Finché il caffè è caldo – Toshikazu Kawaguchi

C’è un piccolo libro dalla grande potenza narrativa, di cui in questi mesi si è parlato a lungo e che vorrei consigliare. È davvero breve e si legge d’un fiato! Si tratta di Finché il caffè è caldo, del giapponese Toshikazu Kawaguchi (Garzanti, marzo 2020), il romanzo d’esordio con cui l’autore ha vinto il prestigioso Suginami Drama Festival. 

È una storia di rivincita sulle occasioni perdute, vero caso editoriale in Giappone. Patria, quest’ultimo, dello stupore per le piccole cose, dei ciliegi in fiore, delle esperienze vissute con la giusta lentezza. E dico questo perché il racconto, descritto nel caos frenetico delle nostre città italiane, molto probabilmente non avrebbe avuto il medesimo fascino. Lo stesso tono poetico; la meraviglia della favola cui abbandonarsi e commuoversi.

L’ambientazione è un piccolo caffè che ha più di cent’anni di storia, ubicato in un sotterraneo dove c’è sempre fresco e, inspiegabilmente, il tempo non ha alcun potere. Anzi, c’è una leggenda metropolitana che dice che in quel caffè, seduti su una determinata sedia (solo su quella!) si possa ritornare indietro nel tempo e rimediare alle occasioni perse. Gli avventori sono scoraggiati dal provare tale esperienza, perché le regole sono tante. Per esempio può tornare al passato solo chi è già stato effettivamente in quel luogo; il presente non cambia, qualunque cosa si dica o si faccia; non ci si può muovere dalla sedia incriminata e, soprattutto, si ha giusto a disposizione il tempo che impiega un caffè a raffreddarsi. Inoltre, la seduta in questione è sempre occupata da una donna vestita di bianco che legge un romanzo, per cui accaparrarsela diventa un’impresa. Si rischiano terribili maledizioni, che lasciano a dir poco basiti.

I quattro capitoli hanno una consequenzialità circolare, essendo tutti collegati. I personaggi sono sempre gli stessi che, a turno, vogliono rimediare a una scelta sbagliata; mettere a tacere un rimorso; sfidare il destino e cercare di sapere come andrà a finire.

La regola ferrea è terminare di bere il caffè prima che si sia raffreddato, dando importanza alle esperienze che si hanno ancora da vivere. Davanti a quella tazza fumante si siedono quindi a rotazione la giovane Fumiko, che non ha saputo chiedere al fidanzato di rimanere, anziché andare a lavorare in America. L’infermiera Kotake, che vorrebbe cercare di comunicare col marito malato di Alzheimer e che l’ha scordata; l’esuberante vicina Hirai, che desidererebbe ricucire il rapporto con la sorella minore. Infine una delle bariste stesse, la magnanima Kei, che farà appello a tutto il suo coraggio pur di constatare di poter essere una buona madre. 

Il passato non è importante, perché abbiamo già detto che non cambierà. Conta solo il modo in cui lo si affronta. Ritrovare se stessi, quando si pensava d’essersi perduti. Costringersi a non rinunciare, per assaporare così il gusto della vita.


Finché il caffè è caldo
Toshikazu Kawaguchi
Garzanti, marzo 2020
Pagine: 178
Prezzo: € 16,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa