violenza siamo di fronte a un fenomeno che ha sempre attraversato le società, ad ogni latitudine, in ogni epoca storica. La violenza va poi contestualizzata. Nel mio romanzo si affaccia prepotente il tema della violenza sulle donne migranti. È evidente che ci troviamo di fronte a fenomeni difficilmente estirpabili alla radice, quello che invece è importante è assumerne la consapevolezza della loro esistenza, studiarne le dimensioni e le prospettive per poterli gestire, limitando al massimo i rischi per le persone.

Il mare cosa rappresenta per lei?
Il titolo è tratto da una frase che pronuncia Amina in un commovente incontro con Raffaella. Il mare per la giovane egiziana rappresenta l’ostacolo fisico verso la conquista della sua libertà, ma anche il percorso da compiere ineluttabilmente per raggiungerla quella libertà. A mio giudizio il mare è comunicazione, la metafora di un ponte che unisce i popoli, se pensiamo per esempio a come già i popoli antichi lo affrontavano per andare alla scoperta di nuove terre. Ma il mare è anche metafora del liquido amniotico, nel quale ogni essere umano naviga fin dalla nascita. E qui vi è anche il richiamo al tema della maternità che nel romanzo ha uno spazio di rilievo.

Quando nasce la sua passione per la scrittura?
Scrivere mi è sempre piaciuto, così come leggere, perdermi nelle storie, incontrare nuovi personaggi, allargare il mio orizzonte. La scrittura diventa momento di profonda riflessione e di consapevolezza su quello che siamo e su ciò che avremmo voluto o potuto essere. Mi sono accorta con sorpresa che scrivere mi aiuta moltissimo a focalizzare il mio io interiore, a guardarmi dentro e a portare alla luce aspetti di me e della mia personalità che altrimenti sarebbero rimasti nascosti.

Progetti futuri?
Per il momento vorrei concentrarmi sulla promozione di questo lavoro, anche se il momento è difficile e bisognerà attendere la fine di questo incubo per poter avviare le presentazioni che sono un momento speciale, di confronto e stimolo con i lettori. Però ho iniziato a lavorare su un nuovo progetto in cui ancora una volta protagoniste sono le donne, con una storia che affonda le radici nel passato. Ma non vorrei dire di più!

Visto che ci troviamo in un periodo difficile per l’Italia, oltre il suo libro, vuole consigliare qualche altro testo a coloro che devono restare a  casa?
Personalmente proprio in queste settimane ho iniziato a leggere La storia di Elsa Morante e credo che sia un testo molto appropriato per questo periodo anomalo che ci stiamo ritrovando a vivere. Quello che racconta la Morante era un tempo sospeso negli anni del secondo conflitto mondiale, quello che viviamo oggi è il tempo sospeso per una epidemia che mai avremmo immaginato nel nostro moderno mondo occidentale. Molte le analogie, soprattutto sotto il profilo emotivo, con quel senso di inquietudine e di incertezza sul futuro che certe situazioni ci fanno vivere.


Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice