Le fate di Simona Baldelli

In questa intervista la scrittrice Simona Baldelli racconta dei suoi nuovi progetti e di Evelina e le fate, il libro che ha affascinato tantissimi lettori e di cui abbiamo parlato qualche mese fa. Un linguaggio semplice e intrigante ed è grazie a questo che il suo romanzo diventa parte di chiunque lo legge. Ha raccontato della vita di sua mamma per far conoscere la sua vicenda e dare un contributo alla storia del nostro paese.

Evelina e le fate è un romanzo molto emozionante, come è nata l’idea di scrivere questa storia?
Evelina e le fate, è una storia che mi appartiene da sempre. Evelina è mia madre che nel ’44, anno in cui è ambientato il libro, aveva proprio cinque anni e tutto quello che racconto è realmente accaduto (fate incluse!) o a lei o ad altre persone che conosco. La voglia di raccontare questa storia mi è venuta qualche anno fa, quando si cominciava a parlare delle celebrazioni per il 150mo dell’unità d’Italia. Vedendo e ascoltando alcune reticenze e distinguo sull’opportunità o meno di celebrare quella data e astrusi ragionamenti sul fatto che c’erano alcuni che erano più o meno italiani di altri, mi ha fatto provare una rabbia tale che ho deciso, nel mio piccolo, di dare un contributo nel ricordare una delle pagine fondanti della storia del nostro paese. Anche se credo sia chiaro che, sebbene parlassi di cose accadute settant’anni fa, l’ho fatto con lo sguardo ben attento sul presente, ed in qualche modo è l’ “oggi” che io racconto.

Il suo romanzo ha vinto il Premio Calvino 2012, che emozioni ha provato per questo riconoscimento?
Evelina e le fate, non è vincitore del Calvino, ma finalista. Anche se in termini pratici, e ai fini della pubblicazione, è la stessa cosa. I venticinque lettori del Premio Italo Calvino, scelgono fra le centinaia di manoscritti che ricevono (nel 2012 eravamo 630!) i loro finalisti e lo fanno con un criterio, appunto, da “lettori”, poi questi vengono giudicati da una giuria di addetti ai lavori, (scrittori, giornalisti, editor …). Quando ho ricevuto la telefonata della segreteria del Pic, nel marzo del 2012, nella quale mi si comunicava che ero fra i finalisti, ho capito immediatamente che qualcosa, per me, sarebbe cambiato. Il Pic è, da anni, garanzia di ricerca meticolosa, qualità e pubblicazione. Le case editrici si fidano moltissimo del giudizio dei lettori del Premio perché sanno, appunto, che il loro parere è rappresentativo di tutti quei forti ed appassionati lettori che cercano autori con un linguaggio specifico, non ancora omologato dalle incomprensibili (per chi legge) regole del mercato editoriale. A ogni modo, come dico spesso, è dal marzo del 2012 che vivo in uno “stato stupefatto”, nel senso che quella telefonata ha avuto su di me un effetto stupefacente, esaltante quasi, mi ha catapultata in un sogno ad occhi aperti dal quale cercherò di non svegliarmi mai.

Una citazione del libro a cui è più legata?
Una minuscola filastrocca con la quale apro il libro, (chiamiamolo “esergo” se vogliamo usare il termine tecnico). È il primo ricordo sonoro della mia infanzia, e quindi della mia vita, una piccola nenia con la quale venivo cullata. E dice: «Le more, le more, sono nere, nere, nere. Ne dai una a me?»

Quando ha iniziato a scrivere?
Narrativa, intende? In questo caso, Evelina e le fate, è il mio primo libro, il mio primo tentativo di scrittura narrativa. Però ho una certa esperienza come drammaturgo. Ho una formazione teatrale, iniziata come attrice e poi proseguita come regista ed autrice.

Il suo scrittore preferito ?
John Fante. John Fante. John Fante. (è chiaro che lo adoro?) Immagina dunque l’emozione quando, lo scorso 23 agosto, ho ricevuto il Premio Letterario John Fante, e proprio dalle mani dei figli, Dan e Victoria?

Un libro a cui è legata?
Ecco che torniamo a John Fante, perché il libro in questione è il suo Aspetta primavera, Bandini. La voglia di provare a scrivere narrativa mi è venuta il giorno in cui una mia amica me lo ha regalato. Quando ho letto quel libro ho provato una specie di folgorazione, davvero, mi sono sentita come se fra quelle pagine avessi trovato un familiare fino ad allora sconosciuto e mi sono detta: voglio provarci anch’io!

Tre aggettivi per descriversi?
Curiosa, tollerante, onesta.

Il pubblico ?
Fondamentale, imprescindibile. Come già detto, ho una formazione teatrale. Questo significa che ho avuto modo di sperimentare il gradimento e le reazioni del pubblico, in tempo reale, nel momento stesso in cui ti esprimi, compi un’azione. Senza filtri o la possibilità di replicare e migliorare quello che è appena avvenuto. O la va o la spacca, insomma. Cerco quindi di avere lo stesso atteggiamento anche durante la scrittura. Mi immagino l’effetto di ogni scena, di ogni parola, sul lettore. Leggo ad alta voce, mimo le azioni dei personaggi davanti al pc, e se qualcosa non mi sembra del tutto credibile o mi pare di sentire un lontano brusio… ecco che mi immagino il pubblico che si annoia, che si muove sulla sedia, che si gratta un orecchio o parla col vicino di poltrona. Ho il massimo rispetto per i lettori, il pubblico. La nostra vita professionale dipende da loro e non potrei sopportare l’idea di sottostimarli, scrivere qualcosa giusto per tirar via, per mettere assieme una frase ad effetto, con un po’ di smaliziato mestiere e basta, senza cuore e senza testa. Mancherei di rispetto per prima a me stessa.

Nuovi progetti?
A giorni esce, Il tempo bambino, sempre pubblicato da Giunti. Si dice che il secondo romanzo sia quello della “consacrazione” di un autore, che un buon esordio può riuscire a molti, ma convincere con il secondo lavoro è roba per pochi (ed in effetti, vi sono numerosi esempi, in questo senso…), sicché sono un poco col fiato sospeso. Ma è comunque una gran bella sensazione.

Grazie a …?
A tutte le persone del Premio Italo Calvino, senza le quali nulla sarebbe accaduto. E poi a ciascuno dei lettori di Evelina e le fate, per tutto il calore con il quale hanno accolto me e la mia storia, per i loro apprezzamenti, le pacche sulla schiena reali e virtuali (li ho citati anche nei ringraziamenti di Il tempo bambino) perché la voglia di provare a trasformare una passione in mestiere, la devo a loro, e senza il consenso pressoché unanime a Evelina e le fate, il coraggio di continuare a scrivere storie “insolite”, non l’avrei avuto mai.

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice