Il colibrì – Sandro Veronesi

Il colibrì è il romanzo di Sandro Veronesi, edito da La nave di Teseo, che si è aggiudicato il Premio Strega 2020. Dopo Caos calmo, con cui nel 2006 lo scrittore aveva già vinto una prima volta, è stato proprio con questa storia, intitolata come il minuscolo uccellino colorato e tanto tenace, che si è distinto fra cinque finalisti di tutto rispetto.

Vittoria ampiamente meritata? Difficile a dirsi. Quel che è certo è che Il colibrì è stato celebrato a lungo già prima dello Strega, ottenendo consensi di pubblico e di critica. Che, al di là dei gusti personali, qualcosa vorrà pur dire. Dovessimo definirlo in poche e lapidarie parole, lo potremmo considerare un libro sulla resistenza. Oppure, meglio ancora, sulla resilienza.

Marco Carrera, il protagonista, vive a Firenze ed è soprannominato “il colibrì”, poiché per gran parte della sua infanzia è rimasto piccolo di statura. Una cosa che poi ha ampiamente superato, grazie a una cura di ormoni che i suoi genitori lo hanno costretto a fare in una clinica specializzata.

Poco importa. Perché al di là di altro, rimane la sua presenza granitica per tutta la narrazione. Tanto che l’autore compie numerosi balzi temporali, partendo dagli anni Settanta per arrivare ai giorni nostri, senza preoccuparsi di creare confusione nel lettore. La storia torna sempre! Da qualunque parte la si legga (passato, presente, futuro), i punti sono talmente saldi che è ininfluente.

Marco Carrera è un oculista, sposato con Marina che è mentalmente instabile e infatti dopo un po’ divorziano; padre di Adele che per avere attenzioni si è inventata da piccola di un filo legato alla schiena che la limita nei movimenti; fratello di Giacomo e di Irene, rispettivamente il primo lo rinnega e se ne va in America, mentre l’altra muore suicida; figlio del pacato ingegnere Probo e dell’irrequieta architetta Letizia, ambedue da lui assistiti nei loro ultimi giorni di malattia sino alla morte; ma quel che più conta, Marco Carrera è da sempre innamorato di Luisa, con la quale intrattiene un lungo scambio epistolare, un legame più consumato sulla carta che dal vivo.

Una vita costellata da lutti e avvenimenti nefasti che sconquassano e gli ruotano attorno. E Marco, mentre gli altri vivono, si evolvono e persino muoiono, resta per tutti, lì, nella strenua lotta di sopravvivere. 

A partire da quell’esperienza, però, la sua vita ha sempre continuato a srotolarsi allo stesso modo: stando ferma per anni mentre quelle degli altri andavano avanti, e poi di colpo eruttando in un improvviso evento eccezionale che lo sbalzava in un altrove nuovo e sconosciuto.

Che non è cosa da poco, restare. Si è sempre convinti che ci voglia molto coraggio ad andarsene per rifarsi altrove una vita. Invece, talvolta ci vogliono più attributi a rimanere. È logorante, non per tutti poiché potrebbe portare a perdersi.

È stata un’illuminazione: tu sei davvero un colibrì. Ma non per le ragioni per cui ti è stato dato questo soprannome: tu sei un colibrì perché come il colibrì metti tutta la tua energia nel restare fermo.

Marco, in fondo, rimane perché sente di avere uno scopo: è una bambina a cui erroneamente viene dato il soprannome di “uomo del futuro”. È Miraijin, e occuparsi di lei sarà il suo riscatto.

Che l’opera sia scritta molto bene è fuor di dubbio. Tante sono le elucubrazioni in cui ci si immedesima, che commuovono, che si condividono.
Tornando a quella questione di gusti, di cui si accennava all’inizio, non ho amato la conclusione. Troppo teatrale e forzata. Peccato, perché nel suo complesso Il colibrì mi è piaciuto. Come dicono gli editors, quando bacchettano, c’erano già le scintille! Di quel finale non c’era proprio bisogno.

Il colibrì
Sandro Veronesi
La nave di Teseo, ottobre 2019
Pagine: 368
Prezzo: € 20,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa