La strada di casa – Kent Haruf

Le opere dello scrittore statunitense Kent Haruf, classe 1943, sono giunte in Italia a piccole dosi. Grazie alla casa editrice NN Editore, sono state tradotte in italiano e, sebbene non in ordine cronologico di scrittura, sono arrivate sino a noi, aprendoci un mondo. 

Un talento allo stato puro, questo Kent Haruf! Capace, come i grandi romanzieri americani più quotati (Raymond Carver; John Edward Williams, “papà” di Stoner; Joyce Carol Otes, solo per citarne alcuni) di tenere avvinto il lettore per tutta la durata del libro, parlando di semplice vita quotidiana in cui non accade niente di eclatante. Un genere difficilissimo, davvero per pochi! Dove scadere nel patetico è un attimo e annoiare un rischio sempre in agguato. 

Colpito da una grave malattia ai polmoni, che lo ha portato alla morte nel 2014, Kent Haruf pare abbia scritto di getto Le nostre anime di notte (dal quale è stato tratto anche il bellissimo film con Robert Redford e Jane Fonda), senza avere nemmeno avuto il tempo di rileggerlo. Ebbene, se non è talento questo, io non ho più parole.

Come scrive il traduttore italiano Fabio Cremonesi, nella nota in fondo al romanzo (al di là di tutto si avverte che per lui non è solo “lavoro”, ma che ama proprio l’operato di questo scrittore), “Concedetemi un attimo di sentimentalismo nell’augurarvi per l’ultima volta: bentornati a Holt!”.

Purtroppo l’autore è morto e questo è l’ultimo dei suoi scritti che ancora non erano stati tradotti in Italia, per cui, sì, non ce ne saranno più. 

Pubblicato negli Stati Uniti nel 1990, La strada di casa è il secondo romanzo scritto da Haruf, sei anni dopo Vincoli e nove anni prima della trilogia: Canto della pianura, Crepuscolo e Benedizione. Ovviamente, per ultimo viene Le nostre anime di notte.

Il 18 giugno 2020 La strada di casa è finalmente nelle librerie italiane, ed è un evento molto atteso. La lettura è come al solito appassionante. Ci si trova completamente immersi in una cittadina immaginaria chiamata Holt, che l’autore colloca non troppo distante da Denver, in Colorado. Un posto dove tutti si conoscono, si concentrano a spettegolare sulla vita degli altri, ma poi, quando è necessario, si riscoprono coesi verso un unico risultato. Un luogo dove c’è un solo bar, dove vanno tutti il sabato sera a fare festa; pochi negozi, che fanno sì che i personaggi minori diventino protagonisti alla stessa stregua. A tal proposito, fare l’esempio della Derry nel Maine di Stephen King non sarebbe attinente. La Holt di Kent Haruf è piuttosto la Stars Hollow in Connecticut di Lorelai e Rory Gilmore, nella serie Una mamma per amica, e credo che questo esempio calzi a pennello per far capire quanto, alla fine della lettura, l’ambientazione rimanga cosa cara. 

La trama non è nulla di strabiliante. Particolare e meraviglioso è il modo di raccontare. Parla di un certo Jack Burdette, che sin dall’infanzia è descritto come un bullo, grande e grosso, compagno di scuola del narratore Pat Arbuckle, il direttore del giornale del posto, l’Holt Mercury. 

Rimasto orfano di padre e allontanatosi presto dalla madre, Burdette ha dato inizio a una rapida ascesa nel mondo della delinquenza,  in quella vita annoiata dove non si trova un vero scopo, che è quanto mai deleteria. Un’esistenza fatta di piccole sparizioni e poi ricomparse, dove a farne le spese è stata la ragazza da sempre innamorata di lui, Wanda Jo Evans, ingannata per anni e usata per i suoi scopi. Abbandonata quest’ultima senza alcuna spiegazione, Jack ha optato per un matrimonio lampo a Tulsa, avvenuto durante un corso di aggiornamento sulla coltivazione del grano, cui era stato inviato a partecipare dai suoi datori di lavoro. La nuova moglie, nonché altro personaggio chiave dell’opera, è la taciturna e posata Jessie, che non riuscirà mai ad integrarsi veramente a Holt, e dovrà pagare un enorme tributo (non solo in denaro), per continuare a vivere in città ed espiare colpe non sue. Perché dopo qualche anno appena e due figli e mezzo (quando il marito va via, Jessie è di nuovo incinta), Burdette scompare, avendo subdolamente truffato i suoi stessi concittadini che non lo potranno mai perdonare.  

Ma ecco che, proprio quando Pat si interessa a Jessie (lui nel frattempo si è separato e ha dovuto superare un lutto indicibile) e riesce a instaurare con lei e i suoi figli una relazione stabile, Burdette è pronto a sconvolgere ancora una volta le vite degli abitanti di Holt. Ricompare infatti, dopo otto anni di assenza, a bordo di una Cadillac rossa targata California, ulteriore oltraggio alla gente che ha ingannato. E ha in serbo un machiavellico piano.

Inutile dirvi di leggerlo, perché La strada di casa è davvero un romanzo che merita. Dialoghi incisivi, che non hanno nemmeno bisogno delle virgolette, tanto sono chiari. E questa è una delle caratteristiche principali della prosa di Kent Haruf. Ho letto che lo facesse perché amava conservare l’ordine della pagina, e ha continuato a farlo fino alla fine, nonostante le proteste di chi si riteneva superiore. Ed è una cosa che me lo ha fatto amare ancora di più.

Penso che, in fondo, tutti intendano prendere quella strada che li fa sentire a casa. Inconsciamente oppure con la volontà di farlo. Kent Haruf ci conduce in un luogo intimo del cuore, che è di tutti. Un posto dove, al di là delle avversità e dei piccoli e grandi screzi, almeno per poco siamo stati felici.

Kent Haruf
La strada di casa
NN Editore, giugno 2020
Pagine: 208
Prezzo: € 18,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa