Daniele Mencarelli: «siate esperimento voi stessi»

Quali sono i motori di un uomo vivo? Cosa si intende per «stupore imprendiscibile»? Queste domande sorgono dopo la lettura del racconto distopico che abbiamo letto in Le luci di Natale, di Daniele Mencarelli. Lo abbiamo incontrato, per rivolgergli qualche domanda su queste festività, che per alcuni sono solo frutto di consumismo, mentre per altri ancora culla di valori da non perdere.

Nel suo racconto si parla della ricerca della vita eterna, una corsa per raggiungere l’immortalità: secondo lei vivere a lungo può essere sinonimo di felicità?
Ogni uomo sente dentro si sé l’inconsistenza della fine, della morte, ma la risposta a questo intimo conflitto non è da ricercare in un tempo maggiore da passare su questa terra, non è questo il luogo delle risposte, intendo quelle vere, ultime e prime.

Qual è la sua visione della vita? Quali i valori fondamentali che vanno oltre la quantità degli anni vissuti?
Come il protagonista del racconto, credo sia lo stupore il valore imprescindibile, la capacità di stupirsi. E la curiosità, farsi cercatori di cose, di persone, non accettare le risposte che la storia ha dato ad altri. Questi sono i veri motori di un uomo vivo.

Che ne pensa invece del racconto di Grazia Deledda, che invece rimanda al focolare domestico e alla semplicità dell’attesa natalizia?
Il fondo comune dei due racconti è da ricercarsi proprio nello stupore dei protagonisti, in quella capacità tutta umana di empatizzare con ciò che la vita ci offre. La Deledda è maestra proprio di questa capacità, lei non descrive da un punto sopraelevato, lei stessa è parte dell’affresco, la sua è una lezione d’amore, di adesione a una terra, ai suoi focolari semplici, ancestrali.

Come si prepara lei alla nascita di Gesù?
Mi preparo come nel resto degli altri 364 giorni: esco di casa e provo a cercarlo, spesso, per un tempo millimetrico, mi è parso di vederlo, in luoghi e persone, in gesti di gratuità.

Che messaggio vorrebbe trasmettere alle nuove generazioni riguardo al Natale?
Mi pongo questo quesito di continuo. In tempi di social media, di nativi digitali, di velocità spesso disumane, cosa dire a chi è venuto dopo di me? La risposta che vince, alla fine, è sempre la stessa: non fatevi raccontare il mondo, siate esperimento di voi stessi.





Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist