Il figlio del mare – Eliana Iorfida

Il mare l’aveva presa in sposa. Sì, era andata così. La notte prima, vinta dal sonno, si era lasciata cadere sulla spiaggia e il mare l’aveva fatta donna.

Si apre con questa immagine forte, intrisa di mistero, magia e un pizzico di incoscienza, il nuovo romanzo di Eliana Iorfida, pubblicato da Pellegrini Editore.
La protagonista, Bianca Faragò, è una giovane donna che vive, come una dea, in un mondo tutto suo, fatto di fantasie e sprazzi di immaginazione che soverchiano e riscrivono la realtà. Così anche quel figlio che giovanissima si ritrova in grembo, lo ritiene figlio del mare, quel mar Ionio che lambisce le coste della sua terra di Calabria e che l’ha fatta donna in una notte piena di stelle.
La simbiosi che Bianca vive con il mare è però incomprensibile per tutto il mondo reale che la circonda e che vuole piegarla alle sue responsabilità e che, alla scoperta della gravidanza, non esita a emarginarla, etichettandola come una poco di buono: 

Qualunque cosa le sia capitata, se l’è cercata!”. Ripudiata, estirpata, rigettata.

La sua vita si spingerà sempre più ai margini, un’onda di rifiuto, unitamente alla mancanza dell’amore familiare, la condurrà verso un baratro che sconvolgerà il suo corpo e la sua mente, fino all’inevitabile rifugio nei paradisi artificiali, ultimo stadio di una esistenza a planare sui dirupi dell’anima. 

Pazza, inaffidabile, magàra, fora de càpu: le parole con le quali l’apostrofavano la maggior parte dei compagni, la gente del paese e persino i suoi stessi familiari

Questa era Bianca.

Nell’alternanza temporale che dona ritmo al racconto, l’autrice ci conduce a scoprire la storia di Bianca e di suo figlio, al quale ha dato proprio il nome di quel mare che a suo dire lo ha generato, Jonio. Le vicende umane che intersecano il passaggio terreno dei due protagonisti principali della storia sono accompagnate da personaggi solo in apparenza minori, ma che svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo della trama. Come lo zio Palmiro che «con orgoglio portava il nome di Palmiro Togliatti, regalo di suo padre, il primo, e per lungo tempo anche l’ultimo, comunista del paese. Il brav’uomo onorava la memoria di entrambi – del padre e del segretario di partito – perorando con passione la causa dei lavoratori».

Lo zio Palmiro sarà presente nei momenti più delicati della vita di Bianca e, in futuro, anche in quella di Jonio che, lasciata la Calabria da bambino vi fa ritorno da adulto, inizialmente con ritrosia, per rintracciare quelle radici lontane e perdute fra gli sbiaditi ricordi d’infanzia. Così come l’insegnante, Fiorella Montesanto, che sarà l’artefice del futuro di Jonio e, di conseguenza, anche di Bianca.

Il romanzo che la Iorfida, con una scrittura delicata e sensibile ma anche cruda quando necessario, ci consegna è pregno di temi con i quali il lettore fa i conti man mano che le pagine scorrono insieme alle vicende narrate. 

È un romanzo che ci parla del ritorno alle origini, quel bisogno di ritrovare sé stessi tanto più forte e irrinunciabile quanto più l’allontanarsi dalla terra natia è stato forzato e subìto. Proprio come è accaduto a Jonio.
È un romanzo che ci parla della fragilità di chi non si piega alle convenzioni, come Bianca che subirà la crudeltà di un contesto sociale che non ammette deviazioni dagli schemi, più o meno arcaici, collaudati nel tempo.
È un romanzo che ci parla di maternità, argomento che come un fiume carsico appare e scompare nel fluire del racconto ma che fa sentire la propria presenza forte e chiara: la maternità di Bianca, subìta e perduta, che si contrappone alla maternità mancata e poi trovata di Wilma. Madri violate, madri mancate. 

Non è mai troppo tardi per diventare la madre o il figlio di qualcuno.

Non mancano poi i richiami a una stretta attualità che vede i luoghi in cui si svolge il racconto come terre di approdo di una nuova umanità, venuta da lontano, in cerca di una seconda possibilità, colmando il vuoto lasciato da chi è partito, abbandonando terre, case, radici,

Fortuna che ci sono gli stranieri! Una decina di famiglie tra kurdi, polacchi e un gruppo di africani arrivati con gli sbarchi degli ultimi anni. Hanno sistemato qualche vecchia casa e rimesso gli orti a frutto ma soprattutto, dopo anni di silenzio, hanno riportato le voci dei bambini tra i vicoli: due nuove classi dove insegno, avremmo chiuso senza di loro.

Sullo sfondo, ma con una presenza costante e imponente, la terra di Calabria: «Chiunque rivolgesse un pensiero a quella regione misteriosa e selvaggia, chiusa in se stessa come una rosa del deserto, lo faceva associandola al volto primitivo di malavitosi senza scrupoli: facce grezze, incolte, scolpite nel legno d’ulivo e attraversate dal guizzo truce di chi vive la latitanza come una sorta di erranza stanziale».

Terra dura, ostaggio di una natura selvaggia, che la possiede con la furia del vento, con le urla del mare in tempesta, con le foreste che ammantano i monti, con l’instabilità sotterranea dalla potente forza distruttrice. «Il trucco di una terra maliarda, che mentiva dicendo il vero e svelava verità nella farsa».

Il figlio del mare
Eliana Iorfida
Pellegrini Editore, 2020
Pagine: 200
Prezzo: € 15,00

Beatrice Tauro

Scrittrice