Il ritorno di Stefano Mancini: il figlio del drago

Ritorna lo scrittore Stefano Mancini con un nuovo fantasy, uscito circa due mesi fa. Si tratta del seguito di Le paludi d’Athakan, e con l’occasione lo abbiamo incontrato di nuovo per parlare di questa nuova esperienza che ci lascia presupporre il seguito di un’altra saga.

Qualcosa sul nuovo romanzo?
Si tratta de Il figlio del drago (Linee Infinite Edizioni), uscito da poco più di un paio di mesi. È il naturale seguito di Le paludi d’Athakah e riprende la storia esattamente dove si era fermato il precedente capitolo. Come sapranno i lettori del primo libro, infatti, la storia si era chiusa con elfi e nani ormai ai ferri corti a causa di numerose incomprensioni, ma anche della volontà di entrambi gli imperi di assurgere a unica vera potenza della loro Era.

Il romanzo riprende quindi molti dei protagonisti del precedente capitolo, ne aggiunge di nuovi e continua a sviluppare una trama sempre più complessa, con intrighi e sotterfugi, colpi di scena e atti d’eroismo. Non posso svelare troppo, per non rovinare la sorpresa al pubblico, ma mi sento di garantire che se il primo libro della saga era piaciuto, questo non deluderà le aspettative.

Un personaggio del tuo nuovo libro a cui sei più legato?
Difficile rispondere a questa domanda. E per varie ragioni. Sarebbe un po’ come chiedere a un padre a quale dei propri figli vuole più bene. Oltretutto il romanzo abbonda di personaggi: tra protagonisti e coprotagonisti la scena è affidata a decine di interpreti. Non per niente uno dei punti di forza del libro credo sia proprio questo: il fatto che non ci siano solo due o tre personaggi principali, ma almeno una ventina. Nonostante questo voglio provarci: e dirò che sono molto legato a Aethalas, giovane eroe elfo cacciato dalla sua terra dal proprio re (altro protagonista) per cause che non posso rivelare. Ma anche Thord Ascialunga, “jarl” dei nani, è un altro personaggio cui sono molto legato, perché è emerso pian piano, conquistandosi il suo meritato spazio in virtù della sua caratura.

Perché hai scelto questo genere letterario?
Sono sempre stato affascinato dal genere fantasy, fin da quando ero molto giovane. Credo che il motivo sia che si tratta di un genere che permette di creare non soltanto storie epiche, che narrano i grandi temi dell’umanità (amore, morte, coraggio, vendetta ecc.), ma anche interi mondi, creature fantastiche e un’ambientazione che trovo congeniale al mio modo di scrivere: diretto e fluido, senza le lunghe descrizioni però che hanno reso famoso il fantasy.

Il pubblico come sta rispondendo?
Al momento è difficile rispondere a questa domanda, ma per un solo motivo: perché Il figlio del drago è uscito da non più di un paio di mesi e quindi trarre delle conclusioni è ancora prematuro. Quello che posso dire è che il libro, presentato in anteprima al Lucca Comics and Games, ha riscosso un notevole successo di pubblico e vendite. E il trend sta proseguendo tuttora piuttosto inarrestabile.
Di sicuro posso parlare del precedente, Le paludi d’Athakah, e dire che i numeri hanno superato ogni mia più rosea aspettativa, così come i commenti dei lettori. Il libro è andato (e sta andando tuttora) benissimo e questo mi ha colpito e piacevolmente sorpreso, dimostrando in qualche modo che il genere fantasy, pur in costante difficoltà, gode ancora del favore di uno “zoccolo duro” di lettori e appassionati.

Uno scrittore a cui sei legato?
Ce ne sono diversi. Credo che un bravo scrittore debba essere anzitutto un ottimo lettore. Ma se proprio devo fare un nome, citerò Stephen King. Davvero un grande. La sua capacità di creare storie sempre originali e in grado di tenerti incollato fino all’ultima pagina, ha qualcosa che trascende l’umanamente concepibile. E poi ci sono particolarmente legato perché rappresenta una buona fetta delle mie letture adolescenziali.

Progetti futuri?
Uno su tutti, al momento: la stesura del terzo capitolo di questa trilogia che mi ha dato e mi sta dando infinite soddisfazioni. Sono già a buon punto e devo dire che il risultato mi piace. E poi l’ultimo libro di una saga ha sempre quel misto di eccitazione e malinconia che mi piace provare mentre scrivo. è un po’ come un caro amico che infine bisogna lasciare. Ma intendo farlo alla grande, con un ultimo libro “esplosivo”, prima di dedicarmi ad alcuni altri progetti che per forza di cose in questi ultimi tre anni ho dovuto rinviare.

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice