Quando parlavamo con i morti – Mariana Enriquez

L’Argentina dal 1976 al 1983 è lo scenario dei desaparecidos, cioè degli scomparsi sotto il governo dittatoriale, fenomeno che nacque con il regime capeggiato da Jorge Rafael Videla e si sviluppò nella massima segretezza con  arresti e sequestri, dei quali non si seppe più nulla perché, spesso eseguiti di notte ed in assenza di testimoni.  Solo con l’avvento della democrazia, con il resoconto “Nunca Màs” (Mai più), si seppe qualcosa, furono scoperti campi di concentramento, assassinii, torture, occultamenti di cadaveri, fosse comuni, corpi gettati nell’oceano Atlantico e a Rio della Plata, arresti che avvenivano sotto forma di rapimenti eseguiti da militari in borghese, con una Ford Falcon senza targa, in piena notte e per nascondere l’odioso dramma,  giustificati dal regime con una leggera motivazione, “saranno scappati da casa”. I vuelos de la muerte si concludevano con una coltellata al ventre e un volo ad alta quota  dall’aereo che li trasportava per farli mangiare subito agli squali dell’Atlantico, i quali avvertivano in modo immediato l’odore del sangue. La “boleto estudiantil” era un’azione contro i movimenti studenteschi, definita “notte delle matite spezzate”, dove furono sequestrati molti studenti sottoposti a torture e uccisi circa 250 minorenni. Non servì a nulla la silenziosa e dolorosa manifestazione delle madri dei dispersi, a Plaza de Mayo, a Buenos Aires, in quanto il potere dittatoriale non tollerò neanche loro, fino a farne scomparire un centinaio, senza più ritorno. È da questo scenario macabro, misterioso e metafisico che Mariana Enriquez, scrittrice e giornalista Argentina, costruisce la trama del suo libro Quando parlavamo con i morti, tradotto da Simona Cossentino e Serena Maggi, pubblicato dalla Caravan Edizioni . Sono tre racconti che turbano gli argentini in quanto non riescono ancora a  dimenticare. Il primo racconto Quando parlavamo con i morti è la storia di un gruppo di ragazze che,  attraverso una tavola “ouija”, cercano di mettersi  in contatto con gli spiriti degli scomparsi e dialogare con loro, finché tutto si capovolge in un’aria di mistero:

Se quello non era Leo, chi era? Poiché quella persona che era venuta a cercare la Pinocchia era tale e quale a suo fratello, un gemello identico, lei non aveva dubitato che fosse lui. Chi era? Non ci incontrammo più. …ci era rimasta mezza pazza. E così si concluse l’epoca in cui parlavamo con i morti.

Il secondo racconto, Le cose che abbiamo perso nel fuoco, tratta delle “donne ardenti”, un loro folle e programmato atto di ribellione contro la violenza degli uomini e, più che farsi appiccare il fuoco dagli stessi, preferiscono deturparsi da sole, una strana protesta macabra che non viene fatta per uccidersi ma per far provare agli uomini il rimorso di avere bruciato delle bellezze identitarie. Adesso le loro donne sfigurate si presentano senza identità, così come una giovane donna sfigurata, che conserva ancora un bel corpo, gira per la metropolitana raccontando che è stato il marito a ridurla in quelle condizioni, sicuramente cosa non vera, fino ad essere imitata da altre donne, al punto che gli ospedali si riempivano di donne ustionate:

Alcune ragazze dicono che i roghi finiranno quando si sarà raggiunto lo stesso numero di vittime della caccia alle streghe dell’Inquisizione.

Infine, nel terzo racconto I bambini che ritornano, l’autrice auspica una riapparizione dei bambini scomparsi nel tempo, ipotizzando che essi riportino tutti gli abusi e i maltrattamenti  subiti per mettere in rilievo la violenza sui  bambini, piaga ancora esistente, drammaticamente rimasta aperta nonostante sia trascorso del tempo. Il tutto si intreccia con la sensibilità di Mechi, la ragazza che gestisce l’archivio dei bambini scomparsi, per essere stati rapiti, scappati da casa o uccisi, la quale si immedesima nella ricerca di una bellissima prostituta quattordicenne, di nome Vanadis, che purtroppo viene trovata morta e tutta la città viene invasa da una nuova ondata di orrore, come se il tempo fosse impotente a rimarginare le ferite della storia:

Mechi perse di vista la casa rosa e con uno strattone, che la fece gridare per lo sforzo, riuscì a liberarsi dall’abbraccio del poliziotto e corse via verso Avenida Asamblea pensando che prima dell’estate doveva andarsene lontano, prima che scendessero, forse con Pablo, in un posto dove i bambini non tornavano qualunque fosse il luogo dove erano finiti.

L’opera evidenzia l’impegno civile dell’autrice, Mariana Enriquez, che come donna e come scrittrice non riesce ad accettare la storia cancellata del suo paese, resiste come tutte le donne argentine e, cavalcando l’onda di un pensiero difficile a essere cancellato, mira, invece, al riscatto delle donne offese e della società umiliata e mortificata, legando i tre racconti col filo del tormento e dell’inquietudine di un’Argentina stravolta. Nel primo racconto la follia di una ragazza è l’epilogo di una reazione ad un ambiente incontrollabile, nel secondo, le donne che si bruciano per deturparsi, senza un apparente motivo, nel terzo, la violenza sui bambini ancora non estirpata.
Mariana Enriquez (Buenos Aires, 1973) è giornalista e scrittrice e fa parte del gruppo degli scrittori emergenti della “nueva narrativa argentina”. Quando parlavamo con i morti è il suo primo racconto tradotto in italiano, si è laureata all’università di La Plata, in Comunicazione Sociale, è editorialista in stampa, come redattore in pagina/12 di Radar e delle riviste TXT con mano e El Guardian con donna della mia vita.
Intervistata sul suo rapporto con le città argentine ha così risposto:

Io Amo Buenos Aires. Io amo le grandi città. Mi piace l’anonimato, il pericolo è che sono un po’ vecchia come donna, soffro troppo. La città è  l’ideale per l’ambiente giovane in generale, non solo per individuare una storia narrativa. C’è un altro senso, la capacità di muoversi, di scomparire, di costruire identità diverse, il movimento mi sembra che ti dà un momento propizio di costruzione dell’identità.

 

Quando parlavamo con i morti
Mariana Enriquez
Caravan, 2014
Pagine 112
Prezzo di copertina € 9,50

Franco Santangelo

Critico e Storico