Atlante delle emozioni umane – Tiffany Watt Smith

Atlante delle emozioni umane illustra le emozioni dell’uomo sul pianeta terra e, grazie all’autrice Tiffany Watt Smith, storica culturale, tende a unificare comportamenti emozionali di diversi popoli, prima poco conosciuti e scoprire così che, pur nella diversità linguistica, le emozioni trovano un minimo denominatore comune che legano azioni e reazioni, in modo relativo. La traduzione di Violetta Bellocchio è molto scrupolosa, infatti ha dovuto adottare tecniche di adattamento lessicale alla lingua di origine, aggangiandole all’etimologia dei termini italiani per indicare gli stessi stati emotivi ed emozionali. L’autrice introduce il libro con una specie di metafora sulle nuvole evidenziando il desiderio del pittore John Constable di scoprire il linguaggio del cielo, «organo chiave del sentimento della pittura», il quale, nell’effettuare la catalogazione delle nuvole, si accorge come il bianco di esse produca un’emozione che scompare quando il cielo cambia colore e quindi con i suoi fenomeni celestiali è pieno di emozioni. Molto simpaticamente l’autrice fa capire che, associando il colore delle nuvole allo scompigliamento che porta il vento, si scopre la fase climatica, allo stesso modo in cui l’emozione “paura”, manifestata in un angolo del mondo, si trova espressa in una latitudine diversa.  A volte vi sono emozioni delle quali non ci si accorge nemmeno, così l’autrice, all’inizio del libro, ci propone un vero e proprio dizionario emozionale, dalla A alla Z.

Le emozioni sono state inventate? Fino all’anno 1830 venivano chiamate: passioni, accidenti dell’anima, sentimenti morali, fu il filosofo Thomas Browen a suggerire un termine unico e indicarle tutte come “emozioni”. Successivamente Charles Darwin le considerò un argomento scientifico e nel 1872 pubblicò L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, tredici anni dopo di quella principale “l’origine della specie”. Egli avanzò l’ipotesi che le espressioni facciali emotive fossero universali, biologicamente innate e adattive dal punto di vista evolutivo e riuscì persino a fotografarle o disegnarle. Bisognerà aspettare Tomskin e mcCarter per dimostrare la veridicità della tesi di Darwin, infatti provarono scientificamente che le espressioni facciali sono associate in maniera affidabile a determinati stati emotivi, invece Paul Ekman dimostrò l’universalità delle emozioni indipendentemente dalla cultura di appartenenza e delle tradizioni, asserendo che la loro origine è di natura biologica. Ormai la tesi documentale che le persone appartenenti a culture e aree geografiche diverse producessero espressioni facciali uguali era ampiamente riconosciuta nel mondo, tanto che successivamente si affermò l’universalità di determinate espressioni facciali emotive come: rabbia, tristezza, disprezzo, disgusto, paura, felicità e sorpresa, fino a rivalutare le osservazioni di Darwin sulla fisiologia delle emozioni come l’espressività del viso. Nacquero delle tendenze filosofiche contrapposte, una delle quali affermava che fosse il cervello a gestire le emozioni e un’altra che fosse il corpo a trasmetterle al cervello. Nel 1873 Sigmond Freud affermò che le emozioni sono qualcosa che vengono da lontano, sono separate dalla coscienza e appartengono alla sfera dell’incoscio, infatti, partendo da ciò, ha elaborato il concetto di una vita mentale che può svilupparsi indipendentemente da quella cosciente, ed è per questo che a volte non ci accorgiamo nemmeno delle nostre emozioni. Egli affermò che l’anima e il corpo sono sotto l’influsso della mente, che l’istinto riesce a influenzare l’incoscio ed agisce anche nella fase cosciente, non in modo automatico ma dando una dimensione cognitiva alle emozioni. Tutto ciò ha portato al superamento della bipartizione delle emozioni, per alcuni gestite dal cervello e per altri dal corpo, pervenendo alla scoperta che le emozioni hanno un linguaggio comune in quanto viene comunicato agli altri come ci si sente,  se si è allegri o tristi e così via. Ciò conferma che le emozioni hanno un nesso con tutto quanto ci circonda, con il significato che viene dato a quello che succede e agli stimoli che si percepiscono. Da quì nasce l’espansione delle emozioni nel terzo millennio e della loro  catalogazione da parte  dall’autrice Tiffany Watt Smith che intercetta un loro costante incremento e anche la cancellazione di alcune di esse fino a giungere alla loro storicità. Gli storici scrutarono il passato consultando carte e documenti, analizzarono l’eloquenza di Cicerone tesa con la sua retorica a suggestionare le masse, fino ai Gladiatori, spesso schiavi o condannati a morte, per giungere all’amor cortese del medio evo. Gli storici però difficilmente condivisero il concetto di emozioni con sociologi, psicologi e biologi, mentre l’autrice sottolinea che ogni emozione va vista nel suo contesto.

Senza contesto, avete a disposizionesoltanto una “descrizione sottile” di quello che sta succedendo,non conoscete tutta la storia, vi manca il quadro completo – ed è proprio nella completezza del quadro, nella totalita della storia,che si coglie davvero un’emozione.

L’autrice ci parla di intelligenza emotiva che diventa gratificante allorquando si scoprono le emotività degli altri, si augura che questo libro possa essere un approccio iniziale con i lettori, sopratutto perché oggi vi è il rischio di una manipolazione delle emozioni al fine di coartare le risposte delle persone manipolate. Manifesta il desiderio, togliendo le emozioni scomparse, come l’accidia o come le melanconie cosiderate malattie, di far conoscere in modo appropriato la storia delle emozioni, presentandole in ordine alfabetico, in questo caso non rispetto l’ordine alfabetico di presentazione, in quanto,  in presenza di un coronavirus planetario, la loro conoscenza, vista in termini di  positività o negatività, potrebbe avere un impatto immediato e utile per le persone, “angoscia, ansia, paura”…

L’autrice parla dell’angoscia iniziando con una citazione del filosofo Soren Kierkegaard ≪L’angoscia è la vertigine della libertà≫ ed è quello stato d’animo che subentra allorquando si scopre che tutto è possibile, infatti, in presenza del coronavirus, la libertà è stata messa in quarantena mentre le persone percepiscono uno stato di angoscia di fronte a un pericolo sconosciuto e imminente. Qualche volta tutti abbiamo provato un poco di angoscia, sostiene l’autrice, ma io aggiungerei che in questo momento è l’emozione che maggiormente sta attraversando il pianeta. L’angoscia non appartiene alle persone felici, anzi, spesso scatena l’ansia vista come malattia e si cerca di rimediare con pillole e attività meditative, infatti nel III millennio,  insieme alla paura, conclamate come vissuto quotidiano dell’era moderna, l’umanità sembra costretta a conviverci. Se si tiene conto, in tempo di quarantena di coronavirus, che cosa potrebbe succedere nel chiuso di quattro mura se qualcuno tossisce, si penserebbe subito ad una catastrofe polmonare! Le circostanze che si potrebbero presentare sono migliaia, compreso l’arricchimento delle case farmaceutiche, non solo con la vendita di mascherine e disinfettanti ma anche con tranquillanti, come il Miltown e il Valium, e sarebbe un colpo di fortuna evitare la depressione. C’è poi la paura, l’emozione più antica, lontana nel tempo quanto la presenza dell’uomo sulla terra, la quale oggi si manifesta allo stesso modo di ieri e il modo di viverla è condiviso anche dagli animali. La paura è una reazione istintiva del nostro corpo in presenza di minacce, esso immediatamente prende il comando e procede automaticamente… ma la paura è anche una nostra amica, un vero e proprio salva vita nonostante una certa diffidenza nei suoi confronti, perché a volte potrebbe persino uccidere. È nata persino l’industria per la paura, come telecamere di sicurezza, segnaletica di ogni tipo per punti pericolosi… Ci si rende conto che le emozioni negative producono una riduzione dell’attenzione in quanto provocano ansia e paura, mentre quelle positive richiamano l’attenzione generale in quanto si fondano sull’amore, la paura non contiene amore, accanto ad essa troviamo l’irritazione, la delusione, le preoccupazioni, il biasimo, la rabbia, l’odio, l’invidia, la colpa, la disperazione, la noia, ecc.. In presenza di queste emozioni è quasi impossibile esprimere sentimenti positivi, ma  non bisogna sopprimerle, è necessario un equilibrio e una gestione funzionale di entrambe. Sull’amore, nonostante miliardi di parole, di libri, di poesie, di canzoni, si ha sempre qualcosa da dire, ma ancora oggi nessuno è riuscito ad esprimerne il concetto o  una definizione esatta.

L’Amore. Questa emozione inafferrabile è tanto importante da richiamare su di sè tutta l’attenzione,è tanto sfuggente da mandare all’aria ogni tentativo di definirla conesattezza.

Spesso l’amore non ha parole, incomincia col silenzio ma trapassa fisicamente come un fuoco il corpo, con un tremitio che scuote, le mani che sudano, le orecchie che  fanno sentire parole risuonanti, tutte dettate dal linguaggio del  corpo come affermava Saffo. Col passar del tempo si è generato il mal d’amore, come rivelarono alcuni medici arabi fra il X e XI secolo, fino a giungere all’amor cortese del medioevo, dove l’uomo si sottometteva maggiormente alla donna per ingentilirsi l’animo. Spesso nel silenzio anche il cervello viene assediato da una miriade di pensieri che giungono all’epilogo con una sola parola…amore! Questo è anche il messaggio trasmesso da tutti i maestri e i profeti del mondo “ama il prossimo come te stesso”, ed è in questo senso che l’amore diventa sentimento. Le emozioni positive dell’amore sono: allegria, affetto, compassione, gioia, realizzazione, umiltà, ecc.. Non a caso l’autrice ha presentato in ordine alfabetico le emozioni perché, anche se le ho recensite in emozioni positive e negative, ciò non toglie  che l’impostazione di negatività e positività è degradabile con l’età, ad esempio il concetto di odio e amore cambia di significato fra un adolescente e un anziano così da trasformare un’ emozione positiva in negativa e viceversa. L’autrice fa anche un’accurata rassegna storico-sociologica per ogni emozione presentata, entrando persino nella terminologia filologica di quelle espressioni che, pur presenti in alcuni popoli, non hanno nessuna traduzione in italiano, senza per questo falsarne il significato, come Abhiman, Amae, l’Appel du vide, Brabant, Broodiness, Cheesed off ecc.:

E ci permettono di dare un’occhiatina alla vita quotidiana dell’India di 3500 anni fa. L’emozione detta abhiman viene citata per la prima volta nei Veda ed è nota ancora oggi in tutto il subcontinente indiano. E’ impossibile tradurla con una parola sola. Il suo significato letterale è “orgoglio di sé”, “dignità”. Ma un indizio sul suo significato piu profondo sta in un’altra parola del sanscrito, di cui abhiman conserva qualche eco: balam (forza).

In tutto il libro e per ogni emozione descrittasi coglie nell’autrice la capacità di porsi nello stato d’animo dei lettori, senza l’enfasi di una indicazione emotiva ma si presenta nitida nella sua empatia, senza l’utilizzo di retorica ma con una sincera volontà a rendere cosciente il lettore delle proprie emozioni conosciute e da scoprire. Lascia intatte le conclusioni operate nel tempo dalla filosofia, dalla sociologia, dalla psicologia, dalla biologia e dalla storiografia, che hanno letto sulla faccia dell’uomo di ogni tempo, al di là delle rughe, tutte le emozioni dall’origine ai nostri giorni.

Atlante delle emozioni umane. 156 emozioni che hai provato, che non sai di aver provato, che non proverai mai
Tiffany Watt Smith
Traduzione di Violetta Bellocchio
Utet, 2017
Pagine 400
Prezzo € 22,00

Franco Santangelo

Critico e Storico