Intervista a Ivan Sciapeconi

In questa intervista  lo scrittore Ivan Sciapeconi  racconta del suo ultimo libro Il nome che diamo ai colori. Un libro emozionante  che racconta un pezzo  di storia.

Un libro che emoziona fin dalle prime pagine e questo è naturale con i suoi libri perché le tematiche sono importanti, come è nata l’idea di scriverlo?
Come spesso capita, questa storia me l’ha portata un amico, Marco Cugusi. Per anni, Marco ha raccolto informazioni sui fatti di Villa Giardini con l’unico obiettivo di non lasciarli cadere nell’oblio. Quando me ne ha parlato, per motivi diversi è stata una folgorazione.
Ricordo che da ragazzo -adolescente, direi- mi sono immerso in “Guida psichiatrica per Dissidenti. Con esempi pratici e una lettera dal gulag” di Vladimir Bukovskij. Praticamente era un libro di consigli per quanti venivano rinchiusi dal regime sovietico sotto la definizione “dissidente”. Dopo quella lettura ho cominciato a pensare alla “devianza” in modo diverso, come al prodotto di un’ideologia. I comportamenti devianti, o anormali o anche folli sono cambiati nel tempo perché è cambiata la lente con la quale questi comportamenti sono stati osservati. È una considerazione che dovremmo tenere sempre presente perché la storia continua, non si ferma e non finisce.

Il Giardino, tre aggettivi per descrivere questo luogo?
Il Giardino era un luogo violento, nel quale la segregazione era giustificata dai fini “educativi”. Dobbiamo ricordare che le scuole speciali sono state chiuse solo nel 1977 e che la scelta dell’integrazione dei “subnormali” nelle classi comuni non venne accettata di buon grado. Nel periodo che ho raccontato nel mio libro la normalità era un valore condiviso e ricercato. La cosa molto preoccupante è che oggi c’è un libro molto venduto, il più venduto online, che ripropone quei valori discriminatori. 

Quindi, gli aggettivi potrebbero essere: violento, disumano, preoccupante.

Sopravvivenza spesso fa parte della vita, come gestirla?
Ettore, il protagonista de “Il nome che diamo ai colori”, sopravvive grazie alla sua immaginazioneche lo porta a disegnare su ogni spazio bianco a propria disposizione. Lo fa senza usare colori veri, ma nella propria mente: usa le divise dei vigilanti, il soffitto, le pareti della cella in cui viene rinchiuso. La sua, però, non è un’immaginazione rassegnata, una fuga dalla realtà.

Sembra istintivamente cosciente di un fatto: siamo diventati umani nel chiuso di una grotta, nel momento in cui abbiamo lasciato da una parte la realtà come essa è, e abbiamo disegnato una realtà alternativa, immaginifica: bisonti, scene di caccia con figure stilizzate, simboli astratti. La nascita dell’arte è stato il nostro tratto distintivo dal resto del regno animale e probabilmente ha rappresentato una strategia di sopravvivenza a condizioni di vita terribili.

La madre di Ettore lo dice chiaramente: “Non lasciarti confondere da quello che gli altri chiamano realtà. È solo uno dei modi possibili. Di certo, non il migliore.”

I colori cosa rappresentano per lei?
Nel pensare a questa storia, la mia curiosità è caduta non tanto sui colori, quanto sul loro nome. Siamo tutti convinti che una mela rossa sia davvero rossa mentre la fisica ci spiega che la mela trattiene tutti i colori tranne il rosso. È il colore che la mela lascia andare, quello che in realtà vediamo. Quindi, tecnicamente, bisognerebbe dire che la mela ha tutti i colori tranne il rosso.

Ogni volta che diciamo “rosso”, inoltre, applichiamo un’approssimazione: la gradazione dei rossi è sterminata. Siamo nel campo della metafora, ovviamente: dovremmo definire la realtà circostante, le persone soprattutto, con maggior cautela e sensibilità. È un tema fondamentale del libro e mi devo trattenere… ho una naturale propensione allo spoiler.

Come sta rispondendo il pubblico?
Ovviamente è presto per avere dei dati oggettivi, ma le antenne degli scrittori catturano l’attenzione che c’è nell’aria. Il nome che diamo ai colori sta ricevendo molti complimenti, ma non è questo il punto. È il tono dei commenti a farmi pensare che la tenerezza e la luce contenuta in questa vicenda arrivino al lettore.

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice