Intervista a Lorenzo di Las Plassas

Lo scrittore e giornalista Lorenzo di Las Plassas in questa intervista parla del suo libro Lascia parlare il vento dove fantasia e realtà si mescolano. 

Fantasia e realtà nel suo libro, come è nata l’idea di unirle in questo romanzo?
Sono immagini che mi sono rimaste Impresse nel corso degli anni. È un po’ la mia esperienza di vita. Un bambino che giocava per terra componendo un disegno coi sassi in un’isola greca battuta dal maltempo , e dietro un anziano che, ogni volta, gli scompigliava il disegno. Quella storia è la favola. Quello ero io da bambino ma il personaggio è archetipale: rappresenta il blocco psicologico, l’incapacità di andare avanti. Poi la storia del ragazzo determinato nella ricerca di sua madre rinchiusa in una prigione di Damasco che diventa terrorista dell’ISIS. Lì siamo nel territorio narrativo della tragedia greca. Mi ha sempre affascinato la ricerca delle proprie origini. E poi la storia dell’artista che, deluso dal sistema dell’arte, decide di dare una lezione a tutti e creare una grande opera che, secondo lui, cambierà il corso della storia dell’arte. Qui siamo nel noir, ed è l’archetipo di chi si sente incompreso e medita vendetta. È stata una bella sfida mettere insieme queste tre storie apparentemente scollegate e che, solo alla fine, capiamo avere qualcosa di molto profondo in comune.

A quale dei personaggi è più legato?
Sono legato a tutti e tre. In ognuno di loro c’è parte di me, il mio cuore e i miei sentimenti. Ma non è un romanzo autobiografico. È un romanzo che racconta pezzi di umanità che ci riguardano tutti. E la natura che incombe, madre generosa ma anche crudele che tutto sovrasta e alla quale tutto ritorna.

Una frase che sintetizza il libro?
«Il vento segna la direzione di questa avventura, sospesa tra realtà e finzione, tra il possibile e l’immaginario, in quelle tane dell’animo in cui si nascondono mostri e paure. In quella caduta nel fondo, da cui può arrivare, imprevista e improvvisa, la salvazione»

Come è nata la sua passione per la scrittura?
Faccio il giornalista televisivo da 25 anni. Tuttavia la passione per la scrittura narrativa la portavo dentro da molto prima. Si era in qualche modo affacciata durante l’adolescenza, leggendo i libri travolgenti di Oriana Fallaci. Poi  si era fatta viva di nuovo, anni più tardi, quando per un periodo, a New York, fui assistente personale della ‘signora’, così chiamavo la Fallaci (Lei invece, prima di diventare una belva, mi chiamava stellino). Poi ho fatto altro. Ma, alla fine, quella antica passione è tornata con prepotenza. Come descrivo nel romanzo “pena: la dannazione dell’animo”.

Come sta rispondendo il pubblico?
Il pubblico risponde molto bene. Si immedesima, empatizza, riflette percorrendo quei territori dell’animo in cui cerco di condurlo. Era quello che volevo. Il problema però è raggiungerlo il pubblico. E se la distribuzione è insufficiente il problema diventa molto grosso. In pochi giorni il romanzo era già esaurito nelle librerie e su Amazon. C’ erano poche copie in giro. Ora per fortuna è tornato disponibile. 

Progetti futuri?
Da mesi sono alle prese con  un nuovo romanzo che mi sta davvero appassionando. Attraversa secoli di storia ed è ambientato in quattro continenti. Racconta storie e soprattutto una grande storia che ci riguarda tutti. L’attrazione che abbiamo, gli uni per gli altri. I personaggi hanno cominciato a parlarmi da soli e io scrivo quello che loro mi dicono. Sarà un romanzo pop sulla condizione umana. 

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice